Passeggiata d'inizio '900 in città Con tutti i suoi buffi personaggi

In ogni città ci sono luoghi che si frequentano spesso, ma si conoscono poco, che si vedono tutti i giorni, ma non si guardano mai, che conservano in disparte e in silenzio una bellezza o una curiosità da rivelare, una storia o una cronaca da raccontare. Anche Bergamo è una città meno scontata, più intrigante, divertente, se non sorprendente, per un cittadino con occhiali da turista alla luce del caldo estivo. Basta qualche passeggiata. Si potrebbe cominciare su una panchina dei giardini pubblici del centro, popolato, oggi come un tempo, non solo di monumenti, anche di macchiette.
Se i primi sono gli stessi dopo oltre un secolo di vicissitudini, le seconde sono meno bohémien e meno umoristiche di quelle che si aggiravano all’alba del Novecento e che artisti - quali i pittori e illustratori Giovan Battista Galizzi e Alfredo Faino, il fine “intarsiatore” Giulio Masnaga detto Fra’ Topolino - hanno ritratto con ironia, distaccata e scanzonata, né indifferente né insensibile. Infatti, dalla fine dell’Ottocento fino a metà del secolo scorso, il vicolo alle spalle dei giardini, accanto a uno dei Propilei, è la sede della piccola stazione del tram, frequentata non solo da passeggeri e facchini, ma anche dalle più note macchiette della città.
Non mancano mai i perditempo come Dolcini, inconfondibile con sacco in spalla, gabbano, gavetta e berretto da militare, e il burbero venditore di fiammiferi soprannominato Sindech de Pórta Nöa. Mentre il Nano di Zogno vende i biglietti delle lotterie, l’allampanato Interprete chiede l’elemosina alla stazione facendosi passare per poliglotta; mentre il panciuto Nando frequenta i caffè del Sentierone, il barbuto Giovanni Medici intrattiene michelacci e passanti con eloquio tanto solenne quanto ridicolo. Non sono da meno i discorsi tenuti da Giovanni Servalli detto Barba, su piccole tribune improvvisate lungo il Sentierone, dinanzi alla chiesa di San Bartolomeo; questo cantastorie, lustrascarpe e attacchino è noto anche per l’abitudine devozionale di accendere ogni sera una lampada a olio ai piedi della statua di San Giovanni Nepomuceno, sul ponte della Morla, in Borgo Palazzo.
Alcune macchiette erano particolarmente stravaganti. C’era per esempio Prassitele Deleidi che, come tramanda lo studioso di storia e cultura bergamaschi Umberto Zanetti, era un ospite inoffensivo del manicomio allora esistente ad Astino, a seguito di un incidente durante i suoi trascorsi militari: nel 1848 si era arruolato nell’esercito piemontese, aveva partecipato alle Cinque giornate di Milano e combattuto, con il grado di sottotenente, al fianco dei Garibaldini a Luino e a Sesto Calende. Ogni giovedì di libera uscita lo si poteva vedere in cima alle Mura: si metteva a dirigere un'invisibile battaglia dagli spalti e rivolgeva il saluto militare a chi, conoscendo il suo passato, lo salutava con deferenza incrociandolo lungo i bastioni. Era alto e robusto, con lo sguardo scintillante e l’espressione seria, vestiva stracci colorati e portava un bastone con fronzoli, una scimitarra sul fianco sinistro e una grande cartella con i suoi “piani di battaglia”.