Pensieri segreti di una commessa L'epica lotta per il piano ferie
Anche le commesse, cari miei, vanno in vacanza. Vi sembrerà strano, visto che i supermercati sono sempre aperti e le commesse sono sempre le stesse. Eppure anche noi abbiamo diritto alle nostre cinque settimane di ferie all’anno. L’argomento, signori, è scottante; ora che mi leggete da un po' avete conoscenza di cosa voglia dire lavorare col grande pubblico, perciò immaginerete nel dettaglio quanto siano bramate le ferie dalla vostra commessa preferita.
Il commesso uomo soccombe. Ogni anno all’inizio dell’anno si tiene una fatidica riunione per fare il piano ferie dell’anno a venire. Tutte le commesse stanno già studiando i calendari e pianificando vacanze da un mese almeno. La tensione è alta: il marito ha le ferie solo ad agosto, i bambini finiscono scuola a giugno, il cugino si sposa a luglio. Insomma, tutte vogliono andare in ferie tra il 15 giugno e il 30 agosto, tutte e venticinque.
Uso il femminile perché quand’anche fossero presenti degli uomini, non hanno voce in capitolo e di solito finisce che otterranno le loro ferie per novembre e febbraio, mesi noti per la loro piacevolezza. Il commesso uomo partecipa alla riunione da un angolino, mantenendo basso profilo e massima disponibilità verso le sue esimie colleghe, pena il soffocamento con le buste di plastica biodegradabili. Un uomo sa quando arrestarsi di fronte ai limiti della natura.
Il responsabile inesperto crede nel dialogo. La riunione inizia con le solite fesserie su andamento del mese, percentuali, esposizioni e le cose che ascolta solo la commessa secchiona della prima fila. Il vero argomento della serata viene lasciato per il gran finale. Con aria solenne il responsabile di negozio estrae il calendario per il piano ferie. Durante le settimane precedenti ha raccolto in gran segreto le preferenze di tutti i dipendenti, più qualche tangente e non poche intimidazioni. Risultato, tutti vogliono andare in ferie a giugno o agosto. Il responsabile inesperto, specialmente se uomo e specialmente se magari è nuovo del mestiere, crede che sia possibile trovare un accordo ragionevole dialogando con i suoi dipendenti.
Inizia quindi una ragionevole discussione, mentre il collega maschio arrampicato al sicuro su una cassa scuote la testa e si fa il segno della croce. «Ho visto che gran parte di voi...» . «Mio marito ha le ferie solo ad agosto!». «Io ho i parenti che vengono in visita il 15!». «Io ho figli!». «Io ne ho più di lei!». «Io ad agosto ho un matrimonio!». «Ma vuoi mettere, io ho un funerale!». Il neocapo è scioccato e si immobilizza con il suo foglio in mano, mentre le esimie colleghe già hanno iniziato ad alzarsi in piedi. Prima della rissa, caccia un urlo e riesce a riportare l’ordine. È ancora convinto che riuscirà a lavorare democraticamente. «Facciamo con ordine. Per ragionevolezza, assegno le ferie a chi le deve far combaciare con il coniuge».
I figli vincono su tutto. L’obiezione che sempre, e dico sempre, viene posta davanti all’argomento ferie è la seguente: «Ma come, io ho i bambini!». Sappiatelo, figlio vince su marito. E se per questo anche su matrimonio, funerale, visita medica, malattia e qualsiasi altra motivazione che io, commessa non madre, possa avanzare. Se una ha un figlio sembra che possa decidere qualsiasi cosa, comprese le ferie degli altri. Il motivo non lo sappiamo, visto che i figli minori hanno come minimo tre mesi di ferie, ma pare che se non si vada al mare proprio a giugno crescano male. Ma se il capo è maschio la natura lo ha dotato di scarsa comprensione verso la prole altrui, inoltre ha un innato timore verso una madre che difende i suoi cuccioli in materia di vacanze. «Va bene, allora la precedenza a chi ha figli». Il collega maschio si allontana, lui sa. «Io ne ho piú diritto di chi ha un figlio solo». «Io ne ho quattro». «I miei sono gemelli e ho il bonus». «I miei sono più piccoli». «Sì ma i miei più malati». Poi si girano tutte verso il responsabile e indicandosi a vicenda urlano: «Lei ha già ottenuto le ferie che voleva l’anno scorso!».
E l'ultima parola va... Lui è nuovo del negozio e anche se non lo fosse non si ricorda certo di chi è andato in ferie e quando. Prova a giocarsi l’ultima carta, il caso. «Estraiamo a sorte?». Apparentemente sembra funzionare. Si mettono i nomi in un sacchetto e inizia la tombola, ma alla prima estrazione sbagliata si alza lei, la commessa anziana che lavora nel negozio da decenni e ha seppellito più di un responsabile. «Questa estrazione va a monte». «Ma stava andando bene». «Ho detto a monte. E ora lei farà quello che le dico io. Lasci quel calendario sul tavolo ed esca dalla stanza. Nessuno si farà del male se non prova a mettersi contro forze più grandi di lei». Il responsabile allora mette giù il foglio e indietreggia. Quello che succede dentro la stanza lo potete conoscere solo se siete commesse.