Modernità salva-tempo

Pensieri segreti di una commessa I tremendi cibi pronti in vaschetta

Pensieri segreti di una commessa I tremendi cibi pronti in vaschetta
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Quando venite al supermercato a far la spesa, vi osservo. La maggior parte di voi ha poco tempo. Ma non tanto per la spesa, che quasi quasi diventa un momento in cui potete ciondolare con il vostro carrello. Manca tempo per vivere. Per rendersene conto basta buttare un occhio al banco frigo; noterete la proliferazione invasiva di piatti pronti, buste veloci e vassoi precotti. Basta togliere la pellicola e via. Il poco tempo libero che vi resta non vorrete mica impiegarlo per cucinare?

 

 

I magici tramezzini. Per i più pigri/disperati esistono da sempre i famosi sandwich già pronti, che addirittura si trovano nei distributori automatici. Ora non fate gli schizzinosi salutisti. So che anche voi almeno una volta avete sfidato la sorte e comprato questo articolo che qualche blasfemo osa definire tramezzino. Dentro a quelle fette di pane anemico secondo il produttore dovrebbe esserci dell’affettato. La leggenda vuole che ci sia, e la confezione lo indica con caratteri accattivanti, contando anche sul tuo appetito crescente per convincertene. Il tutto è mascherato da una salsina dall’invitante color bianchiccio, rosa Labello o verdino puntinato. Per sapere che gusto ha dovete leggere la confezione e poi immaginarlo forte. Inoltre gran parte di questa salsina è sempre irrimediabilmente spiaccicata sulla confezione di plastica, dentro al panino ne resta veramente poca. Comunque questi tramezzini hanno il grosso vantaggio di finire subito e di espandersi seduta stante nel vostro stomaco come una spugna. Il pranzo sarà doloroso, ma fino a sera sarete pieni.

 

 

Le insalate infingarde. Per chi ha almeno una mezz’ora libera per il cibo abbiamo le insalate pronte, che sono il classico storico della pausa pranzo della commessa isterica. Ce ne sono di varie misure e formati. Tutte comunque hanno in comune la bustina di condimento mista olio-aceto che bagna giusto le prime tre foglie sopra e vi costringe a sforzi da struzzo per ingollare il resto. La manovra di Heimlich è stata inventata dal primo produttore di insalate confezionate, come consumatrice ne ho la certezza. Dentro c’è sempre la forchetta della Polly Pocket che vi serve forse soltanto per togliervi le foglie dai molari alla fine e che comunque si rompe al primo pomodorino. Terzo elemento immancabile, il tovagliolino origami dall’incredibile area di un metro quadro, che tuttavia è talmente sottile da essere già inzuppato con il pensiero dell’unto. Gli ingredienti sono invece molto variegati. Dalle insalate propriamente dette a quelle con più cibi dentro del vostro pranzo di Pasqua. La mia preferita è quella con tonno, olive, feta, noci, pomodori secchi, mais e taralli. Per non appesantirmi troppo non metto mai l’olio.

 

 

Il cous cous impossibile da mangiare. Proseguiamo; a discapito della tradizione, i vostri frettolosi pasti sono poi dominati dal cous cous in vaschetta. Vi vedo, integerrimi lombardi, riempire i vostri carrelli di questo piatto a dir poco mediterraneo. Più di una volta mi ha risolto il pranzo, lo devo confessare; costa poco ed è un chilo. Diciamoci la verità, non vi basterà sul serio l’insalatina, anche se in versione spuntino calabrese sulla spiaggia? Come condimento ci potete trovare tutto quello che volete, dai piselli ai totani. Ce n’è per tutti i gusti, a patto che abbiate con voi una posata (anche quella rotta dell’insalata dei Puffi): la regola dei produttori del cous cous pronto vuole che all’interno della confezione non ci sia un cucchiaio di plastica per nulla al mondo. E non possono fare eccezioni, provate a controllare. Siete avvisati. Altrimenti vi ritroverete sulla vostra scrivania nel disperato tentativo di usare il righello come forchetta, fin quando capirete che tutto questo è molto etnico e per non essere politicamente scorretti, mangerete con le mani. I produttori di cous cous pronti sono diabolici.

 

 

Il sushi da fame. Sempre per restare sui Paesi lontani, parliamo dell’invasione di sushi pronti nei nostri banchi frigo. Tutti inspiegabilmente confezionati in quell’elegante vaschetta nera con gli scomparti per ogni pezzo, che ricorda un po’ gli hotel a capsule di Tokyo. Con le bacchettine chiare incellofanate nel mezzo che vi vorrei proprio vedere utilizzare senza sbrodolarvi i pantaloni di riso. Lo so che correte tutti a comprare l’insalata con la sua salvifica (per quanto rudimentale) forchetta. Ma cosa c’è di meglio del pesce per un pranzo salutare e leggero? Peccato che in una vaschetta ci siano sei pezzi di sushi, cioè circa una pinna di un pesce normopeso e forse mezzo piatto di riso. Per sfamarsi quindi se ne comprano dalle tre alle dieci confezioni che mangerete poi la sera senza bacchette (o meglio ingoiando tutta la vaschetta) perché avete occupato tutta la pausa pranzo a recuperare i chicchi di riso sparsi sul pavimento. Quasi quasi meglio andare in gastronomia e farsi fare pane e prosciutto.

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