Questione di reazioni chimiche

Di cosa profumano i libri antichi

Di cosa profumano i libri antichi
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C’è chi nelle pagine di un libro trova l’odore del pane appena sfornato e chi ci percepisce quello della pioggia. Sarà colpa della carta ingiallita o di quella, sottile e priva di odore, delle edizioni moderne? O magari ci sarà qualche altro aspetto, che con la carta ha poco a che fare, che rimanda a qualcosa che va oltre l’apparato olfattivo? L’argomento è tutt’altro che marginale, tanto da essere diventato il centro delle riflessioni di molti accademici, e non solo. L’insegnante e chimico Andy Brunning, ad esempio, ha cercato di capire perché alcuni libri abbiano un odore del tutto particolare, fortemente diverso da quello di tanti altri. Nel suo studio ha messo a confronto volumi nuovi e usati, di stampa recente e antichi, cercando di analizzare se ci siano dei componenti chimici che influenzano in maniera determinante la percezione olfattiva legata a un libro. La risposta, seppur forse deludente, è semplice: non c’è un singolo elemento chimico al quale possa essere imputabile l’odore del libro intero. A entrare in gioco sono, infatti, da una parte le componenti chimiche del volume, dall’altro i processi che si innescano man mano che la carta viene deteriorata. Nei libri vecchi, però, c’è un aiuto in più: la loro carta ha maggiori quantità di cellulosa e lignina, che, degradandosi, lasciano un odore simile a quello dell’erba e della vaniglia.

 

[Un grafico che spiega l'odore dei libri]

 

La questione dell’odore dei libri e della sua influenza su chi i libri li legge è stata al centro degli studi del bibliofilo Alberto Manguel, che, da direttore della Biblioteca Nazionale dell’Argentina, ha raccontato in un discorso alla British Library di quanto lui sia affezionato ai Penguin Paperbacks, per il loro odore di biscotti per bambini appena sfornati. C’è chi, invece, trova che alcuni libri gli ricordino il pepe, altri una vecchia casa in campagna, qualcuno perfino l’odore del legno. L’interesse è tanto grande da aver ispirato un progetto della UCL (University College London) che ha creato una mappatura dell’odore dei libri, collegandoli con le reazioni che le persone hanno rispetto ad essi (l’historic book odour wheel). Lo stesso progetto è stato poi “esteso” alle biblioteche, dove sembra che la prima cosa che colpisca i visitatori sia proprio l’odore dei libri, riconosciuto – finalmente – non come un semplice “aggregato” di componenti chimici, ma come un vero elemento “emozionale”, che risveglia una serie di ricordi. Le risposte date analizzando, ad esempio, un vecchio libro francese sono state varie: cioccolato, cacao, caffè, legno e bruciato.

 

 

Come è possibile che lo stesso volume risvegli odori così differenti? In che modo ciascuno di essi opera nella persona che al volume si avvicina? Per arrivare a ricordarci la pioggia, i biscotti della nonna, l’odore dello fuoco nel caminetto, i libri raccontano, oltre a quelle scritte sulla loro carta, un altro tipo di storie: le loro, che hanno influenzano il modo in cui hanno resistito al tempo. Così un certo odore può dare un indizio sul modo in cui il libro è stato sfogliato, o su come la carta ha resistito al tempo, o ancora sul luogo (umido o asciutto) dove il volume è stato conservato. Se l’odore dei manoscritti medievali fa immediatamente pensare alla pergamena fatta da pelli di animali sui quali erano scritti, quello che si ritrova, invece, su tanti libri di seconda mano rimanda al processo causato dalla combinazione tra il deterioramento della carta e le impurità lasciate dai macchinari usati per processare la carta stessa. Così, forse, un certo odore potrà darci informazioni sullo stadio di vita (e di deterioramento) di un certo libro. Smetteremo, allora, di pensare con tenerezza all’odore di vaniglia di certi volumi, e inizieremo, invece, ad associarlo al deterioramento della cellulosa e della lignina della carta, prova inconfutabile del tempo che passa?

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