La "Montmartre" di Bergamo: il luogo più magico da dove vedere Città Alta
Dalle scalette dietro alla fermata del 3 al muretto sopra la cascina di via Valle: un'atmosfera di pace e un panorama definitivo (per i tramonti)
di Matteo Rizzi
Città Alta, la regina indiscussa della nostra città, come ogni sovrana ha la sua corte e i suoi vassalli, che la possono guardare più da vicino o da una posizione privilegiata. Uno di questi vassalli è il quartiere di Monterosso: quando se ne parla, lo si fa prevalentemente per raccontarne il suo passato nel segno dell’avanguardia urbanistica, per la cui realizzazione erano stati coinvolti i nomi più importanti dell’architettura non solo di Bergamo degli Anni Cinquanta.
Il progetto di Figlini e Pollini prevedeva la realizzazione di un quartiere modello sia urbanistico, sia sociale, che ha spesso saputo dimostrarsi all’altezza delle sfide delle varie epoche: ieri, negli anni Sessanta, la capacità di rispondere alle esigenze abitative delle famiglie più povere dei borghi e di Città Alta; oggi esempio di integrazione, con persone provenienti da ogni parte del mondo che convivono e si mescolano tra piazza Pacati, il centro giovanile e l’oratorio.
Ma Monterosso è sorprendente per mille altri motivi: ad esempio, a pochissimi passi da Piazza Pacati, superando il complesso di case popolari di via Leonardo da Vinci, ci si può trovare improvvisamente in un vero e proprio bosco, che accompagna verso le sorgenti del torrente Tremana. Nel giro di pochissimi metri si passa da un piccolo villaggio geometrico e perfettamente integrato nella periferia cittadina a uno scenario fiabesco con fate (nell’immaginazione) e salamandre (nella realtà).
A Monterosso poi c’è l’Ostello di Bergamo, punto di convergenza di migliaia di viaggiatori ogni anno (in tempi normali), ma anche di decine di ragazzi del quartiere che hanno eletto le scalette dietro alla fermata del 3 o il muretto dall’altra parte della strada come punto di incontro per le loro serate (ogni tanto bevono delle birre dopo le 18, con buona pace del sindaco). C’è chi la chiama, tra il serio e il faceto, la “Montmartre di Bergamo”. Non c’entra nulla con il quartiere più noto di Parigi, se non per quanto riguarda i gradini e l’ubicazione collinare, però se Bari può essere una piccola Parigi con il mare, allora vale tutto.
Dall’ostello, per tornare al punto di inizio, c’è una prospettiva su Città Alta davvero impressionante. La si vede tutta, più o meno alla stessa altezza, come se fosse l’altra torre dello stesso castello: se dal muretto dell’ostello si abbassa lo sguardo si ha la stessa vista che si gode dalle mura di Sant’Agostino, ma allo specchio: anziché avere di fronte il Monterosso, hai di fronte Città Alta. Ai piedi restano sempre Valtesse e Valverde in lontananza. Il vantaggio del Monterosso è che qui non c’è folla, ci sono meno luci.
In primavera c’è un ciliegio che con un po’ di immaginazione porta sulle colline di Tokyo. Il silenzio è rotto solo dal rumore degli accendini che scattano, dai segreti sussurrati e dal miagolio dei gatti. All’Ostello c’è una colonia di randagi, una signora anziana se ne prendeva cura fino a poco tempo fa. Da un po’ di mesi non la si vede più.
Se poi dall’ostello si prosegue verso via Pacinotti (...).