Nell'Est della Siberia

La vita è resistenza a Oymyakon il villaggio più freddo del pianeta

La vita è resistenza a Oymyakon il villaggio più freddo del pianeta
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Oymyakon è un villaggio di 500 anime nell’Est della Siberia, in Russia. Nel linguaggio locale il suo nome significa “acqua non congelata”, mentre in lingua sacha, un idioma turco parlato in Russia, vuol dire “freddo cane”. L’unico collegamento della cittadina con il resto del mondo è la “strada delle ossa”. Probabilmente non occorrono grandi ricerche per comprenderne l’eziologia. Una via con un nome del genere figurerebbe benissimo in qualche romanzo d’avventura, magari fantasy. Invece è un luogo reale, un posto che uno, volendo, potrebbe percorrere. Un cartello dal design innegabilmente sovietico dà il benvenuto al visitatore. Sotto al nome del paese, in cirillico, c’è una specie di didascalia: “il Polo del freddo”.  Ci si mette pure la pubblicistica russa, a fare dell’ironia, come se il bianco agghiacciante del paesaggio non fosse sufficiente a instillare nello straniero la consapevolezza di trovarsi in un posto molto particolare.

Nel mese di gennaio la media delle temperature raggiunge -50°, anche se la temperatura più bassa mai raggiunta è stata registrata nel 1933 e ha toccato i -67,7°. Gli abitanti hanno sviluppato nel corso dei secoli una grandissima resistenza al freddo, ma ciò non toglie che per resistere al freddo glaciale debbano coprirsi di molteplici strati di pelliccia. La loro dieta non prevede né verdura né frutta, poiché il clima non permette la crescita di alcuna vegetazione. Al mercato si vende solo carne e pesce: un’alimentazione estremamente ricca di proteine risulta utile anche per difendersi dal gelo. La vita nel villaggio è una lotta continua per la sopravvivenza, di uomini e animali. Alla fine della giornata, gli armenti vengono sempre riportati nelle stalle, costruite in modo da esser completamente isolate dall’esterno. La maggior parte delle case sono prive di bagni interni, poiché il terreno gelato rende impossibile la costruzione di tubature. I più risolvono l’inconveniente costruendo dei servizi esterni – un po’ come si faceva una volta da noi. A Oymyakon, inoltre, c’è un solo negozio, che rifornisce gli abitanti dei beni di prima necessità.

La cittadina siberiana è stata visitata da molti fotoreporter, negli corso degli anni. L’ultimo è stato Amos Chapple, un neozelandese di cui vi proponiamo la fotogallery. Dei giorni trascorsi a Oymyakon ricorda: «Indossavo dei pantaloni leggeri quando per la prima volta sono uscito all’esterno, con una temperatura di – 47 °C. Ricordo che mi sentivo come se il freddo stesse fisicamente aggrappato alle mie gambe. L’altra sorpresa è stata che di tanto in tanto la mia saliva ghiacciava in aghi sottili che facevano il solletico alle mie labbra».

Non è un paese da villeggiatura, Oymyakon. Ma potrebbe essere una meta appetibile per chi è avido di paesaggi nuovi e di spazi silenziosi, in cui gli agi della vita (post)moderna sembrano giochi infantili, privilegi di cui le leggi ineludibili della natura rivelano la vanità.

 

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L'unico negozio di Oymyakon.

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Una stalla. Qui gli armenti si riparano dal freddo polare della notte.

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Un cartello dà il benvenuto a Oymyakon, il "polo nord del freddo".

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Un bagno esterno.

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Il mercato della carne e del pesce.

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Una donna cammina accanto a una casa completamente gelata.

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La "strada delle ossa", l'unica che colleghi il villaggio con il resto del mondo.

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Gli animali sono protetti da uno spesso strato di pelliccia.

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Le automobili devono essere riposte in garage riscaldate.

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