La Grande Guerra a Bergamo Una mostra per rivivere quel tempo

Anno 2015, centenario della Grande Guerra, di quella prima guerra mondiale che segnò così profondamente l’Europa e il suo territorio. E anniversario (70 anni) della liberazione italiana e della fine della seconda guerra mondiale. Un inizio e una fine, ma un’unica parola - guerra - che risuona in tutte le sue declinazioni, nella mostra che è stata inaugurata il 4 novembre a Palazzo della Ragione.
La mostra e il progetto. Vivere il tempo della grande guerra - Bergamo durante e dopo la Prima guerra mondiale resterà aperta fino al 7 febbraio 2016, esibendo i documenti, le immagini e gli oggetti attinti dalla storia della città di Bergamo, in uno spazio-tempo che si colloca entro i tremendi confini dei due conflitti mondiali. Un progetto che ha richiesto l’intervento di tantissime istituzioni: l’Accademia Carrara, l’Archivio di Stato di Bergamo, l’Ateneo di Scienze Lettere Arti di Bergamo, la Biblioteca Civica Angelo Mai e gli Archivi storici comunali, la delegazione bergamasca del FAI-Fondo ambiente italiano, la Fondazione Bergamo nella storia, la Fondazione Dalmine, la Fondazione Papa Giovanni XXIII, l’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea Isrec, e molti altri che hanno preso parte all’iniziativa, offrendo focus dedicati e materiale storico. Numerose sono anche le iniziative che accompagneranno questo percorso, tutte consultabili qui.












Bergamo in guerra. Ciò che il percorso espositivo sottolinea è il vivere quotidiano di una città che non ha preso parte alle atrocità della battaglia di confine ma ha affrontato il conflitto attraverso le informazioni, epurate e censurate, che gli venivano fornite. I documenti e le fotografie racchiudono il nucleo centrale dell’esistenza cittadina bergamasca durante quegli anni. Non solo i registri dei soldati ma anche tanta propaganda, diffusa su libri e manifesti. E poi, le fabbriche e le donne che si sono rimboccate le maniche per fare la parte degli uomini, lavorando alla gestione e poi alla ricostruzione di un’intera nazione. Colpisce il progetto per “rammendare” le città devastate e non si può passare indifferenti davanti agli oggetti, ai manganelli, agli inequivocabili copricapi, simboli della dittatura.
Papa Giovanni XIII, cappellano militare. Sono tanti i volti ritratti e i nomi stampati nei documenti esposti, ma è naturale che uno su tutti catturi l’attenzione dei visitatori. È quello di Angelo Roncalli, chierico nel luglio 1901, quando, alunno del Seminario Romano, rientrò a Bergamo per svolgere il servizio militare. Divenne sergente di sanità e poi cappellano militare in servizio presso l’ospedale Banco Sete, lo stabilimento Zuppinger in via Broseta e il nuovo ospedale dei Rachitici. Fu poi al Ricovero Nuovo, per assistere le centinaia di prigionieri italiani rilasciati dall’Austria perché malati di tubercolosi. La domenica mattina, a Bergamo, si celebravano tre messe del soldato per i militari stanziati nelle caserme della città: a lui venne affidata quella della chiesa di Santo Spirito. Il congedo arrivò il 28 febbraio 1919.




Sei artisti contemporanei. Perché la mostra non sia soltanto il momento della memoria legato ai documenti storici, si è voluto creare un legame con l’arte contemporanea e con la reinterpretazione di chi quel periodo non l’ha vissuto per ovvi motivi anagrafici ma, proprio per questo, è necessario che lo conosca e ne rispetti la memoria. Gli artisti coinvolti sono stati Emma Ciceri, Giovanni De Lazzari, Carloalberto Treccani, Francesco Pedrini, DZT (Stefano Romano+Eri Çobo). A ognuno di essi è stato dedicato uno spazio ad hoc tramite il quale relazionarsi personalmente con la propaganda, gli strumenti, i fatti dei conflitti mondiali.