Il birrificio Hop Skin a Curno Giovanissimo, ma già un cult
BeerRoad è un percorso che attraversa il territorio di Bergamo alla scoperta della produzioni di tutti i micro-birrifici che troverete a BeerGhem 2015, la rassegna delle birre artigianali orobiche che si svolgerà a San Pellegrino Terme dal 29 maggio al 2 giungo 2015. Questo viaggio ci guiderà idealmente lungo una strada della birra artigianale per scoprire i volti e l’impegno chi, con coraggio e passione, ha deciso di fare della birra la propria vita e il proprio lavoro. Oggi è il turno di un birrificio che ha fatto già tanto parlare di sé, seppur giovanissimo. L’Hop Skin di Curno.
Biondi, sorridenti e sicuri di sé. Così si presentano i giovani, anzi giovanissimi, Paolo Algeri e Gioia Ravasio, che in poco più di un anno hanno tirato su un birrificio con pub annesso già molto conosciuto. Lo hanno chiamato Hop Skin e lo hanno aperto a Curno a due passi dal cinema. Avete presente il classico pub da college americano con i mattoni rossi a vista, i divanetti in pelle e gli sgabelli alti davanti al banco delle spine? Bene, questa è l’atmosfera che si respira e proprio questo avevano in mente Paolo e Gioia quando hanno iniziato a fare la birra.
Ufficialmente la produzione parte nel dicembre 2013 e, subito dopo, a febbraio, apre le porte anche l’annesso pub, dove si beve solamente la birra di Paolo, ma questa basta e avanza, dato che è riuscito a elaborare in poco più di un anno 12 ricette che accontentano un po’ tutti i gusti. Non male per uno che è solo agli inizi! I riscontri sono arrivati in fretta, riuscendo ad accaparrarsi una fetta di bevitori attenti che sono, a quando pare, già pronti a dichiararsi aficionados: gli irriducibili dell’Hop Skin che gli riconoscono già uno stile inconfondibile.
Il pub è il vero cuore del progetto e a mantenerlo vivo non ci sono solo le birre, ma anche una veloce cucina d’accompagnamento: la lavagna alla parete presenta la lista degli hamburger (tutto o quasi a chilometro zero, assicura Paolo), dal classicissimo cheeseburger al veg-chic falafelburger. Chi invece vuole essere chic e basta, può ordinare una tartare di manzo della Limousin, un abbinamento insolito, forse, con la birra, ma l’Hop Skin è anche questo.
Abbiamo (come sempre) assaggiato per voi due birre, tra le prime a essere state create, e che oggi sono già famose.
Tzunami. Che sia rinfrescante lo si immagina già quando la si vede nel bicchiere. Un giallo paglierino con riflessi verdolini che lascia immaginare una grande freschezza. E infatti. Ma partiamo dal naso. Oltre alle note agrumate particolarmente fini di pompelmo bianco e scorza di lime, la vera nota regina è senz’altro la citronella: evanescente, domina la scena prepotentemente per qualche minuto e poi scompare per non lasciare più traccia. Per niente banale la punta di uva spina e si trova, dicono gli esperti, anche un po’ di kiwi. La bocca, piacevole e dissetante, scalda le tonalità aranciate e sfuma nel mandarino.
IPA. Una birra ambrata brillante. Al naso si caratterizza per una nota finemente erbacea e mai invasiva, che ricorda facilmente un prato estivo e, a tratti, si confonde con un mercato di spezie che riporta a certe atmosfere orientali. Con un po’ di pazienza emerge il calore dei frutti a pasta gialla, su tutti la pesca e in particolare la percoca. Appare a un tratto, come una visione, la spina dorsale di questa birra: la sua vena resinosa, a tratti balsamica, che ne costituisce il vero profilo olfattivo. La bocca riconferma in pieno il naso accompagnata da una nota amara tutt’altro che fuori luogo.