Dopo l'1-1, due settimane di pausa

Prima i sorrisi, poi la delusione

Prima i sorrisi, poi la delusione
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È iniziata con la voglia, la convinzione e la certezza che tre punti avrebbero lanciato in orbita la Dea, è finita con un pareggio amarissimo che farà passare un paio di settimane un po’ così ai tifosi mentre i giocatori saranno in giro per il mondo con le nazionali. Inutile girarci intorno, Atalanta-Chievo che termina con il punteggio di 1-1 è fastidiosa come una zanzara di notte a luglio, come la sabbia nelle mutande o come la polenta fredda e i casoncelli senza burro e pancetta. Il punto fa classifica ma non morale, tocca dimenticare in fretta.

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Il prepartita: tutti con il sorriso. Prima della partita con il Chievo la faccia di tutti gli atalantini è la stessa. Bisogna giocare ma siamo convinti di vincere, servono tre punti ma c’è consapevolezza che tocca lottare. Nei corridoi dello stadio i volti sono molto simili: non c’è preoccupazione ma impazienza. Qualcuno, come Maria Rosa, è più tirato di altri: «Fabio, è dura. Ogni partita perdo due chili»; e poco più avanti arriva anche Clara Mondonico, con cui si scherza sul fatto che solitamente la sua presenza porti fortuna. La sala stampa è quasi deserta, quelli di Bergamo ci sono tutti ma a differenza di molte altre volte i giornalisti ospiti si contano sulle dita di mezza mano. Il discorso vale anche per i tifosi avversari: lo stadio è complessivamente tutto esaurito (18.537 i presenti) e considerando che nel settore ospiti ci sono duemila posti di cui almeno 1.950 liberi si capisce subito quanto Bergamo ci creda. All’ingresso in campo, le due Curve festeggiano con belle coreografie.

Primo tempo: picchiano e segnano loro. Fin dalle prime battute la gara è maschia, il Chievo non ha nulla da perdere ma decide di impostarla subito sul gioco duro e al giro di boa dell’intervallo il “non gioco” ospite racconta di 74 passaggi completati contro i 272 dei nerazzurri. Praticamente, il comandamento è “tu gioca, io ti picchio e se riesco riparto”. Il calcio a cui siamo abituati è un’altra cosa, però la differenza la fanno i palloni messi in rete e Meggiorini batte Gomez e compagni per 1-0: il Papu chiude alla grande una bella azione sull’asse Ilicic-Zapata, l’assist dentro del colombiano è forte e teso ma il tocco in corsa di Gomez finisce sui piedi di Sorrentino. Ribaltamento di fronte, dormita di Djimsiti e Meggiorini prima calcia su Gollini e poi in girata a 360 gradi insacca il gol del vantaggio. Lo stadio è ammutolito, la beffa inizia a materializzarsi e anche se dalle tribune arriva un buon incitamento ci sono troppi tifosi che iniziano a rumoreggiare. Per chi voleva il 4-0 al 30’ (chissà poi perché c’è in giro chi crede a queste cose…) è una giornata grama.

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Secondo tempo: pareggio e poco altro. Nella ripresa la Dea reagisce: al 55’ Zapata rifinisce un gran pallone per Ilicic, che di giustezza supera l’eterno Sorrentino. Dopo pochi minuti è ancora lo sloveno a impegnare l’estremo del Chievo con una bella parata in tuffo, ma pian piano la spinta orobica si affievolisce ed emergono tutte le doti di “rompigioco” dei clivensi. La gara si avvia alla fine con ben sette ammoniti ospiti, 24 falli a 12 (senza contare quelli non fischiati) e una Dea che solo in pieno recupero per poco trova il pertugio giusto sull’asse Pasalic-Barrow. Al fischio finale di Irrati (in strano anticipo di una manciata di secondi: scuoceva la pasta?), resta l’amaro in bocca per una gara con alcune occasioni (contro le praticamente zero avversarie) e la netta sensazione che si doveva e si poteva fare di più. Il giro di campo dei giocatori è fiacco, tutti sono delusi ma non bisogna abbassare la testa e si deve guardare avanti con ottimismo.

Il dopo gara: fastidio, equilibrio e fiducia. Dopo la doccia, Gasperini in conferenza stampa prende comunque per buono il punto, la sfida l’ha vista in uno degli SkyBox insieme a Spagnolo ma la comunicazione con la panchina non è mai mancata. I tifosi all’esterno dello stadio sono un po’ contrariati e un paio di episodi fanno rabbia ma non meritano nemmeno troppa attenzione: Cesar che applaude la Curva all’uscita dal campo ed Hetemaj che bisticcia verbalmente con alcuni atalantini all’uscita dagli spogliatoi sono la dimostrazione di come bisogna essere professionisti sempre. I due punti mancati pesano, sul morale e sulla fiducia. Adesso però arrivano dieci gare in cui la Dea si gioca un minicampionato con Roma, Lazio, Torino e Sampdoria. Massima fiducia e nessun dubbio: tra campionato e Coppa Italia c’è ancora un sacco di lavoro da fare. Quindi animo, fuori la voce e tutti a Parma: il settore ospiti tiene 3.800 spettatori, forza che ci stiamo tutti!

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