Una nuova candidatura all’Unesco con Gori a fianco della Tour Eiffel

Le immagini di Giorgio Gori che parla con la Tour Eiffel sullo sfondo sono legittimamente suggestive. La candidatura di Bergamo a Città Creativa Unesco per la gastronomia procede: un altro tassello è stato aggiunto ieripomeriggio, intorno alle 19, a Parigi, nelle sale della sede del Patrimonio Mondiale in Place de Fontenoy. La delegazione bergamasca, capitanata dal sindaco e composta da Francesco Maroni, presidente dell'Associazione San Matteo le tre Signorie, Giuseppe Biagini per Iktius e Ferdinando Quartironi dell’Agriturismo Ferdy di Lenna ha raccontato l’idea di candidare Bergamo nel novero delle circa 180 Città Creative Unesco. Ad accogliere la delegazione l’ambasciatore all’Unesco Massimo Riccardo e i membri permanenti del Patrimonio Mondiale.




La recentissima manifestazione Forme ha attirato moltissima attenzione a livello non solo locale, ma continentale sulla grande esperienza e tradizione del territorio bergamasco per quel che riguarda il saper fare formaggio e prodotti caseari. Al centro della presentazione di ieri all’Unesco grande spazio infatti ha trovato proprio il know-how e la grande sapienza di Bergamo nell’arte casearia, con i suoi 30 formaggi tradizionali, 9 Dop e 3 presidi Slow-Food a dimostrazione.
Gori in inglese. Nel suo intervento al settimo piano del palazzo Unesco, Gori ha sottolineato (rigorosamente in lingua inglese) il mix di cultura e talento antichi alla base della tradizione manifatturiera e artigiana bergamasca: «Nel nostro Paese esistono 50 formaggi Dop, solo a Bergamo ve ne sono 9: nessuna provincia in Europa può vantare un record simile. Una conoscenza antica, quella dei bergamini che hanno sviluppato nel trattare il latte e creare una straordinaria varietà di formaggi. I bergamini hanno diffuso le loro conoscenze e il loro saper fare lungo la valle del Po, divenendo protagonisti della nascita e dello sviluppo dell’industria casearia italiana, tra le più prestigiose del mondo. Questi formaggi sono un vero simbolo del nostro territorio, nel quale pratiche tradizionali, accompagnate dall’abilità di stringere relazioni commerciali, ci hanno consentito di proteggere la bellezza dei luoghi, rendendoli un modello di sostenibilità».
Preoccupazione per lo spopolamento in valle. Gori ha anche dimostrato la preoccupazione che accompagna il fenomeno dello spopolamento delle valli bergamasche, preoccupazione che è la «ragione principale dell’alleanza che il capoluogo stringe con i territori che lo circondano. Vogliamo promuovere questa grande eredità: vogliamo ripristinare la centralità e l’importanza economica delle nostre valli del formaggio, perché siamo convinti che l’antica conoscenza che le pervade possa determinare la rinascita di questa meravigliosa terra di montagna».
Libri e taragna per tutti. La delegazione di Bergamo (in una candidatura che comprende anche territori del lecchese e della Valtellina, entrambi parte delle Cheese Valleys a cui il progetto Unesco si riconduce) ha distribuito il libro “Le Valli dei formaggi - la culla dell’arte casearia delle valli orobiche”, realizzato per l’occasione e a cura di Giuseppe Biagini di Iktius: 140 pagine presentate sabato scorso a Palazzo Moroni nell’ambito della manifestazione Forme, pagine nelle quali si dimostra la grande tradizione storica della creatività casearia di Bergamo e l’influenza che quest’ultima ha saputo esercitare nel mondo per quello che riguarda l’artigianato caseario. A corroborare ulteriormente il progetto di Bergamo l’agriturismo Ferdy ha preparato una degustazione di prodotti per oltre 200 persone proprio nella sede di Unesco: i migliori formaggi orobici e polenta taragna orobica sono entrati nella sede del Patrimonio Mondiale, contribuendo a dimostrare la validità e la forza della candidatura di Bergamo.