Il film da vedere nel weekend No Escape, l'America sotto accusa

Regia: John Erick Dowdle.
Cast: Owen Wilson, Pierce Brosnan, Lake Bell, Spencer Garrett, Sterling Jerins, Claire Geare, Karen Gemma Dodgson, Sahajak Boonthanakit, Jim Lau.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.
Uno dei libri più interessanti della letteratura recente è, probabilmente, Saggio sulla lucidità di Josè Saramago, uscito in Italia nel 2013. Nel testo si racconta, con toni quasi onirici, l'abbandono di una città da parte di forze politiche e corpi di polizia. È un romanzo straniante, perché con un clima di sospensione e incertezza ci racconta qualcosa di profondamente concreto sul nostro mondo contemporaneo e sul modo di gestire l'azione politica. Saggio sulla lucidità è però il romanzo del non agire, perché ci mostra come non succeda nulla di diverso dal solito, anche rinunciando alla politica e al controllo. All'altro capo della bilancia, concitato e accusatorio ma non per questo meno legato alla realtà attuale, soprattutto americana, è il recentissimo film thriller di John E. Dowdle (autore strappato al cinema horror, genere nel quale ha prodotto risultati interessanti come Devil), No escape - Colpo di Stato che, ancora una volta, sembra mettere sotto inchiesta il ruolo della politica americana nel mondo.
Jack Dwyer è un cittadino qualunque, impiegato in una compagnia che progetta, costruisce e gestisce acquedotti. È un buon ingegnere, ma le difficoltà economiche costringono la sua compagnia a trasferirlo, insieme a tutta la famiglia (una moglie e due bambine), in Thailandia. Neanche il tempo di arrivare e tutto precipita: un pericoloso gruppo armato organizza un colpo di Stato uccidendo il primo ministro e portando la città nel bel mezzo di una vera e propria guerra civile. Uno dei motivi alla base della sollevazione è proprio l'arrivo degli americani, giunti in massa per lavorare agli acquedotti: così Jack, l'ingegnere anonimo, si vede costretto a trasformarsi in eroe per portare in salvo la sua famiglia.
Pensare all'America non vuol dire sempre e comunque condividere il sogno americano. In una delle più interessanti riflessioni sul tema (il libro America di Jean Baudrillard), si legge che gli Stati Uniti sono un luogo artificiale, un gigantesco schermo cinematografico dove tutto è finto. La globalizzazione, dei consumi e delle culture, non ha certo fatto dimenticare a tutto il resto del mondo il ruolo spesso decisivo e violento che le amministrazioni americane hanno avuto nella gestione dei conflitti contemporanei, almeno dal Vietnam in poi. Da Paese dei sogni, gli Stati Uniti si sono trasformati in Paese produttore di incubi, che perseguitano continuamente diverse regioni del globo (basti pensare al film Zero Dark Thirty, osteggiato in patria per il suo mettere sotto accusa la condotta americana in Medio Oriente). No escape - Colpo di Stato si inserisce a pieno titolo all'interno di questo filone e lo fa scegliendo di affidare la focalizzazione degli eventi ad un personaggio apparentemente inadatto, un uomo qualsiasi, un rappresentante senza colpa del sistema economico degli Usa.




Dwyer è un uomo ordinario, senza capacità eccezionali né conoscenze tattiche utili e per giunta sprovvisto di qualsiasi tipo di equipaggiamento. È proprio attraverso i suoi occhi che il regista compone, all'interno di un film incentrato tutto sul ritmo crescente delle scene, una concreta denuncia alla politica estera delle potenze occidentali, con gli Usa in testa. Lui è un colpevole, perché suo malgrado ha continuato a lavorare per un sistema economico-sociale che ha portato la desertificazione materiale e culturale in quasi tutti i Paesi che i suoi Governi hanno invaso o preteso di aiutare a raggiungere la democrazia; paradossalmente hanno più ragioni i guerriglieri, antagonisti loro malgrado, perché esasperati da un'ingerenza che non hanno scelto né voluto.
Il film, coraggioso e intelligente, si ricollega in questo alla precedenti produzioni del regista che, seppure all'interno di un registro diverso com'è quello dell'horror più o meno commerciale, avevano tutte come centro nevralgico il grande problema dei rapporti umani, dell'impossibilità di fidarsi completamente delle altrui scelte. Una pellicola quindi coerente con sé stessa e assolutamente consigliata per la sua capacità di leggere alcuni grandi problemi dell'epoca contemporanea.