Scacco matto all’unicità: Giuseppe Giacobazzi elogia la normalità al Donizetti
Lo spettacolo, a teatro giovedì 16 gennaio, doveva andare in scena lo scorso 22 maggio, ma è slittato per la concomitanza con la finale di Europa League
Giuseppe Giacobazzi torna a Bergamo. Lo fa giovedì 16 gennaio alle 20.30 al Donizetti con lo spettacolo “Il pedone. Luci, ombre e colori di una vita qualunque”, che racconta del paragone tra la nostra vita e quella vissuta su una scacchiera. In una società dove tutti sognano di essere dei pezzi pregiati, brilla il fascino della normalità. Il titolo doveva andare in scena lo scorso 22 maggio, ma è slittato per la concomitanza con la finale di Europa League, che ha vinto l’Atalanta trionfare.
Un’ora e mezza di spettacolo, un’ora e mezzo di partita, un’ora e mezzo di monologo comico ma al tempo stesso interiore, che lascia lo spettatore incollato e attento nello scoprire la mossa successiva.
In “Il pedone” vediamo un Andrea Giuseppe Sasdelli (questo il vero nome di Giacobazzi) sempre più distante dal cabaret vecchio stile e sempre più vicino alla narrazione propria del teatro comico, in un percorso dove non si abbandona mai la risata, presente come in ogni altro spettacolo, ma che diventa anche strumento di riflessione.
«La verità è che siamo sempre in cerca di cose effimere – spiega il comico -, io preferisco cento volte la mia vita qualunque rispetto a chi non è mai soddisfatto di nulla. Cerco di godermi attimo per attimo quello che mi conquisto. Parlo di normalità alla vecchia maniera, vita normale nel senso di vita quotidiana, piena dei soliti impegni. Sono un raccontatore, non un battutista. Ne “Il Pedone” ci sono la difficoltà di essere genitori, le differenze tra la nostra generazione e quella dei giovanissimi di oggi, ma anche le cure ayurvediche e le teorie sulla metempsicosi, cioè quella spiritualità oggi di moda. Senza dimenticare la mia passione per la moto e la Bologna dei tempi d’oro, la città degli anni Ottanta e Novanta, che ho vissuto in prima persona. Insomma, c’è un po’ di tutto: le consuetudini di una vita qualunque».
Si riflette; e si ride molto, chiaro. «Quando ho iniziato ero un personaggio molto macchiettistico, calcavo sulla mia pronuncia romagnola, poi pian piano si sente il bisogno di liberarsi di tutti gli orpelli che non servono. Vedo però che le persone ridono comunque molto, una volta entrati nel mio mondo, perché si riconoscono».