Cosa vogliamo perdere?

Sull'aeroporto e il suo futuro

Sull'aeroporto e il suo futuro
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4 gennaio. La notizia è confinata a pagina 13 de L’Eco di Bergamo in una lettera, apparentemente innocua, firmata da due personaggi di spicco del centrodestra cittadino: l’ex sindaco Franco Tentorio e il suo vice Gianfranco Ceci. Titolo dell’intervento: «La gestione di Orio resti in mani bergamasche». Un buon motivo per passare oltre: sarà la solita storia delle alleanze con Montichiari o con Milano. E, invece, no.

La posizione di Ceci e Tentorio. Nell’ultima colonna Ceci e Tentorio avanzano due proposte, o meglio due richieste, spiazzanti: la limitazione del numero dei voli e l’eliminazione dei voli notturni, invitando, nel secondo caso, ad agire «oggi, non forse nel 2020». Da dove nasce una così decisa - e improvvisa - presa di posizione? Il centrodestra cittadino ha cambiato linea su l l’aeroporto o si tratta di un’iniziativa a titolo personale dei due (oggi) consiglieri comunali d’opposizione? Insomma, si tratta di una boutade pre-elettorale o di una meditata e attenta conclusione, giunta dopo studi e analisi approfondite? Non è dato sapere. Resta però il fatto che ex sindaco ed ex vicesindaco si sono dichiarati disponibili a perdere parte del valore di Sacbo, e più in generale dell’aeroporto, per garantire una vita più tranquilla ai quartieri della città tormentati da decolli e arrivi. Una posizione inedita. Ma quanto ragionata non è dato sapere.

 

 

Numeri da capogiro. Cos’è oggi l’aeroporto Se Bergamo, anche in tempi di crisi, è cresciuta, lo deve principalmente alla porta di accesso di Orio. Da qui viene il 26 per cento di turisti in più registrati in tutta la provincia nel 2017; da qui viene la diffusione dei bed&breakfast e degli alberghi in città e nell’hinterland; da qui la fioritura di ristoranti e imprese del food. Per non parlare di quanto ha significato lo scalo nella visibilità europea e internazionale della città. I numeri sono impressionanti. Cifre che attestano una crescita costante dello scalo bergamasco, diventato motore di sviluppo nel momento in cui l’industria ha segnato il passo e l’edilizia è crollata. Proprio per questo, dichiararsi ora disposti a perdere passeggeri e quote di mercato - e quindi ricchezza -, liquidando il tutto con un «ce ne faremo una ragione» sembra azzardato.

La fragilità dell’aeroporto. Certo, Orio è un grande aeroporto in un piccolo spazio a ridosso della città. E questo rappresenta un limite insuperabile. Al quale si aggiunge, per la società di gestione, la Sacbo, una struttura ormai inadeguata. La maggioranza è infatti detenuta da un “patto di sindacato” fra le componenti bergamasche, tra le quali ci sono due banche, Ubi e Banco Bpm, che bergamasche non lo sono più. Un nodo che col passare del tempo verrà al pettine, imponendo a Orio, se vuole sopravvivere, di entrare in un gioco più grande. Da qui l’ipotesi dell’alleanza di Sacbo con Milano o con Montichiari. Due scenari molti diversi, ma con lo stesso rischioso risvolto possibile: la perdita di controllo dell’aeroporto e di ricchezza. Ed è proprio questo elemento ad avere finora frenato tutte le trattative.

 

 

Da un lato, con Milano, ci si alleerebbe con una realtà forte e consolidata, Sea, ma con un ruolo per forza di cose di netta minoranza. Significherebbe, in soldoni, contare non più del 15 per cento in questa ipotetica alleanza. Dall’altro, con i bresciani, non solo saremmo costretti a investire direttamente per lanciare l’aeroporto di Montichiari, ma lo dovremmo fare in una posizione di minoranza rispetto ai soci locali e veronesi. Da qui, lo stallo. Che per ora influisce poco sui numeri di Orio, in costante crescita. In questa situazione, pensare di “bloccare” lo sviluppo di Orio rischia di essere una scelta suicida.

La ricchezza dell’aeroporto. Quel che è certo, è che i risultati raggiunti da Sacbo in termini economici hanno permesso da anni di non pesare più sugli azionisti, che anzi raccolgono i frutti dei successi grazie ai dividendi. E questo è un dato importantissimo, anche perché all’interno dell’azionariato ci sono più enti pubblici, in primis Comune e Provincia. A questo si aggiunge il fatto che Sacbo aiuta a sostenere iniziative dalle quali il pubblico è sparito, perché non ha più risorse. Basti ricordare che cosa ha fatto per il Donizetti e per la Carrara. Siamo disposti a rinunciare a questi vantaggi? Ma soprattutto, possiamo permettercelo?

 

 

Cosa siamo disposti a perdere. È indubbio che questa crescita comporti degli svantaggi per qualcuno, ovvero i residenti nelle vicinanze dello scalo, che negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti con un importante aumento dei voli e, quindi, anche del rumore. Ed è ovvio che non si possano avere più passeggeri, più merci e la gente contenta. Da qui l’idea - avanzata anche dal sindaco Giorgio Gori - di cancellare i voli notturni almeno in una fascia oraria minima (dalle 24 alle 6). Ma quanto costerebbe questa scelta? Per i sostenitori, poco, perché si tratterebbe soltanto di riallocare i voli-merce di quelle ore in altre fasce orarie; per i contrari, invece, il danno per le aziende bergamasche sarebbe notevole, perché molte sarebbero costrette a rivolgersi a Malpensa. In sostanza, dobbiamo capire che cosa vogliamo fare, dopodiché scegliere una strategia. Non ci si può affidare a lettere aperte.

Stesso discorso per il tetto al numero dei voli, che è un dato alquanto aleatorio perché legato a diversi fattori, non tutti preventivabili. L’ultimo bollettino dice, ad esempio, che il numero dei voli è cresciuto, ma il rumore non è aumentato in modo proporzionale, dimostrando come l’aumento dei passeggeri non comporti necessariamente delle conseguenze negative sui cittadini. Negli anni, sono cambiate le procedure di decollo e sono arrivati nuovi aerei meno rumorosi, e negli anni a venire, le flotte delle principali compagnie si ammoderneranno ulteriormente. Fissare un limite senza tener conto del l’evoluzione tecnologica finirebbe per danneggiare l’aeroporto. Senza contare il problema dell’affidabilità verso le compagnie aeree in costante ascesa, che si troverebbero a porsi un limite in precedenza non previsto.

 

 

Serve una vera riflessione. Quel che appare evidente è che l’aeroporto è oggi il perno attorno al quale ruota l’economia del nostro territorio (senza dimenticare il ruolo fondamentale che stanno giocando l’ospedale e, negli ultimi anni, l’università sia in termini di investimenti sulla città che in termini di connessioni con il resto dell’Europa). Discutere una questione così delicata e complessa in piena campagna elettorale rischia di ridurre tutto a un gioco delle parti. Bergamo oggi ha due cose: il turismo (e abbiamo bisogno di Ryanair) e le esportazioni. Mettere in discussione l’aeroporto vuol dire mettere in discussione un sistema.

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