L'intervista

«La Bibbia talvolta è così spinta che ci fa sembrare dei bigotti»

«La Bibbia talvolta è così spinta che ci fa sembrare dei bigotti»
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I cattivi non sono cattivi davvero. Ma anche i buoni non sono buoni davvero. O almeno non solo. Prendiamo in prestito una canzone dedicata ai film di Wes Anderson da I Cani perché la Bibbia portata in scena da Paolo Cevoli, l’indimenticabile assessore Palmiro Cangini «alle varie ed eventuali», a Zelig, spinge all’ennesima potenza il lato pop del più grande best seller di sempre. Immagina, tra le righe, quello che sta dietro un racconto tramandato oralmente per secoli e ricco di sfumature immaginifiche, talvolta truculente, inattese, tant’è che «alcuni libri non sembrano proprio da Bibbia». Dopo aver conquistato il pubblico del piccolo e grande schermo, Paolo Cevoli giovedì 29 porta al Creberg la sua quarta produzione teatrale, La Bibbia appunto. Ci anticipa, con quell’accento romagnolo che già fa metà del lavoro, alcuni dei misteri e dei segreti che ci sono sempre sfuggiti. O, più semplicemente, non ci hanno mai raccontato.

Cevoli, perché la Bibbia?

«Ho fatto sempre spettacoli storici: Rossini, l’Ultima Cena, Michelangelo, Mussolini. Ha una grande attrattiva per me, la storia. Mi è sempre piaciuto immaginare di essere lì, in quei momenti topici del nostro passato, piuttosto che fare sketch come a Zelig.

E a forza di andar indietro…

«Sono arrivato ad Adamo ed Eva. Più indietro di così! Mi piace raccontare le pieghe delle vicende più celebri».

Un altro possibile protagonista dei suoi spettacoli?

«Beh, mi piacerebbe tantissimo farne uno su Napoleone. Ma anche su Einstein. Ce ne sarebbe da dire, immaginando di stare al fianco di questi personaggi con gli occhi del comico».

È una cosa esagerata, però la Bibbia.

«Eh sì. Altro che Shakespeare. Succedono cose toste, talvolta anche troppo. Invece loro ce le han messe senza pudore. Siamo più bigotti noi, più clericali».

 

 

Esempio?

«La vicenda di Re Saul, che per dare in moglie sua figlia a Davide gli chiede di portargli cento prepuzi di filistei. Lui arriva lì con duecento cassettine e si mettono a contare i piselli. Non è da Bibbia, dai. Ci sono un sacco di parolacce, le usa anche San Paolo. E il Cantico dei Cantici è spinto, da hot club».

Personaggi molto umani, non ultraterreni.

«Eh sì. Tutti fanno cose buone e meschine, a partire appunto da Davide che è l’eroe dell’ebraismo. Abramo permetteva che la moglie andasse a letto col faraone per convenienza. In fondo non sono quegli stinchi di santo che cercano di propinarci. Per esempio nella genealogia di San Giuseppe c’è un figlio illegittimo e uno incestuoso. Giacobbe frega Esaù. E così via. Non è un viaggio semplicistico, ci troviamo di tutto, c’è anche il pulp. Al confronto Tarantino è un dilettante».

Chi la fa più ridere?

«Direi Adamo, perché nel rapporto con Eva me lo sono immaginato un po’ patacca, cioè sborone, uno che vuol fare il dipiù, come chi si vanta tanto al bar, ma in realtà non ne azzecca una».

Spazio importante ha la musica: l’intero spettacolo è accompagnato dai brani interpretati dalle cantanti Daniela Galli, Silvia Donati e Cristina Montanari.

«Le mie trinity girl, il numero perfetto: rappresentano Sara, la moglie di Abramo, Eva e Betsabea, l'amante di Davide. Le ho ribattezzate con questo nome. Mi piacevano l'idea di tre donne: propongono solo canzoni di Sanremo, per sottolineare che nulla è più leggero della musica leggera».

Lei fa anche l’imprenditore nel settore della ristorazione.

«Sì, sono figlio di albergatori e l’ho sempre fatto, anche se negli anni la comicità ha preso nettamente il sopravvento. Mi sono lanciato anche in un progetto un po’ particolare: piatti di alta gastronomia conservati attraverso un trattamento in camera iperbarica».

Prossimi progetti? A teatro, intendo.

«Debutterà a maggio la nuova versione del mio spettacolo su Rossini, con quattro sax sul palco. È il 150esimo della morte del compositore, ecco perché ho provveduto a questa sorta di remake».

Ultima cosa: come si troverebbe Palmiro Cangini in questo bailamme post elettorale?

«Sarebbe in difficoltà anche lui, nonostante sia pieno di risorse. Con quel nome che porta, poi…».

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