Il fai tu quando si è fuori a cena Un'arma potentissima e raffinata
Ci sono occasioni in cui bisogna chiudere gli occhi e affidarsi. Ci sono situazioni nelle quali solamente un fai tu, pronunciato con voce franca e sicura può cambiare il risultato di una cena al ristorante. Sono diverse le situazioni in cui capita (o si è costretti, nostro malgrado) a pronunciarlo. Se ne contano almeno tre.
La prima, necessaria, è quando si è da un amico, quando la fiducia è reciproca, sia per il ristoratore che serve, sia per l’ospite che assaggia. In questo caso bastano le due parole suddette per intendersi. Non serve altro. E se usato con moderazione avrà il potere di aprire le cantine, i ricettari e le dispense più preziose e custodite, arrivando all’irraggiungibile. Spesso per stupire o più semplicemente per ripagare chi, in totale onestà, riconosce la capacità e implicitamente la gratifica.
La seconda occasione capita quando bisogna mettere alla prova un menù: la regola del fai tu in questo frangente costringerà (se il posto ha una vocazione autentica) chi serve a pescare quello che secondo lui c’è di meglio nella sua proposta, quello che davvero fa la differenza, che racconta qualcosa. Non c’è modo più cristallino per interrogare il cuoco senza porgere domande, e sopratutto schivando le risposte trite e consumate. Sceglierà come se lui stesso fosse seduto al tavolo, mettendosi a nudo, confessandosi. Di lì non si scappa di certo.
La terza, la più drammatica, è quando non si sa o non si può scegliere, quando si incontra, e a volte accade, una carta così poco attraente da annoiare persino leggendola. E allora non ci resta che sperare che sia solo colpa di un brutto font, o di poca fantasia nel nominare le pietanze. Ma non è detto che sia tutto perduto. Il fai tu è un’arma potentissima, una vera e propria filosofia della tavola che, se usato cum grano salis, ha la virtù di cambiare la serata.