Alla scoperta dei segreti di Zara
Nel 2015, per un attimo, Amancio Ortega è stato l’uomo più ricco del mondo, davanti addirittura a Bill Gates. Oggi, con un patrimonio personale stimato da Forbes in 71,4 miliardi di dollari, il fondatore del marchio di abbigliamento Zara e presidente del gruppo Inditex, è secondo nell’invidiata graduatoria, distante “soltanto” 5 miliardi di dollari dal papà di Microsoft e davanti a Warren Buffett, fermo a 65,4 miliardi di dollari. Ortega ha visto, negli ultimi 10 anni, crescere a dismisura il proprio patrimonio, merito soprattutto dell’enorme successo che i marchi da lui controllati hanno inanellato di anno in anno. E, in tal senso, il 2015 è stata veramente una stagione d’oro per Inditex, e Zara in particolare.
[Amancio Ortega]
Il 2015 da record di Inditex (cioè Zara, Bershka, ecc...). L’anno scorso, il gruppo Inditex (Industrias de Diseño Textil Sociedad Anónima) si è imposto sul mercato mondiale, diventando una delle più importanti e ricche società fashion al mondo. Nata del 1985 in Galizia, Inditex oggi raggruppa sotto la sua ala alcuni dei principali marchi di moda low cost conosciuti in svariati Paesi: se Zara è il brand capofila, Inditex controlla anche Massimo Dutti, Pull & Bear, Bershka, Stradivarius e Oysho. Complessivamente il gruppo controlla oltre 100 aziende e ha visto nel 2015 il suo anno d’oro: in autunno aveva già raggiunto e superato il miliardo di dollari di guadagni e, in tutto l’anno, le vendite complessive del gruppo sono aumentate addirittura del 15 percento rispetto al 2014, per un valore complessivo di 20 miliardi di euro, con un guadagno netto di 2,9 miliardi. Cifre che hanno fatto lievitare il valore del gruppo, che a inizio 2016 ha sfondato il tetto dei 100 miliardi di dollari (90 miliardi di euro circa). Merito di una presenza capillare in 88 diversi mercati nazionali sparsi per i 5 Continenti, con più di 7mila store complessivi. Solo l’anno passato sono stati aperti 350 nuovi negozi dei marchi del gruppo nel mondo e il progetto ne prevede l’apertura di altri 460 nel 2016. Parallelamente, è probabile che almeno 120 punti vendita Inditex chiudano, poiché situati in zone periferiche o perché troppo piccoli. L’obiettivo del gruppo, infatti, è creare dei veri e propri megastore centralizzati, che permettano una gestione più semplice dei prodotti in vendita e aiutano a favorire lo sviluppo dell’ecommerce, che, come ha raccontato il portale di moda Fashionista, sarà il settore su cui maggiormente si concentreranno gli sforzi di Inditex nell’anno in corso.
Merito di Zara. Se Inditex si è imposto come una realtà di successo, gran parte del merito è della punta di diamante del gruppo, ovvero Zara. Nata nel 1975 dalla collaborazione tra Ortega e sua moglie Rosalia Mera, la società ha saputo costruire un vero impero grazie alla moda per tutti: per tutte le persone (donna, uomo, ragazzi e bambini) e per tutte le tasche. Qualche anno fa, Daniel Piette, direttore moda di Louis Vuitton, definì Zara «il più innovativo e devastante marchio al mondo». Dal 2005, quando per la prima volta il brand spagnolo entrò a far parte della classifica dei 100 maggiori marchi al mondo (in 77esima posizione), la sua è stata una continua scalata verso il successo. Nel 2006 superò le vendite del suo principale concorrente mondiale, la svedese H&M, e da allora è sempre rimasta davanti, raggiungendo proprio nel 2015 vette fino a oggi ritenute inarrivabili per Zara: vendite aumentate addirittura del 17,5 percento rispetto all’anno precedente e 79 nuovi negozi aperti in tutto il mondo, che gli hanno permesso di infrangere il muro dei 2mila store di due unità.
Il segreto del successo di Zara. Al fenomeno Zara, negli ultimi anni, si sono interessati diversi grandi media mondiali: dalla CNN, che lo descrisse come la «storia di maggior successo di Spagna», al New York Times, che nel 2012 dedicò un approfondito articolo a Zara, tentando di spiegare il motivo per cui un’azienda di moda spagnola (non italiana, francese o americana) sia riuscita a diventare la più grande azienda di “fast fashion” al mondo. Per “fast fashion” si intende marchi a basso costo che propongono un tipo di abbigliamento basico, alla moda ma allo stesso tempo accessibile a tutti. Ma il vero segreto del successo di Zara si nasconde in realtà nei metodi di lavoro che Ortega ha sviluppato, rendendoli il marchio di fabbrica di Zara prima e di tutti i brand Inditex poi. Innanzitutto l’incredibile rapidità del ciclo produttivo: nel momento in cui nasce un’idea, tutto viene progettato, prodotto, distribuito e messo a disposizione dei clienti in soli 15 giorni. Per intendersi, un ciclo analogo viene compiuto in circa 6 mesi da qualsiasi altra casa di moda.
Una strabiliante efficienza che permette a Zara di essere sempre la prima a proporre le nuove tendenze: con uffici appositamente specializzati a New York, Londra, Parigi, Milano, Madrid e Roma, i trend dell’abbigliamento più innovativi vengono immediatamente comunicati e portati alla fruizione del pubblico in sole due settimane. E, soprattutto, a prezzi alla portata di chiunque. Tutto ciò anche grazie alla grande attenzione per i gusti dei clienti: i responsabili dei negozi, ogni giorno, comunicano alle sedi centrali i dati sui capi più venduti. Informazioni che vengono poi inviate a designer e stilisti, che hanno il compito di studiarle e svilupparle. Gli articoli più di tendenza vengono prodotti in Spagna e nei paesi più vicini alla sede centrale, per ridurre i tempi del processo produttivo. Almeno due volte a settimana, gli store ricevono nuovi capi da mettere in vendita. Un ricambio costante dell’offerta che invoglia i consumatori a ritornare spesso per vedere cosa c’è di nuovo, ma che soprattutto “mette in guardia” il cliente: se un capo piace, meglio comprarlo subito, perché il rischio è che a breve venga sostituito da uno nuovo.
Nel successo di Zara c'è anche un po' di Bergamo. Riferirsi a Zara definendolo un fenomeno, non è eccessivo. Il suo successo ha costretto addirittura i grandi marchi a cambiare le proprie politiche di vendita: come racconta Il Post, oggi anche Prada e Louis Vuitton hanno almeno quattro collezioni all’anno invece delle due tradizionali. Ma soprattutto Zara è stato il primo marchio fashion a capire che il futuro non era negli States, bensì in Oriente. Sin dal 2012, infatti, il marchio spagnolo ha deciso di puntare forte sulla Cina, trascurando molto di più il mercato americano, che presenta per Zara due grandi problemi: l’assenza di un mercato della moda “medio”, una via di mezzo tra quella di lusso e quella da supermercato insomma, e la questione delle taglie forti, un mercato fondamentale per gli States ma anche molto costoso per quanto riguarda le produzioni. Per questo Zara ha deciso di guardare altrove, e con successo. Non stupisce dunque scoprire che negli Usa sono soltanto 44 i negozi Zara, meno addirittura che in Messico (dove sono 69), mentre in Cina 140. L’Italia, con i suoi 90 negozi (più 11 Zara Kids), si piazza dietro soltanto a Cina, Francia (127) e Spagna (327 più 135 Zara Kids). Merito dell’accordo che nel 2001 Ortega siglò con Antonio Percassi per portare in Italia il marchio. Da allora la crescita nel nostro Paese è stata enorme e ha certamente contribuito alla crescita globale di Zara. Che definire soltanto “fenomeno”, oramai, pare riduttivo.