Quarant’anni fa, se qualcuno avesse chiesto in città (Clusone) dov’è Novazza, avrebbe ottenuto in cambio uno sguardo perplesso: praticamente nessuno sapeva cosa fosse e dove fosse Novazza, che invece è lì a un tiro di schioppo, nella stessa valle! Un paesino assolato, che guarda in faccia le montagne più belle delle Orobie, tutto fatto di case di pietra grigia e rossa, linde e ordinate come le stradine acciottolate che l’attraversano. È una frazione di Valgoglio adagiata sui prati ai piedi della Cima di Bani.
Ed è proprio per questa sua montagna che la piccola e tranquilla comunità di Novazza assurse agli onori – e purtroppo anche ai clamori – delle cronache: perché lì sopra, nel 1959, scoprirono il minerale uranifero, il primo giacimento italiano. Erano gli anni del boom economico, dell’entusiasmo e del fervore della ricostruzione e subito si iniziò a intaccare la montagna, per cercare il minerale anche in profondità e, al primo colpo, se ne trovò un migliaio di tonnellate. Tra il 1970 e il 1980 sembrava che dovesse prepararsi un grande futuro per l’energia nucleare anche in Italia; così, a Novazza si procedette con lo scavo di gallerie, anche oltre i filoni ritrovati: avanti, avanti per centinaia e centinaia di metri dentro la montagna alla ricerca di altro uranio, ma… Non se ne trovò più. Poi si sa come andarono a finire le cose: le contestazioni, la politica, il referendum, l’abbandono del nucleare. Era il 1987. Le gallerie di Novazza rimasero buie e silenziose. Fino ad oggi. Perché ora c’è un’altra scoperta a Novazza, che non ha niente a che vedere con l’uranio.
L’idea è nata qualche anno fa, osservando alcuni artigiani della Valle che, complici le difficoltà incontrate nel proporre e gestire attività estrattive nella nostra provincia, si davano un gran da fare a cercare pietre di recupero: demolendo enormi massi erratici, ricavavano blocchi di una roccia dura e compatta, che poi impiegavano per monumenti, fontane, piazze, arredamento. Tale pietra è piaciuta subito ed è divenuta preziosa e ricercata, anche per il suo colore, un verde chiaro o grigio-verde uniforme e gradevole, che si adatta a uno svariato tipo di impieghi e di ambienti. È una roccia vulcanica del Paleozoico (265 milioni di anni) formata per oltre l’ottanta percento da quarzo; è unica, non solo nella Bergamasca, ma anche sull’intero territorio nazionale, paragonabile per qualità solo alle migliori pietre e ai raffinati graniti d’importazione, che hanno prezzi molto elevati. Però non c’è una cava dove prenderla!
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Ma come? – qualcuno pensò – ma se ce n’è una montagna piena! E ci si ricordò di quelle gallerie di Novazza, dove non si trova un solo grammo di uranio, ma che sono tutte scavate dentro quella pietra verde: perché non chiedere alla Provincia di inserire questa risorsa nel Piano delle Cave di Bergamo? È tutto lì pronto: ci sono già la strada, il piazzale, i capannoni, le gallerie; non ci sarebbe alcun impatto sull’ambiente, né polvere, né rumore e sarebbe un modo per far finalmente fruttare un po’ tutti quei soldi spesi inutilmente in decenni di ricerche e per creare un po’ di lavoro, di cui si sarebbe bisogno in questo momento (assai lungo) di crisi. La domanda si è cominciata a fare a chi di dovere ben tredici anni fa – si sa com’è la burocrazia nel nostro Paese – ora speriamo che qualcuno capisca e decida.
Intanto, certamente si può dire che le miniere e le cave sono tra le attività più antiche e tradizionali del nostro territorio; si può affermare addirittura che la ricchezza e la varietà delle risorse minerarie di questa terra hanno segnato lungo i secoli la storia socio-economica della Bergamasca e siccome oggi, nonostante che nella maggior parte dei casi si siano lasciate cadere a pezzi e marcire nella ruggine tutte le vestigia di archeologia industriale mineraria di cui era ricca la nostra terra, si fa un gran parlare di recupero e valorizzazione di miniere dismesse, anche come risorsa storica, culturale e turistica, perché non sfruttare l’occasione ghiotta – e unica! – offerta dalla miniera di Novazza per disporre di una “aula” di geologia, di ingegneria e di tecnica di escavazione ad uso e vantaggio dei nostri istituti tecnici e delle altre nostre scuole?
Comunque cerchiamo di non preoccuparci se forse Indiana Jones morirà d’invidia quando verrà a sapere che noi abbiamo trovato la pietra verde!
[Foto ©Gabriele Romanò]