Pensieri segreti di una commessa Nobile storia delle borse della spesa
Continuiamo a parlare delle borse di plastica. Non mi importa se vi tedio, è sempre per calarvi nei panni di una commessa che ogni giorno dal 1 gennaio a oggi ha sentito qualche commento scontato sull’argomento. Il tedio è uno dei fattori di rischio del nostro lavoro. Siccome sono una nostalgica vi farò una panoramica storica sulle varie borse della spesa che ho visto nella mia ancora breve vita.
C’era una volta l’abbondanza. Quando ero piccola io, erano i tempi in cui di supermercato ce n’era uno per tutta la provincia e si andava a fare “la spesa grossa” una volta al mese. Il papà prendeva le ferie e una fascia lombare anti-ernia al sabato mattina (sì perché nel pomeriggio e fino al martedì i supermercati erano chiusi. Orrore! Come, come si faceva a mangiare-vestirsi-sopravvivere negli Anni Novanta!?) per spingere i carrelli stracolmi. Al momento del pagamento la cassiera distribuiva borse di plastica spessa due centimetri gratuitamente e come se fossero briciole per i piccioni. Una specie di cornucopia della sportina e se ne chiedevi una in più per imbustare meglio i detersivi te ne rifilava due. Se fossero esistiti gli ambientalisti di oggi si sarebbero incatenati al nastro trasportatore della cassa e fatto licenziare la generosa cassiera. So che le massaie che mi leggono rimpiangono un po’ questa fase della nostra economia che prometteva praticità e disponibilità infinita. Con le borse del supermercato ci buttavi via tutta l’immondizia della settimana, compresi metalli pesanti e oli motore, avvolgevi le scarpe sporche, riponevi i giocattoli in solaio, consegnavi il pranzo pronto al marito muratore e facevi scongelare la carne sul balcone senza perdere una goccia.
Il tentativo carta. Poi ci siamo accorti che forse era un po’ troppo. Così hanno cominciato ad assottigliare e farci pagare i sacchetti di plastica alla cassa e a proporci come alternativa i sacchetti di carta. Non si sa perché quelli di carta debbano essere più ecologici di quelli di plastica. Ho il sentore che a volte siano semplicemente più chic, giacché hanno dei sospetti colori bio-sbiaditi. Si decompongono prima se buttati nell’ambiente, la carta si ricicla meglio, li puoi riutilizzare. Così non vedremo più tutte quelle borse antiestetiche impigliate alle piante! Ma certo! Anche perché le piante siamo costretti ad abbatterle tutte per produrre questo mare di buste di carta per le nostre spese. In effetti nulla si può impigliare nel deserto. Però la carta è spessa ed è più resistente di questa plastica trasparente che si spacca al solo sguardo! A parte il fatto che carta spessa vuol dire più alberi sacrificati, dovete sapere che le proprietà meccaniche della carta sono di buona resistenza alla trazione, ma di estrema fragilità al taglio. Traduzione: se per caso, mentre insacchettate, nella busta di carta si impiglia l’angolo di un pacco di spaghetti, la vostra spesa si spargerà per tutto il supermercato.
Il biodegradabile e il design. Oltrepassato l’anno 2000 e visto il successo riscosso con le borse di carta, sotto le casse hanno cominciato a moltiplicarsi innumerevoli mezzi di trasporto per le nostre spese. Innanzitutto esistono almeno cinque tipi di carta diversa, dalla riciclata a quella fatta con le stoppie del grano. Poi abbiamo plastiche ricavate dal mais, dagli insetti morti, dalle bottiglie blu e dalle bottiglie verdi, dai tappi, dalle cicche. Scatoloni di varie dimensioni e spessori. Borse di stoffa di design per spese da passerella. Zainetti comprimibili a forma di ape, fragola, orsetto. Carrellini a traino con lo spazio anche per il cane o le angurie. Borse di plastica così spesse che ci si potrebbe trasportare un cadavere e che potrete riutilizzare per tre generazioni (ammesso che vi ricordiate di prenderla con voi; io ne ho un’intera collezione nel baule della macchina). Con tutta questa varietà, le borsine di plastica sembrano ormai solo il retaggio di un passato inquinante. Invece.
Illegali. La cassiera le custodisce gelosamente in un punto imprecisato sotto la cassa, un anfratto che non è visibile ai più. Ufficialmente non ci sono, ma lei è svelta di mano e non esita ad ammiccare comprensiva alla vostra debolezza quando le chiedete: «Mi dà due sacchetti per favore?». Con fare vagamente illegale butta i due sacchetti sul piano per permettervi di arrivare almeno fino al baule della vostra auto con la spesa. Il vostro senso di colpa scompare quando vedete che in macchina avete almeno cinque contenitori ecologici di vario genere. D ell’ambiente vi ricorderete un’altra volta.