Un anno di stop per cinema e teatri. Il presidio al Donizetti per «tornare a fare spettacolo»
Alle 15 gli operatori del settore e le sigle sindacali Slc-Cgil e Fistel-Cisl provinciali aderiranno mobilitazione nazionale proclamata per chiedere riapertura in sicurezza, ammortizzatori sociali e tutela del lavoro
È trascorso un anno da quanto è stato diagnosticato il primo paziente positivo al Covid in Italia, a Codogno. Un anno in cui la pandemia ha continuato a mordere, ma interi comparti lavorativi sono rimasti fermi. Tra i più colpiti vi è il mondo dello spettacolo e della cultura: sale cinematografiche e teatri ancora vuoti, niente concerti né altri spettacoli.
Decine di attività storiche stanno chiudendo definitivamente i battenti e migliaia di lavoratori sono in ginocchio. Per questa ragione, gli operatori del settore e le sigle sindacali Slc-Cgil e Fistel-Cisl provinciali aderiranno, anche a Bergamo, alla giornata di mobilitazione proclamata per martedì 23 febbraio a livello nazionale.
Alle 15 il presidio si radunerà davanti al Teatro Donizetti per chiedere la garanzia di ammortizzatori e sostegni fino alla fine dell’emergenza, la riapertura in sicurezza dei luoghi della cultura, ma soprattutto la salvaguardia dei posti di lavoro. Tra le richieste vi è anche quella di una riforma legislativa del settore dello spettacolo, oltre all’appello di prevedere risorse di un Recovery Plan straordinario per cinema, teatri e esibizioni dal vivo.
La situazione del comparto a Bergamo
I sindacati stimano che siano centinaia le persone con rapporto di lavoro atipico nel comparto dello spettacolo, in compagnie e laboratori teatrali. A queste persone vanno aggiunti i circa 60 dipendenti stabili e gli oltre 150 lavoratori impiegati nelle sale cinematografiche, di cui circa 70 nelle sole multisala UCI di Curno e Orio al Serio.
«Questo settore sta morendo - commentano Paolo Turani della Slc-Cgil e Luca Legramanti di Fistel-Cisl di Bergamo -. Con tutte le sicurezze del caso, occorre riaprire. Sollecitiamo l’attenzione della politica e delle istituzioni nazionali e locali sulle difficoltà prolungate del comparto e anche sulla necessità di interventi non più rinviabili. Da troppo tempo larga parte del mondo del lavoro dello spettacolo vive condizioni di instabilità e precarietà. Occorre una riforma strutturale, che preveda un intervento pubblico e finanziamenti con modalità e tempi certi di erogazione, oltre a un monitoraggio costante sui fondi».
«Servono anche un Recovery Plan straordinario con investimenti nuovi e strutturali nel tempo per la cultura e un sistema di protezione sociale con ammortizzatori adeguati per sostenere il lavoro, sviluppare l'occupazione e riconoscere le professionalità – aggiungono i sindacalisti -. Infine, si pensi a un sistema normativo di rafforzamento e tutela sulla previdenza e l’assistenza. La cultura è un bene comune e va salvaguardato non soltanto per chi ci lavora, ma per tutti i cittadini di questo Paese».
Cosa è accaduto negli ultimi 12 mesi nel settore
A marzo del 2020 erano stati sospesi spettacoli teatrali, cinematografici e di altra natura e chiusi al pubblico i luoghi della cultura. Lo scopo era di evitare la diffusione del virus nei comuni o nelle aree nei quali risultava positiva almeno una persona per la quale non si conoscesse la fonte di trasmissione, o comunque nei quali vi era un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio.
Da maggio i musei e gli altri istituti e luoghi della cultura avevano riaperto al pubblico, mentre a giugno erano nuovamente stati autorizzati gli spettacoli in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche. A ottobre, però, sono state nuovamente introdotte, progressivamente, le stesse limitazioni disposte in precedenza.