Berlusconi ha venduto a Pechino

Considerazioni di un milanista finito tra le fauci del Dragone

Considerazioni di un milanista finito tra le fauci del Dragone
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Non chiedetemi il nome dei nuovi padroni del Milan. Non li so. Del resto se chiedete la stessa cosa ai cugini interisti, neanche loro lo hanno ancora imparato e hanno un paio di mesi di vantaggio, oltre al fatto che da loro il nome da imparare è uno solo. Certo faceva impressione vedere la foto del passaggio di consegne della squadra "più titolata al mondo" (così almeno prima che il Real si riprendesse lo scettro) da un vecchio imprenditore milanese, ormai diventato la maschera di se stesso, a due signori cinesi, mai visti né sentiti prima. L'ambientazione era anche un poi dimessa, da hotel tre stelle. Lo scambio della maglia sembrava quella tra un presidente mitico e i soliti importunatori, in questo caso tifosi venuti dall'altro mondo per un un selfie. Invece no. La foto è uno storico passaggio di consegne, dal fondatore di Forza Italia ai rappresentanti del più importante potere comunista del mondo... Il passaggio da Milano a Pechino ha anche queste implicazioni...

 

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Ora le riflessioni di un inguaribile tifoso milanista sono di quest'ordine.

Punto primo. Perché tutte le città italiane hanno trovato un presidente in casa, e spesso anche presidenti danarosi, mentre Milano, che dovrebbe essere la più ricca non ha trovato un "sciur padrun" per neppure una delle sue squadre? Torino ha due padroni italiani (anche se uno dei due da poco olandese...); Napoli ce l'ha napoletano e anche molto attivo; Genova ne ha uno genovese e un altro bizzarro in prestito da Roma. Persino la rovinosa Roma ha una delle due squadre affidata ad un imprenditore romano, per quanto molto discusso. Non parliamo poi della provincia che è un fiorire di imprenditori che danno l'anima per il calcio, da Bergamo a Sassuolo. Milano niente. La città che mezzo pil d'Italia, che ha redditi medi doppi rispetto a Napoli, non ha trovato uno straccio d'imprenditore pronto a scendere in campo.

Del resto, a ben guardare, di imprenditori ce ne sono in giro pochi e il loro giro è roba da poco. C'è la moda. C'è Armani, piccolo re, che però si è guardato bene di andare al di là del basket, e anche lì arranca pur avendo messo risorse e passioni. Per il resto Milano è la città dei finanzieri e del private banking: montagne di soldi che girano senza lasciare un segno e senza solidificarsi mai in nessuna avventura imprenditoriale che non sia quella della grande edilizia. Ma anche in questo caso i terminali sono in altre parti del mondo. Insomma, la parabola del calcio milanese ci dice che Milano non  sta più in Italia, che è una sorta di porto franco globale. Una città infrastruttura messa a disposizione dei grandi businessman del mondo.

 

 

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Punto secondo. Anche Parigi, Londra, Manchester hanno squadre con padroni che nulla hanno a che fare con le rispettive città. Quindi Milano si è allineata con le grandi capitali. Si è allineata a modo suo, sfilandosi dalla voracità degli sceicchi e alleandosi con i cinesi che al confronto hanno l'aria di timidi gentiluomini. Questo può riempire di speranze. Il problema è poi un altro: queste squadre che vivono nell'oro degli sceicchi di fatto non hanno mai vinto niente. Tolta una coppa Campioni vinta un po' per caso dal Chelsea, le altre han fatto fatica persino ad arrivare alle semifinali. Le coppe le vincono tutte spagnoli e tedeschi, con squadre che hanno padroni spagnoli e tedeschi...

 

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Punto terzo. Veniamo al sodo. La presidenza Berlusconi negli ultimi anni era diventata un'esperienza da incubo. Società divisa, campagne acquisti sbagliate, indisciplina nella squadra che era sta un modello di organizzazione. Ora i cinesi che portano? I milanisti han visto il mercato da spettatori, tutti i pezzi pregiati ce li hanno soffiati sotto il naso. Che si inventeranno i cinesi per rimettere in sesto la barca? E soprattutto per far sognare una tifoseria abituata a sognare? Qui ci vorrebbe un colpo da mille e una notte, una di quelle "piraterie" di mercato che da sole riempiono San Siro, come fece Silvio con Ronaldinho. Se vogliono idee siamo qui. Mai sentito parlare di un certo Cristiano Ronaldo?

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