Menù a 30 euro per gli Under 30

Da Cucina Cereda si va sul sicuro Si mangia bene e si spende il giusto

Da Cucina Cereda si va sul sicuro Si mangia bene e si spende il giusto
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Beppe Cereda è sempre una certezza. Quasi una consolazione quando non sai che pesci pigliare, quando cioè il desiderio è quello di concedersi una cena che sia all’altezza della voglia di uscire di casa ma che non comporti troppi fronzoli e formalità. Una cena che sia soddisfacente insomma, che sia insolita ma che non richieda un’eccessiva concentrazione, al di là del giusto grado di attenzione di una tavola gourmet.

 

 

Cucina Cereda, a Ponte San Pietro, rappresenta da otto anni, in questo senso, un indirizzo sempre valido e allettante. Non solo per la cucina in senso stretto, ma anche per il rapporto qualità prezzo stupefacente, così come la proposta delle civilissime mezze porzioni che garantiscono la possibilità di dedicarsi a più assaggi. Le degustazioni vanno dalla carta bianca a fantasia dello chef di 75 euro, alla degustazione di pesce da 80 euro. Potrete dedicarvi al percorso di degustazione più classico per 45 euro e, nel caso abbiate fino ai 30 anni, 30 euro. Questa disponibilità nei confronti dei più giovani vuole essere un invito a confrontarsi (e in un certo senso a permettersi) le tavole dell’alta gastronomia e, oltre a fare onore allo chef Cereda, racconta anche un tratto fondamentale del suo carattere e del suo modo di lavorare. Basta una chiacchierata per capire che è uno di quelli realmente interessati alla formazione di giovani palati, ma anche di giovani cuochi e nuovi camerieri.

 

[La Triglia Tonic di Giuseppe Cereda]

 

La cena è piena di dettagli: nel servizio e nelle portate. A cominciare da un caposaldo, il pane, che è servito in un gran numero di versioni e varianti e accompagnato da olio di oliva. La Triglia Tonic, che non vuole certo scimmiottare il noto drink, quanto interpretare una perfetta e riuscita combinazione di gusti, è un antipasto consigliato. Mentre il piccione, cotto splendidamente e servito in tre tempi, ci riporta con gran soddisfazione alla solennità della cucina d’oltralpe ma con i piedi ben saldi per terra. E con la stessa bravura Cereda mette in menù la carne di pecora gigante bergamasca (fornita naturalmente da Massimo Balduzzi) che qui, grazie alla grande capacità di interpretare i prodotti del territorio, può essere proposta in alternativa a un classico della cucina francese.

 

[Il piccione di Giuseppe Cereda]

 

Dietro ai fornelli l’ispirazione è fondamentale, non solo quella che viene dall’ambito culinario in senso stretto, ma da tutti i campi della creatività umana. Il cuoco, per Beppe, altro non è se non un collezionista di esperienze e di sensazioni. Il suo compito è restituire inalterata nel piatto un’emozione così come essa era stata vissuta, perché anche il cliente ne possa godere. È essenziale allora trovare una via, pura e semplice, per raccontare, che metta al riparo dal rischio dell’eccesso. Inutile dire che la tecnica è l’altra faccia della medaglia, oltre, ovviamente, al rispetto assoluto delle materie che si trattano e alla scelta del prodotto migliore. Da qui si parte per ricreare, o almeno ci si prova, un ricordo personale da offrire ai proprio ospiti. Come dice lo chef: «Cucinare è come suonare un pianoforte: c’è bisogno di tante e tante ore di esercizio per arrivare al risultato». La sua cucina incarna una visione dell’arte culinaria che passa dalla consapevolezza che nel piatto non c’è posto per le acrobazie ma solo per confortanti verità. Riassumendo si potrebbe dire molto semplicemente: Cereda è bravo a fare il suo mestiere, sia per dedizione sia per un talento innato. E quando vi alzerete da tavola, dopo il caffè o un distillato, lo farete colmi di certezze, certi di avere mangiato qualcosa di buono, certi di aver speso bene e non troppo, certi di aver trovato un posto da consigliare.

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