Ecco la misteriosa Val Parina Così bella eppure così tosta
Il Parco delle Orobie Bergamasche copre un’area di circa settantamila ettari e racchiude le nostre montagne in tre principali vallate, da tutti conosciute: la Val Brembana, la Val Seriana e la Val di Scalve. Cartina alla mano, possiamo però scoprire che, a loro volta, queste si dividono in altrettante valli secondarie, ognuna con i suoi percorsi e la sua storia. Tra la Val Brembana e la Val Seriana troviamo ad esempio la Val Serina. E anche quest’ultima si divide, a sua volta, in due valli sussidiarie: la prima è la Val Vedra, che con i suoi pascoli raggiunge il Passo di Branchino e il lago omonimo; la seconda è la dimenticata e suggestiva Val Parina, un luogo di enorme fascino e storia dove il tempo sembra essersi fermato.
Agriturismo Ferdy
Agriturismo Ferdy
La partenza. Questa escursione è marcata dal sentiero CAI 267 e vede il suo via in prossimità del famoso agriturismo Ferdy, a Lenna, in Val Brembana. La bella struttura sarà l’ultimo avamposto di civiltà presente lungo tutto il percorso. La Val Parina prosegue infatti selvaggia e solitaria, incassata lungo un sentiero che la risale per tutta la sua lunghezza tra boschi di faggio e carpino. In pochi minuti abbandoniamo la località delle “Goggie” e, costeggiando una vecchia baita, iniziamo a salire con pendenza costante. Il torrente Parina, che scorre a strapiombo sotto di noi, ci accompagnerà per buona parte di questa escursione. Quest’ultimo ha scolpito, in centinaia di anni, il durissimo calcare di Esino modellando un paesaggio aspro e dirupato, con profondi e paurosi orridi che, in alcuni tratti, creano profonde e gelide vasche naturali. Il sentiero prosegue incassato nella forra e, questa volta, non saranno gli ampi panorami a caratterizzarlo. Ma sarà la sua storia.
Angusta ma speciale. Passo dopo passo ci accorgiamo che la natura, in Val Parina, si sta riprendendo il suo spazio. L’ambiente, caratterizzato da ampi boschi, ripide pareti erbose, torrioni e pinnacoli, nasconde in realtà ben due segreti che un tempo hanno caratterizzato la vita in questa valle ora dimenticata. Il primo è legato alle miniere di zinco e piombo presenti nelle viscere del Monte Menna e del Pizzo Arera, le quali, per secoli, hanno conferito al distretto minerario di tutta questa valle una rilevante importanza economica. Il secondo, meno conosciuto, interessa la fase di sfruttamento boschivo che ha caratterizzato questa zona fino agli anni ‘60. Sul finire della Prima Guerra Mondiale la richiesta di legna da ardere (legata all’attività estrattiva e al fabbisogno di combustibile per i forni) aveva determinato un impoverimento dei boschi della Val Brembana. Rimanevano da sfruttare solo le aree più difficili e impervie, tra cui l’angusta Val Parina. Nasceva però il problema di trasportare il materiale fino alla strada di fondovalle, che venne risolto grazie al sentiero che ora stiamo percorrendo. Il tracciato è infatti caratterizzato dalla presenza di binari necessari al transito di piccoli vagoncini adibiti al trasporto di legna e minerali. Un sentiero scavato a mano e dotato di gallerie, ponti e muri di sostegno necessari per mantenere costante la pendenza e garantire una discesa sicura e agevole. Questa realtà, alla fine degli anni ’40, arrivò a occupare decine di boscaioli e minatori.
Arabescato orobico
Arabescato orobico
I resti degli scavi
I resti degli scavi
Torrente Parina
A strapiombo tra le rotaie. Oggi il sentiero CAI 267 è un tracciato nella storia. Bosco e rotaie proseguono insieme e raccontano la storia di questo luogo. Fin dai primi chilometri sono visibili le coltivazioni delle cave di marmo, conosciute negli anni per il famoso arabescato orobico. Blocchi bellissimi dai colori rosa e grigio, visibile in piccoli pezzi anche lungo il sentiero. I fianchi della montagna sono invece caratterizzati da caverne e gallerie, probabilmente resti delle antiche miniere della Val Parina, ormai crollate. Prestando attenzione agli strapiombi, il sentiero sale, in alcuni tratti attrezzato con catene di sicurezza, fino a raggiungere una serie di ponticelli, ricostruiti dopo una violenta piena dell’agosto del ’74. Il torrente sotto di noi crea mulinelli d’acqua e bellissime piscine naturali. Il tracciato diventa ora piuttosto esposto e franoso, con altre catene di sicurezza necessarie per attraversare. In prossimità dei ponticelli troviamo un piccolo spazio dove possiamo concederci una pausa e ammirare la meraviglia di questa valle. E immaginare il lavoro che ha caratterizzato questo luogo ormai dimenticato.
In direzione di Zorzone. Il sentiero diventa ora più impervio e sale lungo la valle, tagliandola nella sua lunghezza. In alcuni tratti il panorama si apre, mostrando la fisionomia del luogo, alternando salite a tratti in falsopiano contornati da vecchi muri a secco. Un’altra ora di cammino ci porterà all’antica località di Pra Parina e al suo pugno di case, anch’esse dimenticate. Proseguiamo nel bosco fino a raggiungere la panoramica Cappella di Petta e, ora in falsopiano, scorgiamo le case di Oltre il Colle, punto di arrivo del sentiero CAI 267. Questo lungo percorso si conclude con cinque ore di cammino, dodici chilometri e settecento metri di dislivello positivo.
Conclusioni. Non è necessario percorrere tutto il tracciato per scoprire le bellezze e la storia di questo luogo. Pochi chilometri sono sufficienti per entrare in un ambiente incontaminato, dove il lavoro dell’uomo e la bellezza della natura si fondono in un contesto unico e particolare. Ad accompagnarci fin da subito c'è lo scrosciare del torrente Parina, azzurro e incontaminato, ma anche le tracce delle antiche miniere, le rotaie allestite dai boscaioli, gli anfratti e i torrioni, suggestivi quanto minacciosi. Un ambiente tra i più riservati delle nostre montagne. Per percorrere questo sentiero in tutta la sua lunghezza bisogna essere escursionisti esperti e ben allenati, con un buon senso dell’orientamento. Il percorso integrale richiede circa cinque ore di cammino e necessita di un appoggio per il rientro in automobile.