L'Unesco custodisce la transumanza Pecora gigante bergamasca tutelata
Ci pensiamo raramente quando vediamo sulle strade centinaia di pecore al seguito del loro pastore. Eppure quel rito antichissimo, la transumanza, è un pezzo fondamentale della cultura agricola d’Italia e della Bergamasca. Lo ha riconosciuto ora anche l’Unesco, proclamando ieri la transumanza nelle regioni delle Alpi e del Mediterraneo, un “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. A proporre la candidatura è stata l’Italia, insieme all’Austria e alla Grecia. Tra le 38 razze di pecore salvaguardate dall’Unesco c’è anche la gigante Bergamasca, una varietà allevata soprattutto per latte e carni.
Transumanza patrimonio dell’umanità. Il Comitato intergovernativo dell’Unesco riunitosi a Bogotà, in Colombia ha approvato la richiesta di tutela avanzata nel 2017, per tutelare una pratica ancora oggi diffusa in tutta Italia. «Sia nel Centro Sud – spiega soddisfatta Coldiretti – dove sono localizzati i Regi tratturi, partendo da Amatrice e Ceccano nel Lazio ad Aversa degli Abruzzi e Pescocostanzo in Abruzzo, da Frosolone in Molise al Gargano in Puglia. Pastori transumanti sono ancora in attività anche nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nel Val Senales in Alto Adige. Il voto positivo dell’Unesco certifica il valore della tradizionale migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che, insieme ai loro cani e ai loro cavalli, si spostano dalla pianura alla montagna, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi, con viaggi di giorni e soste in luoghi prestabiliti, noti come “stazioni di posta”».
La crisi della pastorizia: perso un milione di pecore. Continua Coldiretti: «Si tratta di un “riconoscimento importante” che conferma “il valore sociale, economico, storico e ambientale della pastorizia che coinvolge in Italia ancora 60mila allevamenti nonostante il fatto che nell’ultimo decennio il gregge Italia sia passato da 7,2 milioni di pecore a 6,2 milioni perdendo un milione di animali». Il riconoscimento tutela “un’attività ad elevato valore ecologico e sociale poiché si concentra nelle zone svantaggiate e garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità del territorio.
Stipendi bassi e concorrenza sleale. «A pesare sono i bassi prezzi pagati ai pastori, il moltiplicarsi degli attacchi degli animali selvatici, la concorrenza sleale dei prodotti stranieri spacciati per nazionali ma anche del massiccio consumo di suolo che ha ridotto drasticamente gli spazi e i tradizionali percorsi usati proprio per la transumanza delle greggi con pesanti ripercussioni sull’economia nazionale ma anche sull’assetto ambientale del territorio perché quando un allevamento chiude si perde – conclude Coldiretti – un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni».
Gli altri patrimoni immateriali italiani. Gli altri patrimoni immateriali dell’umanità italiani, certificati e tutelati dall’Unesco, sono l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014), l’’arte dei pizzaioli napoletani (2017), la Falconeria, iniziativa cui l’Italia partecipa assieme ad altri 17 Paesi e dal novembre 2018 l’Arte dei muretti a secco.