Il tempio del gusto

Metti un piatto alla Brughiera Dove è tanto di... cappelletto!

Metti un piatto alla Brughiera Dove è tanto di... cappelletto!
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Foto ©BergamoPost/Devid Rotasperti.

 

Sono nella carta del ristorante ormai da qualche anno e hanno decisamente superato la prova del tempo, conquistando il palato dei clienti. Zucca Zola e Zenzero sono i cappelletti diventati, come spesso accade alle creazioni più riuscite, e forse anche inaspettatamente, un’icona dell’Osteria della Brughiera di Villa d’Almè, in via Brughiera 49. Nati dalla fantasia del padrone di casa, Stefano Arrigoni, spirito raffinato e vero e proprio principe da salotto, sono stati delegati alle mani esperte dello chef Paolo Benigni, che dietro le quinte regge magistralmente la cucina, interpretando tradizione e creatività.

 

Osteria della Brughiera, Villa d'Almè.

 

Probabilmente, oltre alla bontà del piatto in sé, dichiarata già nel nome e che non lascia nessun dubbio al palato, c’è qualcosa di più. Oltre al loro perfetto equilibrio tra consistenze e freschezze, che sfugge al pericolo della dolcezza travolgente del tubero autunnale per antonomasia. Un piatto che è un piccolo omaggio alla tradizione secolare e tutta italiana della pasta fresca, con un preciso spunto (e qui sta la differenza) rubato alle cucine d’avanguardia, prendendo a prestito gli stilemi estetici che permettono l’unica rivisitazione possibile di un piatto secolare con la giusta intelligenza. È un buon esempio di quello che gli accademici del gusto chiamano la vertigine in cucina: un piccolo effetto shock che cattura l’attenzione del commensale e lo costringe alla concentrazione sul piatto.

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Quantomeno perché i cappelletti, piccoli e precisi, sono presentati singolarmente, schierati come un esercito nudo su un tovagliolo bianco candido. Esposti come sono all’aria, tendono a perdere la loro umidità e il calore di cottura, un equilibrio che l’ospite è chiamato a ristabilire prontamente intingendoli nella fonduta a base di zola che accompagna i manicaretti arancione brillante. Uno per uno, con un gesto obbligato che passa attraverso la pinza preparata come unica posata di servizio alla vostra destra. Valorizzando da una parte ogni singolo pezzo nella costruzione del suo sapore compiuto (compito che, ancora una volta, è rimesso a voi) e dall’altra rompendo la routine del gesto mascherato dalla quotidianità di portare il cibo dal piatto alla bocca.

Questo è sicuramente uno dei tanti motivi per programmare un’esperienza qui, l'altro è di certo l’esperienza stessa. Non a caso a Bergamo si dice, tra addetti ai lavori o semplici appassionati, che l’Osteria della Brughiera detiene il primato di ristorante più accogliente. Ora, che sia proprio al primo posto non possiamo dirlo, dopotutto a noi non piacciono le classifiche, ma che sia tra i primi a essere consigliato non ci sono dubbi. Il talento di Arrigoni è stato quello di aver interpretato il ristorante come luogo dell’accoglienza, con il giusto grado di formalità, ma anche con la capacità di ricreare un salotto prima ancora che una sala di servizio.

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Da una parte il rustico nascosto nella brughiera bergamasca, dall’altra, la cantina-essicatoio che rievoca la tradizione famigliare della norcineria (finalmente una Berkel che non sia fuoriposto, o relegata a semplice soprammobile). E poi, ovviamente, la meravigliosa sala da pranzo, con tanto di camino e tappeti damascati sotto ai tavoli che lo hanno reso, sì, uno dei ritrovi più sinceramente accoglienti. Quasi superfluo parlare della bella carta dei vini, dove si possono trovare anche chicche (si veda alla voce champagne e riesling), inutile parlare della qualità della materia prima, stagionale e d’eccellenza, con uno sguardo al territorio, scontato infine fare cenno al servizio, elegante e mai invadente. Se ci passate una sera, soprattutto adesso, con l’inverno incipiente, probabilmente diventerà uno dei vostri posti preferiti.

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