“Salutava sempre”, al Creberg arriva il finto funerale di Alessandro Cattelan
Martedì 28 marzo alle 21 il conduttore e showman porta sul palco canzoni, stand up, battute, coinvolgimento del pubblico. E la solita ironia scanzonata
La firma è la solita, tipica del suo fare spettacolo. Parole serrate, aneddoti, curiosità tratte dal web e giochi interattivi con il pubblico. Dopo lo straordinario successo del tour teatrale appena concluso con date ovunque sold out, Alessandro Cattelan martedì 28 marzo (ore 21) passa dal Creberg Teatro con il suo show live “Salutava sempre”.
Per il pubblico la possibilità di immergersi in una realtà speciale, un’occasione davvero unica, nella quale è invitato a partecipare al funerale del conduttore e da qui partire per raccontare dall’aldilà le follie, le ipocrisie e le piccole manie che contraddistinguono le nostre vite ordinarie nell’aldiquà.
Una festa per chiedersi insieme “cosa succede dopo?” e anche “cosa fare prima?”. Un one man show, prodotto da Live Nation, dove il protagonista racconta con il suo inconfondibile tono, ironico e dissacrante, il suo sguardo su un mondo di cui ormai non fa più parte e dove, con la morte, si è guadagnato il privilegio della totale sincerità.
Voce di Radiodjay in Catteland e conduttore su Rai 2 di “Stasera c’è Cattelan”, ha vinto il Telegatto nel 2022, confermandosi uno dei protagonisti di spicco della televisione italiana.
La nostalgia è un tema che lo identifica molto. «Funziona – ha detto in un’intervista su Luz - perché alla gran parte del pubblico che mi segue o che in generale guarda la tv, dai 30 ai 45 anni, gli anni ’90 forse ricordano un periodo in cui erano felici, è sempre così. Quando dicono “ai miei tempi la musica era più bella”, non è vero, era più bella per te, perché eri più bello e felice tu, quello che ti ricorda quel periodo non è più bello di altro, la musica è sempre bella il giusto».
Cattelan è di Tortona, Alessandria, ma da vent’anni vive a Milano. «Ci ho sempre vissuto bene, quando sono arrivato sono capitato per caso a Isola, che ora è fra le zone più belle ma allora era ancora un postaccio, con prostitute, spacciatori e centri sociali. Avevo 20 anni e per me era comunque un sogno, era la cosa più simile al Village di New York che potessi sperare».