Dieci modi di dire l'amore in dialetto bergamasco
Non esiste l’equivalente di “Ti amo”, e al posto del bacio c’è il più prudente “basì”. Eppure il nostro dialetto sa parlare di relazioni amorose, di coppie di fatto e di matrimoni d’interesse con insospettata arguzia. E con una buona dose d’ironia.
Ci siamo divertiti a immaginare una storia d’amore tutta bergamasca, dai primi timidi avvistamenti alla dichiarazione, dalle maldestre esplorazioni sessuali al fidanzamento vero e proprio, fino al coronamento di un sogno. Che non è esattamente quello che ci si può aspettare ma è prevedibile, vista la nostra natura concreta.
1) ‘Ndà a fa bèl
Frase riferita solitamente al passato (“So ‘ndacc a fa bèl”) ha come destinatari gli amici, e racconta l’essersi recato a svolgere un’attività sessuale di intensità variabile. Altissima la percentuale di affermazioni che non hanno riscontro nella realtà.
2) Proà la pressiù
Termine tecnico che illustra l’operazione manuale con cui si verificano la consistenza e la solidità delle convessità femminili. Se praticata senza l’accordo della controparte, ha come esito un clamoroso “slaagiù”, ceffone di dimensioni ed effetti biblici.
3) Fa l’àsen / Fa ‘l bambo
Nel nostro mondo austero e rigoroso, l’attività sentimentale o amatoria è osservata con malcelato sospetto. La stupidità asinina di chi vi indulge non può meritare in nessun caso il nobile appellativo di “innamoramento”.
4) Ta öle bé / Ta ma piàset
Surrogati locali dell’inesistente “ti amo” esprimono il massimo dell’affetto che il bergamasco è in grado di comunicare. Da sottolineare la valenza pudicamente affettiva del primo e quella sottilmente fisica del secondo.
5) Parlà ‘nsema
Vuol dire essere fidanzato, con un significato più profondo di quello che sembra. Per un bergamasco la conversazione è un esercizio estenuante, molto più dell’atto sessuale. Così parlare con una persona del sesso opposto implica un notevole impegno.
6) Stà ‘nsèma a palèta
Efficace espressione per definire la coppia che vive al di fuori del vincolo sacro o profano del matrimonio. Siccome “fa a palèta” significa acquistare a credito, è evidente l’intenzione di chi intende vivere le gioie della carne senza pagarne le giuste conseguenze.
7) Camporèla
Località amena in cui, nella bella stagione, è non solo possibile ma auspicabile dedicarsi all’antico gioco della congiunzione. Prati, siepi e fitto dei boschi si segnalano come luoghi ideali. Si dice che i bimbi così concepiti siano d’indole gioiosa e positiva, con un’inclinazione naturale per il sorriso.
8) ‘Ndà ‘n cà
Dopo anni e anni passati a esercitarsi nell’attività di cui sopra, arriva questa tappa importante e, per molti, definitiva della relazione amorosa. Presentarsi in casa della “murùsa” equivaleva a uno scambio d’anelli. Specialmente se il padre nutriva una corrisposta passione per la caccia.
9) Ferà la spusa
Chi immagina scenari di crudeltà medievale, dove la sposa viene affidata al maniscalco, è fuori strada. La metafora spiega invece il gesto di donare alla futura consorte gli opportuni gioielli e ornamenti.
10) Tacà sö ‘l capèl
Indica il matrimonio d’interesse, e designa colui che appende definitivamente il proprio copricapo, perché non ha più bisogno di lavorare. Colpisce il fatto che la frase, in precedenza attribuita esclusivamente a individui di sesso maschile, in tempi recenti sia diventato appannaggio anche delle donne.