Sparare notizie ovvero fare la guerra
Due notizie interessanti in questi giorni. La prima dice che l’Isis (o Isil, IS, Califfato) vende petrolio a prezzi ridotti anche a Paesi europei. Ci sono anche i conti su quanto guadagnerebbe. La seconda dice che l’Isis è un progetto americano. Viene precisato che non è il risultato del fallimento della politica americana nell’area. È proprio un progetto pensato così.
Bisognava far uscire dalla zona tutte le popolazioni non sunnite e questo è stato fatto. Alcune fonti sostengono che l’azione anticristiana in Iraq sia stata iniziata dagli Usa. I raid aerei sarebbero nient’altro che una operazione fumogena. D’altro canto tutti sono d’accordo sul fatto che bombardare non serve a nulla.
Altre fonti sostengono che al-Baghdadi sia in realtà un ebreo agente del Mossad - i servizi segreti israeliani - a nome Shimon Elliott e che tutto quanto sta succedendo in Siria-Iraq sarebbe da addebitare a chi lo ha incaricato di fare piazza pulita in vista di una azione combinata Usa-Israele.
Non sappiamo se notizie come le precedenti siano vere. Dubitiamo anche che ci sia qualcuno che sappia esattamente la percentuale di verità in esse contenuta. Una cosa però è sicura: che oggi la guerra non si combatte solo coi cannoni. Un coltello e una videocamera sono armi altrettanto potenti della rete su cui circolano le notizie. L’azione di Edward Snowden può essere classificata come “bellica”? Il terzo millennio è davvero iniziato. Dare notizie diventa un’impresa ogni giorno più complessa. Ma ci stiamo attrezzando.