Anche Bergamo città ha le sue valli Sono nove, vediamo se le conoscete
[Foto di Mario Rota]
Già sappiamo di come Bergamo sia sorta su diverse alture per motivi strategici e grazie alla presenza di sorgenti d’acqua naturali e copiose, che nei secoli hanno attirato diverse popolazioni. Il sistema collinare articola la città da occidente ad oriente, fin verso l’imbocco delle valli, ed è perfettamente leggibile ad occhio nudo: le cime sono dolci e scemano man mano in morbidi avvallamenti, confuse nelle ultime propaggini con la vegetazione e con il recente tessuto urbano: questo ha voracemente divorato antichi percorsi selciati, muretti a secco, viottoli e prati, prima mollemente adagiati nella sella delle vallette pedecollinari. Le maggiori sommità cittadine sono rappresentate dal Monte Bastia e da San Vigilio, uniti a quello che noi oggi comunemente chiamiamo Colle Aperto, grazie ai percorsi degli antichi acquedotti romani (Sudorno e Vasi): dal terrazzone posto sopra il Prato Baglioni, tra le vie Beltrami e Boccola, la vista spazia fino a raggiungere in lontananza l’imbocco delle valli Brembana e Seriana.
Monte Bastia
Il Monte Bastia (510 metri s.l.m. in passato mons Millionus) è quel panettoncino coronato da alberi, ben visibile dal Belvedere di San Vigilio (capolinea bus 21 Colle Aperto/Castagneta): lo si circoscrive percorrendo le vie Monte Bastia e San Sebastiano, connesse l’una all’altra dagli sterrati di Via Alle Case Moroni e dai gradini sconnessi di Via del Rione. Bastia sta per “avamposto fortificato di legno e terra”, costruito nel 1373 dai Visconti per vigilare gli sbocchi della Valle S. Martino, in rivolta contro il loro dominio sul ducato milanese.
Monte San Vigilio
Il Monte San Vigilio (496 metri s.l.m. l’antico Vilio o vigilante, chiamato anche Capella per la presenza accertata di una chiesetta dedicata a Santa Maria Maddalena) siamo soliti raggiungerlo con la funicolare liberty del 1912 o, per i più arditi, scalarlo tramite l’irta Via San Vigilio, che nelle giornate terse ci regala viste mozzafiato fin verso il capoluogo lombardo. Vigilio, futuro vescovo di Trento, pare vi abbia soggiornato alla fine del IV secolo d.C. accompagnato dalla madre e dalla sorella.
Le Valli
Le due “cime” sono attorniate da vallette e terrazzamenti, ricoperti da boschi, orti, giardini e roccoli, mentre l’abitato è disseminato di insediamenti rustici e residenziali, che in passato foraggiavano la città di acqua per gli usi domestici, pietra arenaria per le grandi costruzioni, ortaggi e prodotti d’allevamento per gli scambi commerciali. Ma il sistema dolce e ondulato che oggi delizia il nostro sguardo e accompagna le nostre passeggiate domenicali - su e giù dai colli di Bergamo verso Astino, Castagneta o la Fara - è il risultato degli smantellamenti della fortificazione veneziana (1561-1595), le mura di Bergamo, la cui erezione di contro ha svuotato di terra alcune cavità, creando così delle fosse, al fine di ottenere dislivelli e spazi difensivi di sentinella: in questo modo si isolavano i singoli bastioni, che potevano emergere sulla sottostante pianura. Questi vuoti sin dalla fine del Cinquecento sono definiti “valli” e la loro nomenclatura prende spunto dalle costruzioni che vi si trovarono improvvisamente inserite: sul versante sud occidentale si dispiegano Valle S. Lucia Vecchia e Valle S. Alessandro, mentre su quello settentrionale Val Verde, Valle delle Noche, Valle Avogadri, Valle Sant’Agostino e Valtesse. Non possiamo poi non citare due valli periurbane, che sono Valmarina e Val d’Astino, che cingono l’intera sistema.
Valle Sant'Alessandro
L’omaggio al nostro Santo Patrono è evidente, ma forse non tutti sanno che questa valle prende il nome dalla basilica paleocristiana che vi si affacciava, eretta nel III secolo d.C. proprio per conservare i resti del martire. Distrutta i primi giorni di agosto del 1561, ne resta una timida memoria nelle epigrafi, nella colonna, nella porta e nella viuzza che lambisce parte del Forte di San Marco, siti ed elementi ubicati attorno a Largo Porta Sant’Alessandro (stazione inferiore della funicolare San Vigilio). Il dislivello comprende la forra che da Borgo Canale si estende fino alla Valle di Santa Lucia Vecchia, attraversata da Via Fontanabrolo e da Via del Paradiso. Oggi corrisponde per una buona parte alla cosiddetta Conca d’Oro che, orlata dalla Via Tre Armi, affaccia digradando sopra il “Vecchio Ospedale”.
La Conca, posta tra il promontorio del Fortino al Paesetto (Via Sant’Alessandro alta) e il convento di Matris Domini all’inizio di Via Locatelli è attraversata dalla galleria Conca d’Oro e incisa dalle scalette che portano da Porta San Giacomo alla stazione inferiore della funicolare Città Alta. Corrisponde alle fosse disposte lungo i fianchi della fortezza ed è interessata da una fitta boscaglia, che si nota scendendo da Via Salita della Scaletta.
Valle Santa Lucia vecchia
Il toponimo è legato alla chiesa di Santa Lucia, tuttora esistente, che dà il nome alla via in cui si trova (a fianco dell’ex orfanatrofio maschile oggi IMIBERG) e alla porzione di valletta che chiude e prosegue quella di Sant’Alessandro. L’aggettivazione “vecchia” ricorda il trasferimento delle monache domenicane dal vecchio monastero trecentesco al nuovo dedicato alle SS. Lucia ed Agata sul Prato di Sant’Alessandro (1566), distrutto negli anni Trenta dell’Ottocento per la costruzione del Palazzo Frizzoni, attuale sede del Comune di Bergamo. Oggi l’area è identificabile con il quartiere dell’ex ospedale e del Tempio Votivo.
Valle Verde
È la valletta posizionata sotto Colle Aperto, nella conca creata dal baluardo e dalla nuova porta di San Lorenzo alla fine del Cinquecento. Comprende le attuali vie Porta San Lorenzo, Roccolino, Valverde e Maironi da Ponte, tutte dirette all’ingresso della Valle Brembana e che raccordano il suburbio con Valmarina grazie alla Green Way: l’attributo cromatico anglosassone calza proprio a pennello… Ovviamente era tutto calcolato!
Valle delle Noche
È una minuscola valletta inserita tra la Valle Verde e la Valle Avogadri, posta sotto il Baluardo di San Lorenzo, ed è divisa dal quartiere di Valtesse dal torrente Morla. Esiste tutt’oggi la Via della Noca, quella bella scaletta che da Porta Sant’Agostino scende fin nel Borgo San Tomaso, per arrivare nel cuore dell’attuale Piazza Carrara: è un modesto residuo dell’arteria originaria, spezzata per dar corso al susseguirsi di tutti gli elementi fortificati cinquecenteschi, alternati da conche e terrapieni. La radice del nome potrebbe essere di origine popolare e rimandare proprio allo sperone di colle creatosi artificialmente con le nuove mura, nonostante il termine Nauca, da cui poi Noca, è documentato già molto prima (XI secolo).
Valle Avogadri
È compresa tra la Valle delle Noche e la Valle di Sant'Agostino, sotto il baluardo della Fara, ed è divisa dal sobborgo di Valtesse dal torrente Morla. Prende il nome dai proprietari della prima fortificazione medioevale, costruita sul colle di Fabriciano (Valverde), chiamata nel Cinquecento Castello degli Avogadri divenuta successivamente residenza di campagna del capitano veneziano. In seguito venne rinominata castello di Valverde o di Medolago e corrisponde oggi a quella che è Casa Quarenghi, dal nome del suo presunto progettista, il grande architetto bergamasco Giacomo a cui si deve l’erezione di buona parte di San Pietroburgo.
Valle Sant'Agostino
È forse la più nota e scontata, ma anche la più artificiale, ottenuta sbancando un colle il cui terreno ha poi riempito il foppone medioevale della Fara (da cui il nome di torre subfoppis alla porta turrita nei pressi): è quella che ci accompagna il fianco quando passeggiamo lungo la tenaglia murata e la facciata della ex chiesa agostiniana, oggi nuova aula magna della nostra Università, fino all’imbocco della salita di Via San Lorenzo. Il limite è dato dal primo tratto della Green Way, posta a monte di Via Baioni e di Valtesse.
Valtesse
Il toponimo attuale è il risultato di diverse modifiche apportate nei secoli al termine celto Teza e a quello latino Teges: una contrada rurale e poco distante dalla città, composta da molti casolari coperti da stuoie o “tettoie” per riparare da sole e intemperie. La prova del nove è data dallo stesso etimo che condivide con località valligiane come Teggia, Tezza, Tezzi, poste rispettivamente nei comuni di Ambivere, Sant’Omobono e Gandellino.
Valmarina
La individuiamo grazie al pianoro su cui è adagiato il bel complesso monastico benedettino, che da casa colonica oggi ospita la sede del Parco dei Colli di Bergamo. Per i più è ancora Bergamo-città, ma per pochi metri si è già in territorio di Ponteranica in località Ramera. Il diminutivo femminile del termine “mare” (marina), rimanda alla “marra”, ovvero al mucchio di sassi ottenuto grazie a delle operazioni di scavo nella roccia.
Valle d'Astino
E terminiamo il nostro scollinare da una valle all’altra, sulle pendici dei colli su cui è sorta la nostra città, per giungere a quella che è stata sottotitolata Valle della Biodiversità, raggiungibile lungo le vie Sudorno, dei Torni, Lavanderio e appunto Via Astino: l’origine del nome è ad oggi incerta, anche se molti la legano al termine basco “asta” che significa rupe. Sinceramente non ne vediamo il nesso e crediamo che questo interessi poco i lettori: siamo tutti reduci dalla visita esterna o interna di quel gioiello che la MIA, da qualche mese, ci ha restituito. Il connubio tra la chiesa e l’ex cenobio con la loro valle si è sposato bene con i temi di EXPO, ma noi restiamo ancora affascinati dal rimando visivo a quell’aurea silenziosa e così suggestiva che lo avvolge da quasi un millennio!