Finito per sbaglio fra gli interisti (praticamente è stato un incubo)

Angelo ha 34 anni e, da quando ne ha memoria, tifa Atalanta. Da quando andava a Sarnico a spintonare per poter vedere fugacemente Strömberg e compagni salire sul pullman. Da quando quella magica Dea (che è sempre magica, ma quella là un po’ di più) lo fece innamorare del pallone. Questa è una premessa d’obbligo per la storia che stiamo per raccontare, ovvero quella di un atalantino che, per sbaglio, s’è trovato ad assistere a Inter-Atalanta dalla parte sbagliata, la Curva Nord. Non quella del Comunale, ma quella di San Siro, “covo” degli ultras nerazzurri meneghini.
L'amore per la Dea vince, sempre. La colpa è tutta dei suoi amici milanesi, Dario, Davide e Luca, che lo hanno convinto ad andare con loro ad assistere al primo match del campionato. Dopo un anno di pausa, Angelo è infatti intenzionato a fare nuovamente l’abbonamento alla Dea: perché allora non iniziare bene l’anno con una trasferta, esperienza che non provava da diverso tempo? Accetta il compromesso di non andare nel settore ospite, visto che gli amici sono interisti. Poco male. Peccato che i tre, a loro insaputa, giocano un tiro mancino ad Angelo, prendendo i biglietti al secondo anello verde. Nulla di male, se non fosse che proprio quello è il settore riservato agli ultras dell’Inter. Quando viene a saperlo, ad Angelo si gela il sangue: un conto è seguire la partita in mezzo ad altri tifosi interisti (inezia per chi s'è abituato ad essere fidanzato con una juventina sfegatata), un altro farlo proprio nel cuore del tifo avversario. Sconsolato non sa se partire all’avventura o meno, ma alla fine l’amore per la Dea vince. Come sempre.
[Angelo con gli amici interisti Dario, Davide e Luca]
«Iè töcc terù...». San Siro è lì, davanti a lui, pronto ad accoglierlo nella sua pancia. Il sorriso è tirato. La rampa di scale porta Angelo e i suoi amici alle porte della Curva. Lì un déjà-vu: tutti son vestiti di nerazzurro, tutti sono carichi a molla, la Curva è la Nord e alcuni ragazzi vendono le fanzine. Insomma, per un attimo ad Angelo pare di essere nella sua Pisani. Ma l’incantesimo dura pochi istanti perché ad accoglierlo c’è un “Olè Inter olè” che gli dà una piccola nausea. Mentre aspetta il via del match, decide di prendere la fanzine degli ultras, per compararla a quella di Sostieni la Curva, sua fedele compagna di mille partite. Anzi, a dirla tutta l’ha presa per uniformarsi alla massa. Si sa mai che qualche cicianèbia intuisca la sua vera fede. Tornato al suo posto inizia a guardarsi attorno e pensa che, alla fin dei conti, le differenze tra una curva e l’altra sono veramente poche: le emozioni che guidano chi è lì sono le stesse in tutti gli stadi. Sembra di essere al primo giorno di scuola. Nessuno parla di calcio, vedi solo tanti amici che si ritrovano dopo la pausa estiva. Come a Bergamo. C’è però una differenza: nella Pisani trovarne uno che non parla bergamasco è difficile quanto trovare il sole a Londra a novembre; qui, invece, sono «töcc terù». Va beh, come a Milano alla fine…
Bergamasco contadino! La partita inizia e la prima morsicata di lingua arriva già al secondo minuto, quando il Papu spara alle stelle un rigore in movimento. Mannaggiattè Papu. Il ritmo della partita poi sale, l’Inter attacca, tutti applaudono e anche Angelo applaude, ma la scivolata di de Roon e la parata di Sportiello. Dai che ci portiamo a casa un punticino d’oro! Ma la cosa veramente difficile da sopportare, lì in mezzo a quel covo di cicianèbia, sono quelli che passano il tempo a insultare gli avversari, cioè gli atalantini come Angelo. Il tipo seduto davanti a lui aveva una strana passione per i “vaffa” rivolti a ogni giocatore della Dea che finiva per terra. Angelo decide di conformarsi, ma i “vaffa” li rivolge tutti verso l’interista. All’improvviso una voce, che diventa un’onda, che diventa un coro che fa tremare gli spalti: “Bergamasco contadino, hai le pecore in giardino!”; e poi “Voi che tifate Atalanta avete un sogno nel cuore: comprare un bel trattore, comprare un bel trattore!”. Gli amici di Angelo, coinvolti dall’atmosfera goliardica, si adeguano. Peccato che la casetta nelle valli orobiche se la sono presa, i traditori!








Più passano i minuti più diventa difficile tenersi tutto dentro. A un certo punto quel cavallo pazzo di Dramè compie un grande intervento: «’Azz… grande Dramè!» gli esce dalla bocca, quasi senza accorgersene. Il tipo davanti, quello dei “vaffa” si gira. Lì allora è l’amico Dario a fargli spalla: «Ah, sai anche i nomi dei giocatori dell’Atalanta?». «Ma và, giusto quei due o tre…». Pòta, già Dramè ne fa una giusta ogni cento, almeno quella volta è dura stare zitti.
Si soffre, come sempre. La ripresa è una sofferenza inaudita, tipo quando hai la vescica piena e non c’è un bagno nel raggio di 15 chilometri. Sei li che stringi mani, denti, gambe e ogni parte del tuo corpo. Zitto, ammutolito, Angelo spera solo che Reja tiri uno saatù come si deve a quel codèr di Carmona. Ogni tiro dell’Inter è un bacio mentale mandato a Sportiello. Ogni scivolata imbroccata da Stendardo gli pare un dono della provvidenza. Dario, Davide e Luca sono gasati, il forcing dell’Inter diventa adrenalina nei cuori dei tifosi. Angelo si guarda intorno e balbetta: «Calma ragazzi, calma». Non sa se a loro o a sé stesso. Di certo sa che la sua non è prudenza, ma spudorata speranza. 5 minuti di recupero, qualche applauso, un “vaffa” nel vuoto. Di Angelo naturalmente. Altri cinque minuti di maledetta sofferenza.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.

La trasferta a Milano di Chei De La Coriera.
Ci rivediamo a Bergamo. E poi, alla fine, succede. Lo vede bene dal suo posto; lo vede bene quel codeghì di D’Alessandro che si lamenta e si dimentica che, forse, sarebbe meglio difendere; lo vede bene Jovetic che prende palla e guarda la porta; lo vede bene che appena mette un piede nell’area nostra è pronto al tiro; lo vede bene il pallone che si insacca mirabilmente nella porta, con Sportiello che può solo guardare, immobile. Attorno a lui è il delirio, un boato, come se fosse scoppiata una bomba. Tutti si abbracciano, lui viene spintonato e strattonato di qui e di là. Ma Angelo rimane immobile, a guardare il cielo. La pioggia cade battente mentre Calvarese fischia la fine, e Angelo è ancora lì, a guardare il cielo. Prende la fanzine e, con calma, la fa in mille pezzettini. Poi, come coriandoli, la lancia in cielo. Come è facile nascondere l’amarezza e la delusione nel marasma della gioia altrui, pensa. Ma soprattutto pensa che non c’è niente di più bello che tifare Atalanta. Cari cicianèbia, ci vediamo al ritorno, a Bergamo. Questa volta, però, nel settore giusto.