Quel Cristo in croce è il Bocia Mastrovito contro il perbenismo
Il calcio ce l’ha decisamente nel sangue. Andrea Mastrovito non riesce mai tenere separate troppo a lungo le sue due grandi passioni: l’arte e il pallone. Bergamasco - anzi meglio sarebbe dire “atalantino” - nato nel 1978, oggi è uno degli artisti più in ascesa del panorama italiano. È un artista che ha una caratteristica inconfondibile: è uno a cui piace osare. Quindi non c’è mai opera, performance o installazione che lui abbia fatto in questi anni che non abbia riservato qualche sorpresa.
L’ultima è di questi giorni anche se l’opera risale ad un paio di anni fa: chiamato a “decorare” la nuova chiesa del nuovo ospedale di Bergamo, insieme al suo maestro Stefano Arienti, ha realizzato un’opera complessa e ambiziosissima, sistemata dietro l’altare: un’immensa Crocifissione serigrafata su lastre di vetro, costruita su più piani, come se si trattasse di una spettacolare scenografia teatrale. Opera di straordinario impatto, a cui piedi Mastrovito ha ritratto anche papa Roncalli (cui la chiesa è dedicata). Perché se ne parla di nuovo oggi? Perché si è scoperto che in posa per la figura di Cristo in croce l’artista - non a caso in curva chiamato dagli amici “Giotto” - aveva messo il più famoso ultras dell’Atalanta, Claudio Galimberti, detto il Bocia. Mastrovito interpellato non conferma. Ma soprattutto non smentisce. Così come non smentisce, al Corriere della Sera autore dello scoop, un frate francescano della chiesa.
Evidentemente l’artista bergamasco nel realizzare quest’opera si era fatto ispirare da Pier Paolo Pasolini, e da quei sue due capolavori cinematografici che sono Il Vangelo secondo Matteo e La Ricotta. Nel primo Pasolini aveva messo in “croce” un attore dilettante, un giovane anarchico spagnolo che aveva convinto a vestire i panni di Cristo in quel suo grande film. Mentre nella Ricotta, in croce era finito Mario Cipriani, attore di secondo piano, ma interprete della memorabile parte di Stracci, un incrocio tra Cristo e il Buon Ladrone. Due immagini indimenticabili per verità e per realismo, che Mastrovito ha guardato e meditato prima di mettersi all’opera. Così anche lui ha pensato che non si poteva idealizzare una scena come la Crocifissione e ha messo in posa – in quella scomoda posa – un amico della curva atalantina.
Performance - Andrea Mastrovito
Per Mastrovito arte e calcio sono infatti due mondi molto contigui. Il 19 maggio del 2013 ad esempio era stato lui a progettare una emozionante coreografia per la curva bergamasca in occasione della partita Atalanta-Chievo: i tifosi distesero un enorme telone da lui disegnato, con dipinta sopra una mitica formazione atalantina, quella della stagione 1962/63. Ma il pallone non è solo Atalanta, per Mastrovito. È anche strumento per dipingere. È accaduto nel 2014 a New York (dove Mastrovito ha uno studio). Con 100 bambini dell’oratorio di St. Joseph nel quartiere di Bushwick, ha dipinto a pallonate il muro bianco e un po’ “carcerario” del campetto di calcio. I palloni erano naturalmente stati immersi in un pigmento nero, e i bambini dovevano tirarli annerendo delle sagome che Mastrovito aveva disegnato sui muri. Un’opera partecipata e collettiva dalla quale alla fine è uscita la sagoma di un gigantesco cavallo da traino, che sembra volersi tirare dietro quella frotta di bambini.
Da quell’esperienza per Mastrovito il pallone è diventata a tutti gli effetti una tecnica pittorica: disegna la sagoma sul muro e poi la dipinge a pallonate, con l’abilità del grande fantasista, capace di fare con la palla tutto ciò che vuole. Come dice una sua opera realizzata ovviamente a pallonate per L’Istituto italiano di cultura di New York, “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul pallone”.