Prosa

“Pignasecca e Pignaverde”, risate facili con Tullio Solenghi (che riporta in scena Gilberto Govi)

Funziona l’adattamento in due atti scritto dal comico (con Margherita Rubino) che fu del Trio, al Donizetti fino a domenica 14

“Pignasecca e Pignaverde”, risate facili con Tullio Solenghi (che riporta in scena Gilberto Govi)

Di Fabio Busi

Nel Teatro Donizetti si spande un profumo di sigaro: Felice Pastorino, l’avaro genovese, sta fumando con il cugino Alessandro, a cui vorrebbe concedere la mano di sua figlia Amalia. Poco prima gli ha chiesto un fiammifero; alla risposta negativa del parente, aveva suggerito di fumare un’altra volta. Ma a quelle parole Alessandro estrae gli zolfanelli che diceva di non avere. «Ah, ce li hai allora!». Ovviamente, per accendere i sigari ne useranno solo uno, condiviso.

“Pignasecca e Pignaverde” è una commedia di Emerico Valentinetti, portata al successo dalla Compagnia Comica Genovese diretta da Gilberto Govi. Rivedendola oggi, nell’adattamento in due atti di Tullio Solenghi e Margherita Rubino, si capisce bene il perché del suo successo. L’avaro di Govi-Solenghi è scaltro, arguto, mai veramente pentito: incarna una praticità figlia di un altro tempo. Negli anni del Boom rappresentava l’incapacità di adattarsi a una società in rapida crescita, ancora legata a un retaggio di parsimonia, con tutti i risvolti comici del caso. Oggi, forse, risulta più figura di repertorio che personaggio reale, e un matrimonio di comodo come quello prospettato da Felice suona inevitabilmente stonato.

Le risate sono abbastanza facili: battute riuscite, giochi slapstick efficaci. Non sempre l’ironia è sottile, ma poco male. Solenghi guida un gruppo di attori molto affiatato che, insieme alle scenografie realistiche di Davide Livermore, dà tridimensionalità alle vicende. In filigrana si intrecciano italiano, dialetto genovese, accenti, cadenze, tic… e persino un po’ di spagnolo di Buenos Aires, in un pastiche linguistico intrigante, come se valori, sentimenti e persino l’importanza del denaro dovessero essere prima tradotti e decodificati dal gran caos del mondo.

Lo spettacolo, il primo della stagione di Prosa del teatro cittadino, resta in scena fino a domenica 14 dicembre.