Alla riscoperta della tradizione

I 125 anni della Margherita e le sette versioni di Mimmo

I 125 anni della Margherita e le sette versioni di Mimmo
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Centoventicinque anni fa, nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito della pizzeria Brandi al Palazzo di Capodimonte dedicava un piatto della tradizione partenopea alla Regina d’Italia in visita a Napoli, appositamente creato per richiamare i colori della bandiera: nasceva la pizza margherita. Questo è quello che racconta la leggenda. In realtà la pizza condita con pomodoro, mozzarella e basilico esisteva già e, ben prima che arrivasse la regina, portava questo nome. Il fatto è che le fette di mozzarella erano disposte come a formare un fiore, di margherita appunto. La semplicità di questa preparazione è stata la sua fortuna, tanto che nel Dopoguerra si diffuse in tutta Italia e anche all’estero, diventando a tutti gli effetti uno dei piatti più consumati e apprezzati del mondo.

La sua diffusione planetaria e la relativa facilità di preparazione hanno dato vita a moltissime varianti, ma l’Associazione Verace Pizza Napoletana parla chiaro, ne esistono solo due tipi: la marinara e la margherita, con tanto di disciplinare STG (Specialità Tradizionale Garantita).

 

[DaMimmo, un tour virtuale]

Anche Bergamo città ha qualcosa da dire in merito. Una delle prime pizze mai sfornate sul territorio orobico porta infatti la firma del ristorante pizzeria DaMimmo, che ha aperto le porte in Città Alta nel lontano 1956. Oggi è un simbolo della Corsarola e sicuramente un pezzo importante della storia della ristorazione bergamasca: a quasi 60 anni dalla fondazione, Mimmo invita a tavola i bergamaschi per spiegare loro cos’è la vera pizza. Come? Sette pizze margherite, sette variazioni sul tema per mettere in evidenza il valore essenziale e peculiare di ogni singolo elemento.

Margherita DOC, 24 centimetri di tradizione della vera pizza. Così si chiama il menu dedicato alle sette versioni che il ristorante DaMimmo - insieme allo chef pizzaiolo Luigi Carannante - ha creato. Sette volte la stessa pizza ma in sette diverse rivisitazioni, ognuna delle quali combina sapori e consistenze indimenticabili. Il gioco è semplice ma gustoso: solo tre ingredienti per sette pizze, ovvero tre note da combinare per scoprire tutte le declinazioni di un piatto tanto popolare, tanto amato e apparentemente così semplice. La famiglia Amaddeo, che viene da una tradizione legata ai prodotti genuini della terra, sa che ogni ingrediente ha una storia da raccontare e si porta dentro il gusto di un territorio. Così, il pomodoro non è semplicemente pomodoro, la mozzarella è qualcosa di più di una mozzarella, e l’impasto della pizza deve essere preparato sempre con cura.

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Tornare alla origini del piatto più apprezzato e diffuso nel mondo è l’ambizione di questo progetto. Lontano dalla logica dell’abbondanza a buon mercato e dalle derive gourmet spesso azzardate e artificiali, DaMimmo ricorda che per riappropriarsi del cibo si deve ripartire da quella Pizza Margherita che 125 anni divenne un piatto da re, anzi da regine. Roberto, il figlio di Mimmo, la definisce una riflessione in senso verticale, mirata a rivalutare un prodotto troppo spesso banalizzato: un approfondimento verso l’essenza, piuttosto che un ampliamento esagerato del menu, come accade ultimamente nelle pizzerie che puntano sulla quantità. Basterebbe ricordare che a Napoli – si è detto – ne esistono solo e unicamente due tipi.

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