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Quella volta in cui, dieci anni fa feci suonare Motta e gli Zen Circus

Quella volta in cui, dieci anni fa feci suonare Motta e gli Zen Circus
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Foto "d'epoca" di Monelle Chiti

 

Funziona che l’incedere del tempo lo abbiamo sempre scandito suddividendolo sugli anni delle scuole elementari, delle medie, delle superiori e di tutto quanto il resto. Il sistema regge fino a quando trovi un lavoro, però. Entri in ufficio che hai vent’anni e la prima pausa caffè la vedi ai trentacinque. Io poi, che faccio a gomitate con la caffeina, ai quaranta mi sono preso la prima merendina. Allora rivoluzioni i conteggi e cerchi di ritarare tutto quanto sullo scandirsi dei campionati di calcio. Il Milan di Sacchi, il Parma di Scala, Roma e Lazio campioni, il Palermo in Europa, il triplete ambrosiano e ancora tutto quanto il resto. Anche questa volta il sistema dura finché la Juventus si mette a vincere centinaia di scudetti consecutivi, e ti fa perdere il conto della tua cronologia pallonara.

Cosa ci resta allora? Come facciamo a ricordarci da quanto siamo fidanzati? Quanti anni di mutuo mancano? Quanti anni hanno compiuto i nostri figlioli? Semplice: c’è il Festival di Sanremo. Sospiro di sollievo. Profondo. Siamo salvi. Mio figlio Dante, per esempio, è nato nell’anno di Gabbani. Il primo bacio l’ho dato che Barbarossa cantava Portami a ballare. La mia macchina, di un arancione sconcertante, l’ho comprata con la splendida vittoria degli Avion Travel. Insomma, avete capito come funziona, no?

69th Sanremo Music Festival 2019
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Motta a Sanremo 2019

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Appino degli Zen Circus a Sanremo 2019

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Facciamo l’esempio principe e risolviamo definitivamente la faccenda. Pubblicare foto di dieci anni fa è il nuovo trend social. #10YearsChallenge è una sfida molto divertente, che ti porta a scendere a patti con gli anni che passano. Quindi, se questo Festival 2019 ha visto come protagonisti i The Zen Circus e Motta, perché non chiedersi che colori avesse la loro istantanea del 2009? Dieci anni fa, al festival della canzone italiana, vince l’inutile Marco Carta e un vergognoso Povia porta Luca era gay, arrivando secondo in classifica e ultimo per dignità. E io dirigo all’Amigdala Theatre di Trezzo sull’Adda il primo Neverland Festival al chiuso con The Zen Circus, Lombroso, Samuel Katarro e un sacco di altra brava gente.

Conoscevo da qualche anno gli Zen e i rapporti sono sempre stati molto amichevoli. Tanto che spesso si finiva a parlare anche delle faccende non musicali. Quella volta, Appino (cantante riccio della band) mi presenta il Motta, fratello della sua ex morosa e attuale (di allora) fonico del gruppo. Che quando era più ragazzino se lo portavano dietro ai concerti, che caruccio. E niente, si deve partire in fretta. Il locale è piccolo e si deve lavorare per le tante tante persone sopra e sotto il palco. Anzi, i palchi. Dentro, immersi tra le meravigliose immagini proiettate sulle pareti, suonano i “grandi” e fuori, in uno spazio un po’ più sacrificato, suonano quelli che “grandi potrebbero diventarlo”, finalisti del contest di Neverland. Tralasciando il chi canta come e il chi suona cosa, ricordo la lunghissima giornata soprattutto per una serie di motivi che ci tengo a raccontarvi.

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Motta dieci anni fa

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Motta dieci anni fa

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Motta dieci anni fa

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The Zen Circus dieci anni fa

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The Zen Circus dieci anni fa

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The Zen Circus dieci anni fa

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The Zen Circus dieci anni fa

Primo fra tutti, soprattutto per assurdità, succede che il fonico residente del locale non permette a nessuno di toccare il mixerino digitale con i tastoni giganti che si illuminano. Nemmeno al Motta, proprio zero, costretto a suggerire le operazioni da compiere senza riuscire a spippolare in autonomia neppure per un secondo. Fa niente, è successo, soprassediamo facendo scegliere a tutti le pizze per la cena. Nessun gusto complesso, anzi, roba basica come i concetti di un Cristicchi qualsiasi. Una biro che non scrive e un foglio che cerco di tenere ordinato per distinguermi in chiarezza. Ma niente. Arrivano solo margherite. È andata storta con la tecnica, non benissimo con la cena, allora speriamo di recuperare con gli affetti familiari. Mia sorella, quella sera di vedetta al servizio bar, a distanza di tutte queste edizioni di Sanremo, ancora mi zittisce durante i pranzi domenicali dicendomi di tacere. Perché io sono quello che ascolta e fa suonare i gruppi alternativi che cantano «che gente di merda, che gente di merda» (cit. The Zen Circus). E anche la famiglia ce la siamo giocata.

Poi soltanto cose belle, che a pensarci mi si riempie cuore. I Red superfighi Worm’s Farm, nell’unica volta che sono riuscito a metterli sopra a un palco; il mio primo concerto dei Bancale; il record di ingressi del locale. E tutto quanto il resto. Che bomba. Quella stessa estate chiamai i Criminal Jokers, la band di un Motta bimbo e un Francesco Pellegrini ancora non passato al circo zen a suonare al Rock Island Festival di Bottanuco. Vi prego di guardare con attenzione le foto qui allegate per notare la faccia da ragazzino di un Appino (il frontman degli Zen, per l'appunto) pronto alla chiamata del militare. E di fare mente locale sul fatto che dieci anni dopo non esistono più né Rock Island Festival e né Neverland Festival.

Ma resta il ricordo e tutta questa montagna di piccole storie che è bello raccontare agli amici mentre si sorseggia una birra fredda. Sempre che non ti vada di traverso. Sapendo che cambia tutto quanto nelle nostre vite, ma che il Festival di Sanremo resiste fiero e rassicurante. Come l’ossatura di un calendario che, vi ho dimostrato, funziona davvero.

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