Da «A n’n’ a pöde piö» a...

10 frasi bergamasche per le feste

10 frasi bergamasche per le feste

Domani finiranno le feste invernali che vanno dalla vigilia di Natale all’Epifania. Un periodo che anticamente serviva come vaticinio per l’anno a venire e che adesso è trascorso tra cene, brindisi, abbuffate e solenni dormite. C’è chi rimpiange già questi giorni, e c’è chi invece non vede l’ora che finiscano. D’altronde, se fossimo tutti uguali non saremmo bergamaschi.

 

1) A n’n’ a pöde piö de fèste

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Confessione spontanea che viene concessa all’amica da una donna di casa spesso affranta per avere dovuto affrontare contemporaneamente figli, parenti, regali e preparazioni culinarie. C’è da dire, spesso con la scarsa o nulla assistenza del marito. [Trad. Non ne posso più delle feste]

 

 

2) Con chèl che ó maiàt gh’avrèss de fà desü

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L’ingordigia di questi giorni provoca spesso un senso di colpa che si traduce in clamorose promesse di future astinenze. Impegni, a onor del vero, quasi mai mantenuti. [Trad. Con quel che ho mangiato dovrei fare digiunp]

 

 

3) La s’è sfregida

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Pronti a lamentarci per l’inverno che “non c’è più”, al primo repentino abbassamento del termometro ci sfreghiamo le mani, brontolando contro il tempo avverso. La coerenza, si sa, non è inclusa nel nostro carattere. [Trad. Si è raffreddata (la temperatura)]

 

 

4) Te ederé che l’fiocherà quando laùre

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La bianca coltre, soffice e candida magia che incanta vecchi e bambini, lascia piuttosto indifferente chi deve recarsi al lavoro tra auto ferme per le ruote che slittano, fanghiglia ovunque e sale che rovina i veicoli. Non ci sentiamo di dargli torto. [Trad. Vedrai che nevichera quando lavoro]

 

 

5) I s’è slongade i giornade

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È utile ricordare che l’Epifania un tempo si chiamava Pasquetta, e che l’allungarsi dei giorni era illustrato dal famoso detto “Pasquèta ön’urèta”, che certificava l’aumento della luce diurna di poco meno di un’ora, proprio nel giorno della Befana. [Trad. Si sono allungate le giornate]

 

 

6) Ède mia l’ura che la comènse la scöla

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La gioia di avere con sé i propri figli, specialmente se turbolenti, tende a scemare con il passare dei giorni. Fino a sfociare in sfoghi del genere, provenienti da genitori non necessariamente crudeli e insensibili. [Trad. Non vedo l’ora che cominci la scuola]

 

 

7) L’éra issé bèl sènsa tràfech

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Chi ha vissuto il centro cittadino o gli andirivieni dalle valli senza le onnipresenti code, ricorderà con affetto questi giorni in cui la città sembrava deserta, e raggiungere il posto di lavoro o il negozio per gli acquisti era un piacevole viaggetto. [Trad. Era così bello senza traffico]

 

 

8) Ó sèmper lauràt

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Non può mancare l’irriducibile stakanovista orobico che ha staccato giusto i giorni necessari, lavorando il più possibile. Questione d’abitudine, e di carattere. Anche perché a casa si sarebbe mortalmente annoiato. [Trad. Ho sempre lavorato]

 

 

9) De che ‘mpó i vènd i colómbe

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Il ritmo delle stagioni non è più, o non è solo, scandito dall’alternarsi del ciclo eterno della natura. Più che con gemme e foglie, la primavera ci avvisa del suo arrivo con lo sbocciare delle colombe e delle uova pasquali sugli scaffali dei supermercati. [Trad. Tra un po’ vendiamo le colombe]

 

 

10) I nòs-cc vècc i capìa l’an de chi dé ché

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I giorni dal 26 dicembre al 6 gennaio, non a caso dodici, erano anticamente utilizzati per fare previsioni sull’anno a venire: al primo giorno corrispondeva gennaio, al secondo febbraio e così via. Oggi, per fare un esempio, stiamo vivendo l’anticipazione del mese di novembre. Sappiateci dire com’è andata. [Trad. I nostri vecchi capivano l’anno da questi giorni qui]