Il suggestivo Venerdì Santo a Gromo Fuoco e luci di un moderno Calvario

La processione del Venerdì Santo a Gromo, in alta valle Seriana, è tra le più suggestive e antiche della provincia di Bergamo. Da sempre coinvolge l’intera comunità: ragazzi e giovani che predispongono, in località Mulino, sul greto del Serio e sui prati della Ripa Bassa e Alta, fuochi che raffigurano il Calvario; altri che illuminano le croci poste sul campetto dell’oratorio parrocchiale; i trentatreenni del paese che portano la statua lignea del Cristo morto, magnifica opera seicentesca del rovettese Grazioso Fantoni. E poi le famiglie che illuminano il percorso della processione con lumini posti su finestre e verande o in particolari arnesi in ferro battuto del XVI secolo, i chierichetti che portano in processione i simboli del martirio del Cristo e il Corpo musicale che interpreta struggenti brani musicali, confacenti alla circostanza.

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Fuoco e luce simboli di redenzione. Fuochi e fiammelle tremule che illuminano la notte di Gromo, a rappresentare la rinascita spirituale sancita dal Cristo che, dopo la morte in Croce, risorge nel fulgore della luce. La processione si muove alle 21 dalla chiesa parrocchiale per dirigersi verso il centro del borgo medievale, illuminato dalle fiammelle poste sulle finestre di tutte le case, mentre viene oscurata la pubblica illuminazione. Apre il corteo, che richiama centinaia di fedeli dei paesi vicini, una pesante croce seicentesca con il Cristo sofferente, ma che annuncia che la Pasqua è ormai vicina. Man mano che la processione procede, in località Mulino e sul greto del Serio si accendono centinaia di fuochi, posti in piccole buche nel terreno dove vengono messi a bruciare segatura e stracci imbevuti di olio lubrificante. Il tutto a rappresentare il Calvario. C’è silenzio, si ode solamente il mormorio delle preghiere. Accompagna il corteo il suono della Banda, che è quasi un lamento. Ha qualcosa di solenne, di struggente.
Il corteo procede, tanti bambini portano i simboli della passione, la statua del Cristo deposto è sorretta dai trentatreenni del paese. Raggiunta Piazza Dante, cuore del borgo medievale, il corteo si ferma e allora il silenzio è assoluto. Qui alcune interpretazioni del corpo musicale e momenti di meditazione. Il corteo, quindi, riprende il cammino per tornare alla chiesa e in questo momento sui prati di Ripa bassa e Alta si accendono altri fuochi, sempre a raffigurare la passione del Signore. Una benedizione in chiesa conclude il sacro rito.
La maiassa o bortolina. A cerimonia ultimata, come da tradizione, in paese ci si ritrova, in casa o al bar, per consumare un dolce che si prepara solo in occasione del Venerdì Santo: la Maiassa o Bortolina. Si tratta di una torta preparata con farina bianca e gialla, cipolle, porri, fichi secchi, condita con olio e cotta in forno. Probabilmente questo dolce, ricco di calorie, rompeva il digiuno che un tempo si osservava rigorosamente in tempo di Quaresima, ridando così una certa vigoria. Per coloro che poi, amanti di Bacco, in Quaresima si astenevano dal bere vino, il Venerdì Santo costituiva una meta agognata. Rompevano infatti il “fioretto” e bevevano abbondantemente. Nella convinzione che il vino , bevuto in quel giorno, si trasformasse in buon sangue e favorisse la salute.