Secoli di storia

L'epopea dei Bosco di Osio Sotto

L'epopea dei Bosco di Osio Sotto
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«Quando i nonni si sono trasferiti a Osio Sotto venivano lui da Treviglio e lei da Calolziocorte. Il nonno era a capo dei contadini e vivevano in una casa a cortile in via Garibaldi. Era il 1897». La storia di famiglia di Giuseppe Bosco è lunga più di un secolo. Proprietario in passato di un panificio, oggi Giuseppe ha 86 anni e, come dice l'antico adagio, la pagnotta se l'è guadagnata veramente. E come lui anche il padre, in tempi di pace e di guerra, sin dal 1930. Il bello oggi è raccogliere tutte le briciole e scoprire una storia che nella sua semplicità nasconde grandi avventure.

Il padre di Giuseppe, Francesco, nasce nel 1899, primo di sei fratelli. Come lui, qualcuno di loro si darà al commercio, altri due, Giovanni e Alessandro, sceglierà la via ecclesiastica: «Zio don Giovanni fu cappellano militare in Russia nella seconda guerra mondiale. Zio Alessandro passò 21 anni in Cina come missionario. Furono anni turbolenti. Tornò nel 1952 quando il Papa riuscì a fare rientrare in Italia lui e altri missionari. All'epoca in Cina c'era la Rivoluzione e lo zio rimase in carcere per un mese. Quella in Italia fu solo una pausa però. Ripartì e passò altri vent'anni in missione», racconta Bosco. Nel 1911 con i figli ancora piccoli i Bosco vedono la perdita del capofamiglia: «Il 31 agosto del 1911 mentre stava controllando che il frumento non si bagnasse durante un acquazzone il nonno morì fulminato. La nonna, rimasta vedeva a 35 anni, dovette lasciare il paese per l'ostilità delle mogli dei contadini che avevano lavorato per il nonno. A novembre caricano tutto su un carretto e si ritirano a Treviglio».

La famiglia lasciò il paese ma i figli avevano ancora gli amici a Osio Sotto, sentivano forte la festa di San Donato e non passò molto prima che rientrassero. Nel 1930 Francesco, il padre di Giuseppe, tornò e andò ad abitare in corso Vittorio Veneto. Costruì la casa dove oggi la famiglia Bosco ancora vive. Al pian terreno, sotto l’abitazione, aprì la sua attività: un biscottificio. «Per avere la licenza di pasticceria dovette fare la tessera del fascio - ricorda Bosco - che serviva anche per acquistare le materie prime. Il biscottificio rimase aperto per dieci anni». La macchina del padre era una delle prime auto che giravano per il paese: «Nel 1931 installarono il distributore di benzina. E qui a Osio c'erano tre macchine. Una era quella del papà, una berlina con la capotte, che serviva anche per trasportare la merce; poi c'era quella del grossista di macelleria e quella dell'officina che faceva anche un po' di servizio pubblico».

Il pane arrivò con la crisi. Nel 1939 iniziò la Seconda guerra mondiale e i rifornimenti cominciano a scarseggiare. La fabbrica di biscotti non lavorava più e quindi si decise di cambiare attività. Dalla pasticceria al pane. All'epoca in paese c'erano altri tre forni, ma il «pà del Bosco» era diverso: «Gli altri facevano il pane in forni a fuoco diretto, papà aveva un forno a brevetto tedesco a riscaldamento indiretto, è per questo che non ebbe problemi a ottenere la licenza per il panificio».

Nel 1945 toccò a Giuseppe mettersi al lavoro e nel 1957 prese definitivamente le redini del panificio: «Prima dell’arrivo dei macchinari facevamo tutto a mano. Nei primi anni mi alzavo alle 4 per finire e lavoravo anche per la sala cinematografica dell’oratorio. Poi il lavoro è aumentano ci si alzava alle 3 e si finiva di lavorare alle 11». Con la nascita di Zingonia il lavoro cominciò ad aumentare ma l’ammodernamento delle attrezzatura diede una mano. Ricorda Bosco: «Se mio padre produceva al massimo 30, 40 chili di pane al giorno, io sono arrivato a tre quintali. Però con le macchine, due persone in laboratorio erano più che sufficienti». Il forno dei Bosco è stato in attività per 48 anni. Fino al 1988. «Anni di lavoro duro - racconta - e le ginocchia oggi ne risentono».

A partire dall'epoca del padre di Giuseppe, dagli Anni Trenta, tutto è documentato con foto e carteggi dell'epoca. La scatola dei ricordi del signor Bosco racchiude preziosi cimeli. Le foto che più gli sono care sono un primo piano dei nonni e quella della nonna Anna con i figli già grandi, rigorosamente in bianco e nero. Ma ci sono anche il logo del panificio, le foto dello zio in Russia, il diploma di laurea originale in medicina del marito della zia del 1921, persino la tessera del fascio del padre. Nel racconto del signor Bosco manca un tassello e lancia un appello ai lettori di Bergamopost: «Vorrei conoscere meglio quei 13 anni dal 1898 al 1911: dall'arrivo dei nonni a Osio Sotto fino alla morte del nonno. Sarei curioso di ricostruire la loro storia, attraverso documenti o racconti di familiari dell'epoca. Spero di rintracciare qualcuno che mi possa aiutare».

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