Tre libri (solo tre) per l'estate
Che l’estate sia tempo di letture è uno di quei luoghi comuni che pochi temerari osano sfidare. Per dare manforte a questa buona abitudine, proponiamo qualche libro che ci potrebbe fare buona compagnia durante le vacanze (ma non solo).
Storie di Cronopios e di Famas, di Julio Cortazar
(Einaudi, 10,50 euro)
«Chiunque non legga Cortazar è condannato». La sentenza lapidaria di Pablo Neruda campeggia sulla copertina di tutti i libri dello scrittore argentino, strappando un sorriso involontario al lettore, che tanta autorità rassicura sull’utilità quasi fatale della sua scelta.
Ciò che non è ben chiaro è il tipo di condanna in questione, perché chi legge Cortazar (Bruxelles, 1914-Parigi, 1984) sfugge a una condanna per inciampare in una trappola che lo fa finire a testa in giù. Questo è l’effetto che produce la lettura di Storie di cronopios e di famas (Einaudi, 1997), raccolta di brevi, e talvolta brevissimi, racconti divisi per sezioni (Manuale di istruzioni, Occupazioni insolite, Materiale plastico, Storie di cronopios e di famas). L’arte dell’astrazione, che per Cortazar è cura per tutti i mali, viene esercitata con la leggerezza di un funambolo, cosicché anche lo sguardo più strabico non può che riuscire poetico. Il narratore ci invita a osservare il mondo da uno spioncino che è un trabocchetto per l’occhio: ci si dimentica della propria storia e in cambio si riceve una storia fatta di cose e di azioni compiute senza una logica apparente. L’immaginazione prende il posto della coscienza di sé, un’immaginazione ora metodica e disciplinata all’eccesso (i famas), ora surreale e stravagante (i cronopios). Permane tuttavia la convinzione che per vivere sia necessario essere umani, sebbene agire come un fama o un cronopio possa, talvolta, risultare meraviglioso.
Diceria dell’untore, di Gesualdo Bufalino
(Bompiani, 9,90 euro)
Gesualdo Bufalino (Comiso, 1920–1996) esordiva nel 1981 con la Diceria dell’untore (Bompiani), romanzo con cui vinse, nello stesso anno, il Supercampiello. C’è stata una guerra, può essere la seconda guerra mondiale, o la prima, può essere una guerra come ce ne sono tante. Il narratore e protagonista è ricoverato in un sanatorio vicino a Palermo e insieme a lui, come lui, ci sono tanti altri, uomini e donne, venuti a guarire o a morire alla Rocca, l’istituto di cura.
La malattia diventa un’esperienza di vita potenziata, che dona il privilegio di raccontarsi e trasformarsi, come se già si fosse dopo, e oltre, la morte. È la storia di un mito riletto, quello di Orfeo e Euridice, con un finale analogo, forse più disincantato. Anche questa volta, infatti, Euridice è persa, ma non si tratta di un errore compiuto dall’impaziente Orfeo. La vita nel sanatorio concede ai ricoverati come una sospensione, in cui vivere e morire diventano quasi una questione di volontà: la malattia si può vincere con una partita a dadi e la salute si guadagna discutendo sui massimi sistemi, al chiaro delle stelle.
Via delle Camelie, di Mercè Rodoreda
(BEAT, 9 euro)
Con quest’ultimo libro ci spostiamo nella Barcellona degli anni Quaranta, precisamente in Via delle Camelie. Una neonata, Cecilia Ce., è abbandonata dalla madre, ma viene subito accolta da una coppia di anziani signori. Fiorita come il cactus non interrato la notte in cui venne trovata, la bambina cresce nel mondo protetto dei genitori adottivi. L’affetto che riceve le scivola addosso, senza legarla, perché è più forte il richiamo che echeggia dalla strada oltre il cancello, dal paesaggio che vede dalla torretta, le volte che ci sale. La bambina, poi giovane donna, sa di dovere andare, come lo sanno i due che l’hanno accudita, i quali sentono l’urgenza della nota che la figlia ha scelto di seguire. Cecilia cammina, vive e ama. Non può non farsi male. La storia, quella dietro le pagine, sembra piangere, ma il lettore è costretto a stare al di qua della barricata: è il miracolo realizzato dalla grazia stilistica di Mercè Rodoreda.