Due salti nel reinserimento dello stambecco sulle Orobie
Giugno, i sentieri sono liberi dalla neve e arriva il momento delle escursioni in montagna. Elemento imprescindibile del paesaggio alpino bergamasco è lo stambecco. Animale da roccia e non da bosco, prettamente diurno, abbastanza confidente, ha per questi motivi un grado di visibilità elevato. Quale escursionista può dire di non averlo almeno scorto da lontano durante una passeggiata? Ci sono poi casi in cui lo stambecco stesso si avvicina senza paura al mondo antropico.
Ma val la pena di ricordare all’escursionista medio bergamasco che non sempre è stato così. Gli attuali 1.600 capi stimati sulle Orobie sono il frutto di un reinserimento voluto e ragionato, nemmeno tanto lontano.
Infatti lo stambecco (Capra ibex), anche se oggi il suo stato di conservazione viene considerato a rischio minimo, è stato un tempo a un passo dall’estinzione. Presente fin da tempi lontani sulle montagne lombarde, come testimoniato dalle incisioni rupestri raffiguranti la vita dei Camuni in Val Camonica, popola l’arco alpino fino al XV secolo, ma successivamente viene sottoposto ad uno sterminio determinato da due fattori: la sua carne e le presunte proprietà terapeutiche attribuite a varie parti del suo corpo (le corna, lo stomaco, il sangue). Nel XIX secolo non rimane che qualche centinaio d'individui sulle Alpi italiane e francesi e se non fosse stato per la famiglia reale italiana oggi probabilmente non potremmo più ammirarlo.
Effettivamente i circa 100 esemplari avvistati in Valle d’Aosta, quando già si riteneva che lo stambecco fosse estinto in tutta Europa, vennero salvaguardati dalle prime misure protettive nel 1821 (Regie Patenti emanate dal re Carlo Felice), mentre Vittorio Emanuele II istituì ufficialmente nel 1856 la Riserva Reale di Caccia del Gran Paradiso, dove per suo ordine lo stambecco veniva protetto da un corpo di vigilanza formato da una cinquantina di addetti.
Questa colonia, che si attesta solitamente ad una media di circa 3.000 capi, ha consentito, direttamente o indirettamente, la ricolonizzazione di diversi settori dell’arco alpino (oggi lo stambecco, oltre che in Italia, è presente in Francia, Svizzera, Austria, Germania, Slovenia, Bulgaria).
Anche le Orobie devono la presenza dello stambecco all’inserimento di capi provenienti dal Parco nazionale del Gran Paradiso. Tale inserimento è avvenuto a partire dal 1987 attraverso il Progetto Stambecco Lombardia, un progetto promosso dal Servizio faunistico della Regione con la collaborazione scientifica del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Milano e realizzato dal Servizio Faunistico-Ambientale della Provincia.
Gli 89 capi reinseriti non solo si sono via via moltiplicati (un censimento realizzato nel 2002 ne contava 408) fino ad arrivare agli attuali 1600, ma hanno anche progressivamente ampliato la propria area di distribuzione.
L’escursionista medio bergamasco si ricordi dunque che lo stambecco appena avvistato c’è perché qualcuno lo ha riportato sulle nostre montagne. E se è molto fortunato potrà osservarlo alla finestra mentre lecca il sale che trasuda dal cemento, sale di cui è particolarmente ghiotto proprio in queste giornate calde di giugno in cui cambia il manto.