Pensieri segreti di una commessa I tamarri a Oriocenter, al femminile
Come promesso, continuiamo l’osservazione sulla fauna giovanile della nostra amata galleria del centro commerciale. Esplorando l’universo deambulante dei piccoli tamarri maschi, abbiamo captato che il loro moto perpetuo è dovuto alla presenza di gruppi femminili che si annidano per lo più dentro ai negozi. L’arrivo all’interno della galleria delle tamarre è, se possibile, ancora più “acrobatico”.
L'arrivo in auto. Se per i maschi sono sufficienti quattro o cinque metri di distanza dal parente per evitare l’onta di essere visti insieme a un accompagnatore, per le nostre dive ce ne vogliono almeno venticinque. Praticamente scendono dall’auto all’ingresso del parcheggio, e se per caso il genitore in questione osa rivolgere loro una parola di saluto, scatta la risposta in stile “servitù vittoriana”. Si vedono infatti genitori, specialmente padri, strisciare lungo le pareti per non entrare nel campo di interferenza respingente delle figlie e sedersi rassegnati al bar mandando un sms con l’orario di incontro, assolutamente ipotetico e a discrezione delle principesse. A volte le figlie fingono un tic nervoso per segnalare la ricezione del messaggio, ma non sempre, ché altrimenti la servitù prende l’abitudine.
Il rituale di saluto. Il rituale di saluto delle tamarre non è fisico come quello dei maschi, prevede soltanto una serie di finti baci sulle guance che mettono a rischio i loro zigomi, ma niente di più. Potrebbero però instaurarsi una serie di saluti di rito con epiteti che tutto il resto del mondo classifica come turpiloquio, ma che per qualche strano motivo tra le tamarre sono espressione di stima. È sintomo di grande affetto perciò esordire con aggettivi che sottolineano un carattere incline all’infamia come «Ciao st….» o che paragonano la tamarra a un piccolo escremento come «Ciao me...». Se l’intuizione è corretta, è quindi espressione di massimo rispetto e ammirazione salutare la femmina alfa alludendo a professioni notturne. Il rituale di saluto è molto più breve rispetto a quello maschile perché le tamarre hanno un obiettivo: lo shopping.
Il finto shopping compulsivo. O meglio, a loro piacerebbe molto poter fare shopping compulsivo, ma non possono. È lo scotto da pagare nell’abbandonare il maggiordomo; niente soldi. E così le tamarre simulano. Tuttavia l’odio delle commesse è reale e palpabile. Le senti arrivare da molto lontano a causa del volume delle loro conversazioni e inizi a pregare che non entrino proprio nel tuo negozio. Ma ovviamente entreranno, entrano sempre. Passano in rassegna tutti i negozi provandosi qualsiasi capo d’abbigliamento, dai leggins fucsia al cappello di lana, anche contemporaneamente. Puoi seguire i loro spostamenti seguendo l’eco delle imprecazioni delle commesse che sistemano dopo il loro passaggio. Il branco di tamarre guidate dalla femmina alfa, che si riconosce dallo spessore del lucidalabbra glitterato, entra in una formazione compatta in cui tutte tengono a braccetto tutte e inizia a frugare ovunque. E quando dico ovunque, significa anche sotto i cesti delle calze o dietro ai dispenser di smalti per unghie, toccando e aprendo qualsiasi confezione. Conosco commesse di profumeria che hanno dovuto ricorrere alle maschere antigas dei Nocs dopo il passaggio di queste piccole future galline dalle uova d’oro. La povera commessa infatti, che vorrebbe esercitare il suo naturale diritto a impartire una sana educazione al cliente, è frenata dalla regola aurea, dal dogma monetario, dal principio di zio Paperone che recita così: «Lasciate che i bambini vengano a me; domani avranno una carta di credito».
L'esemplare maschio in vista. Per fortuna interviene madre natura in nostro aiuto. Le giovani tamarre possono essere distratte nella loro frenesia da Cupido, che nella fattispecie orbita nella galleria del centro commerciale trascinando i piedi e i pantaloni. Visione celestiale. L’ormone invade il negozio, dileguando i già scarsi neuroni e aumentando la scoordinazione delle ragazze che da questo momento iniziano a strattonarsi e a dirigersi verso la vetrina urtando tutti gli arredi limitrofi. Una volta puntato l’esemplare di loro interesse, scatta l’operazione “visibilità”, che può durare anche molti minuti data la scarsa reattività dei bersagli. Possono volerci anche tre o quattro giri di pista completi prima che il tamarro noti la sua principessa, che nel frattempo si è provata almeno tutta la gamma di colori della collezione di felpe praticamente fuori dalla porta. Di solito è la femmina alfa a decidere quale maschio attirare per sé, assegnando poi a ruota i gregari alle sue rimanenti ancelle.
Quando finalmente il gruppo di maschi le nota, loro attendono con pazienza che il loro vagare nello spazio li porti a tiro e poi aspettano il segnale: non appena il tamarro viene evirato a suon di sberle e spintoni, loro escono e passano a tutta velocità davanti a loro, ignorandoli. I poveri tamarri maschi, già deboli sul piano strategico, cadono in confusione e restano lì a ridere e picchiarsi, fino a quando a qualcuno viene in mente che potrebbero seguire le ragazze per vedere dove stanno andando. Ma a questo punto è troppo tardi, loro si sono già infilate in un altro negozio, facendo ricominciare il processo all’infinito per tutti gli altri punti vendita in questione. Alla commessa non resta che ripiegare le magliette e richiudere i tester, sperando che presto si apra la stagione della caccia al tamarro.