Al convento di San Francesco in Città Alta

Guardami, Pepi Merisio è in mostra (Quando una foto ti arriva al cuore)

Guardami, Pepi Merisio è in mostra (Quando una foto ti arriva al cuore)
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Non poteva esserci titolo migliore per questa retrospettiva dedicata a Pepi Merisio, il più importante e il più amato dei fotografi bergamaschi: «Guardami». È un titolo che racchiude in modo sintetico l’approccio di Merisio alla gente, al paesaggio, alla realtà: il suo è un occhio che ogni volta sembra rispondere a una chiamata. La chiamata di un mondo vero, che chiede di essere guardato e quindi fotografato senza forzature e senza strumentalizzazioni. Merisio lo conosce, perché il suo obiettivo non è esterno a quel mondo che racconta e documenta, ma è interno. È interno nel senso che ne condivide sentimenti e valori, che Merisio se ne sente sinceramente parte. «Guardami» è dunque un titolo che trasmette l’idea di una familiarità davvero unica tra chi fotografa e chi viene invece fotografato.

Pepi Merisio. Malga del Lago Rotondo 1967
Foto 1 di 4
Pepi Merisio. Pagazzano_il trasloco 1967
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Pepi Merisio. Sahara_oasi di El-Golea 1969
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Pepi Merisio, Sperlinga_Una strada 1979
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Da domani tutti potremo fare esperienza di questa corrente di simpatia che lega Merisio al mondo che per tutta una vita ha fedelmente fotografato. Una selezione da lui stesso curata con il supporto del figlio Luca, sono esposte al Museo della Fotografia Sestini (al Convento di San Francesco) sino al 1 settembre: gli spazi dell’ex chiesa, con l’abside, la cappella Borghi e le cappelle laterali sono state riallestite in modo molto pulito, proprio per dar rilievo al valore e alla poesia delle immagini. Il Museo Sestini non è una sede a caso: infatti dal 2018 ha accolto il Fondo Pepi Merisio e sta procedendo alla digitalizzazione e catalogazione di questo prezioso patrimonio. Sul portale ad esempio si può già ammirare uno dei servizi “storici” di Pepi Merisio, quello realizzato nel 1963 “In morte dello Zio Angelo”, che venne pubblicato dal settimanale illustrato Epoca e poi dalla prestigiosa rivista tedesca Du in Germania: una sequenza di fotografie che venne ammirata ed elogiata anche da Henri Cartier Bresson (che Merisio ha sempre annoverato tra i suoi maestri).

Pepi Merisio. Bergamo_Monastero di San Benedetto 1963
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Pepi Merisio. Carrara_Il marmo di Colonnata 1975
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Pepi Merisio. Clanezzo_Il maglio 1965
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Pepi Merisio. Livigno_ritorno da scuola 1961
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La mostra è stata organizzata in cinque sezioni, ognuna dedicata a temi che sono centrali nell’attività di Merisio: La famiglia, Il lavoro, La vita, Ex Oriente e Stella Matutina. Ogni sezione arricchita da un piccolo tesoro: alcune immagini originali vintage stampate da Merisio stesso tra 1960 e 1970. Tutte le immagini sono pubblicate in un catalogo (Lyasis edizioni) con un’introduzione di Denis Curti. Il titolo, come detto, è la chiave della mostra. «E il “Guardami” valeva per tutti i soggetti, persino per i paesaggi, perché in tutte le situazioni c’è proprio il momento magico che quasi esige lo scatto», scrive Pepi Merisio. Possiamo aggiungere che ora quel “guardami” vale anche per il visitatore che va in mostra. È ciò che la fotografia chiede a ciascuno: essere guardata non solo per un’istintiva curiosità, ma di essere in qualche modo anche amata. C’è infatti una verità nel mondo indagato dall’obiettivo di Merisio che tocca il cuore di ciascuno. E accende un desiderio buono e sano di poter generare ancora luoghi e relazioni dove il rispetto per la vita, per le persone e per la natura siano di nuovo riferimenti portanti.

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