Sulle tracce di San Bernardino a Bergamo
Per il settimo anno consecutivo la Parrocchia e il Centro Culturale delle Grazie organizzano tra il 19 e il 20 maggio il Dies Bernardinianus, un palinsesto di eventi condensati attorno alla festa liturgica del santo, che ricorre il 20 maggio di ogni anno. Le celebrazioni si prefiggono di riscoprire l’importanza della presenza del francescano Bernardino da Siena (1380-1444) a Bergamo all’inizio del Quattrocento. Bernardino giunse nella nostra città nel novembre del 1419, proveniente da Treviglio e Caravaggio, comunità che aveva provveduto a riappacificare, perché insanguinate dalle accese lotte tra le fazioni guelfa e ghibellina.
Cristoforo Baschenis il Vecchio, Storie di San Bernardino, Lallio, Chiesa di San Bernardino.
Il passaggio a Bergamo. In città, attraversata la Porta di Colognola (da cui l’omonima contrada, poi di San Bernardino e oggi Via San Bernardino in cui si erge la chiesa omonima), si stabilì nel Convento di San Francesco (ora sede del Museo Storico in Piazza Mercato del Fieno) e dopo una toccante omelia nella Basilica di Santa Maria Maggiore provvide a sanare dissidi interni gli abitanti. Il suo soggiorno è ricordato da un affresco conservato nella chiesa di San Bernardino a Lallio, opera di Cristoforo Baschenis il Vecchio e datato 1564, mentre nella chiesa francescana gli venne intitolata una cappella di patronato civico: il Consiglio comunale, infatti, volle onorare l’opera di San Bernardino e a soli due mesi dalla canonizzazione (30 luglio 1450) decretò che tale data fosse ascritta fra le feste e dedicata al santo toscano, che prima di riprendere il viaggio ordinò che si costruisse una chiesa nel luogo in cui gli apparse la Vergine (Chiesa delle Grazie, attuale Parrocchiale di Santa Maria Immacolata delle Grazie in Viale papa Giovanni XXIII). Grazie a questo nuovo cenobio nei secoli a venire i Minori poterono prendersi cura anche delle anime della Bergamo Bassa e assistere gli ammalati o gli esposti del vicino ospedale Ca’ Granda di San Marco.
Pinturicchio, Gloria di san Bernardino da Siena, Roma, basilica di Santa Maria in Aracoeli.
Vita di un santo. San Bernardino, il cui nome significa “ardito come un orso”, nacque l’8 settembre 1380 a Massa Marittima (oggi in provincia di Grosseto) dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi, che lo avvia agli studi universitari di tipo giuridico. Ma il giovane al diritto canonico preferisce lo studio della Teologia, la lettura della Bibbia e dei Padri e così si iscrive alla Compagnia dei Disciplinati della Beata Vergine Maria presso l’ospedale della Scala a Siena. Poco più che ventenne si dedica alla cura degli appestati insieme ad alcuni compagni e l’8 settembre 1402 fa il suo ingresso nell’Ordine dei frati Minori, a cui seguirà la sua professione di fede e la celebrazione della prima messa. Ma il suo destino è quello di portare la parola di Dio nel mondo e quindi inizia la sua predicazione nell’Italia centrale e settentrionale, tra Liguria, Piemonte e Lombardia, durante la quale si ritrova a divenire anche paciere tra le accese lotte di fazioni guelfe e ghibelline. Il suo grande successo è dovuto soprattutto all’eccezionale eloquenza e all’attualità degli argomenti trattati (gioco d’azzardo, usura, superstizione, lotte politiche). E con la stessa energia Bernardino riformerà il proprio Ordine. Muore il 20 maggio 1444 a 64 anni all’Aquila, sulla via per l'Umbria. Sei anni dopo, il 2 maggio 1450, papa Nicolò V lo dichiara santo. È il protettore dei predicatori, dei pubblicitari, dei lanaioli, dei tessitori e dei pugili ed è invocato contro le emorragie e la raucedine.
I luoghi di San Bernardino a Bergamo
Porta di Colognola e via San Bernardino
È una delle Cinque Vie che dall’antica Piazza della Legna (oggi Pontida) diramava verso le propaggini sud del centro, biforcandosi in Contrada Osio (Via Giovanni Battista Moroni) e appunto in Contrada Colognola (Via San Bernardino), che oggi prosegue nella “San Bernardino Bassa” fino a Colognola e poi Stezzano e Treviglio. Da qui entrò in città il futuro santo, predicatore, edificatore di chiese e pacificatore delle fazioni signorili cittadine.
Chiesa di San Bernardino in via San Bernardino
La chiesetta è indicata dalle fonti come San Bernardino in Porta Colognola e i documenti che la riguardano iniziano a parlarne dal XII secolo. Viene restaurata nel Quattrocento, citata nel 1565, sistemata a navata unica nella prima metà del Settecento e restaurata nell’Ottocento. Dal 1561 al 1571 viene assegnata con le case vicine ai Domenicani, rimasti senza dimora dopo le demolizioni veneziane del loro convento, finché le loro preghiere di lasciare «un borgo affollato, assordante e disturbato anche dal meretricio» saranno ascoltate: nel terzo quarto del Cinquecento lasceranno la Contrada di Colognola per occupare la chiesa e il convento degli Umiliati in San Bartolomeo, sloggiati per l’occasione. Nel 1720 è servita da due confraternite che provvedono a fornire la chiesa di opere e paramenti: quella in onore del santo titolare, che vestiva di bianco, e la Compagnia della Vergine Santa di Loreto fondata nel 1620.
Chiesa di San Bernardino in via Pignolo
La chiesa di San Bernardino in Pignolo sorge nella seconda metà del Quattrocento, dopo la canonizzazione del santo. Le notizie sono scarse e frammentarie, ma inizia ad essere citata con una certa regolarità a partire dal Cinquecento, quando nel borgo si insediano i ricchi mercanti e la nobiltà cittadina, che la corredano di sontuosi apparati tra cui dipinti, arredi, argenteria e broccati. Dopo un probabile restauro viene riconsacrata dal vescovo di Bergamo nel 1593. L’attuale foggia neogotica è frutto di un intervento del 1876 e di uno successivo del 1926. La chiesa con facciata a capanna è ad aula unica, scandita da cinque campate, di cui tre dovrebbero essere quelle risalenti al Quattrocento. Fin dalle origini è stata sede di una schola di Disciplini o Flagellanti, confraternita che alle comuni pratiche di pietà univa l’esercizio collettivo della flagellazione (“disciplina”) e portava la statua della Madonna in processione la prima domenica di maggio. I Disciplini della chiesa di San Bernardino erano noti a Bergamo con il nome di Bernardinelli o Scuola di Maria, spesso citata come Schola del GonfaIone dei Disciplini Bianchi, perché aggregata all’omonima arciconfraternita romana. È stata soppressa nel 1806 in seguito al decreto napoleonico, poi riconsacrata e tuttora attiva anche se limitatamente alla domenica mattina.
Chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie
La chiesa venne consacrata nel 1427, dopo che nel 1422 San Bernardino soggiornò per la seconda volta a Bergamo e ne ordinò la costruzione nei pressi di una precedente intitolata alla Carità (o a Santa Margherita?). Una descrizione di fine Cinquecento narra che la chiesa, dedicata all’Assunzione di Maria, e il convento erano bellissimi, quest’ultimo dotato di biblioteca, studio, spezieria e inserito in un bosco chiuso tra i broli. All’inizio del Settecento, invece, si parla della vastità dei chiostri: ai piani superiori si trovavano i dormitori, al piano terra le camere per il riposo e la meditazione, il refettorio, la spezieria, l’infermeria, i locali per la tosatura dei settanta frati; tutt’intorno si sviluppavano il frutteto, l’orto cinto da mirto, tabacco e ginestra, i pozzi, la stalla e il fienile oltre alla splendida cornice data dal bosco di salici, pioppi, olmi, frassini e querce. Tutto il complesso venne soppresso nel 1810 e quasi interamente abbattuto nel 1856, per favorire il nuovo assetto urbano della Città Bassa, spalancando il boulevard verso la stazione austro-ungarica nel 1857 e favorire il tracciato della Strada Ferdinandea verso l’abitato antico: la chiesa quattrocentesca fu completamente demolita e ricostruita in forme neoclassiche nel 1875 e dei quattro chiostri ne sono rimasti solamente due ancora visibili, uno di pertinenza della chiesa (pubblico e accessibile da Viale Papa Giovanni) ed uno dell’istituto bancario (privato in Via Gallicioli).
Basilica di Santa Maria Maggiore
Il primitivo edificio altomedioevale, documentato nel 774, era sussidiario alla vicina chiesa di San Vincenzo e utilizzato per la liturgia battesimale. A partire dal 1137 viene eretto in forme romaniche e per questo detto “Maggiore”: presenta uno schema planimetrico cruciforme, con il corpo longitudinale suddiviso in tre navate e un ampio transetto scandito in cinque campate rettangolari, chiuso sui fianchi da piccole absidi semicircolari contrapposte. A partire dal 1351 e per circa un quindicennio Giovanni da Campione, maestro comacino, venne impegnato nella realizzazione dei tre portali dell’edificio: quello principale a settentrione (1353), quello a meridione (1361) e il portaletto minore (1367) verso il Duomo. L’edificio, originariamente di proprietà comunale e identificato come “cappella della città”, data dalla sua utilizzazione per molteplici attività civiche, nel 1449 passa in gestione alla Misericordia Maggiore di Bergamo (MIA), che patrocinerà tutta una serie di interventi volti a modificare il suo aspetto: dal primitivo assetto romanico-gotico si passerà a quello più aggiornato in stile rinascimentale-barocco, cominciando con la demolizione forzata dell’abside nordoccidentale (sacrestia) per far posto alla cappella funebre (1472-1476) del condottiero Bartolomeo Colleoni (1395-1475), la costruzione della nuova sacrestia nel secolo successivo, la copertura della cupola e il fastoso rifacimento interno di epoca barocca, iniziato con l’arrivo degli arazzi di fattura toscana nel 1564 e poi di quelli fiamminghi nel 1698. Il campanile viene completato nel 1591, dopo un primo rialzo effettuato negli anni 1436/1459.
Ex convento di San Francesco
I frati Francescani si insediano nel 1277, provenienti dalla chiesa di Santa Maria della Carità in Borgo Canale, ma la chiesa viene consacrata solo nel 1292 col titolo di San Giovanni Battista. A fianco sorgono, su diversi livelli, tre chiostri con portici quattrocenteschi, due dei quali quadrati e lastricati, mentre il terzo senza pavimentazione e con diretto accesso all’orto e al viale sotto la Rocca. Nel 1417 diviene Parrocchia, grazie anche all’annessione della chiesa di Sant’Eufemia sul colle della Rocca e muta la titolazione da Giovanni in Francesco, dopo la presunta visita del santo titolare assieme a Bernardino. Lavori per l’ampliamento del monastero sono stati eseguiti tra il 1455 e il 1460 e ancora a cavallo del Cinquecento. La chiesa era a pianta rettangolare, sul tipo basilicale delle chiese francescane toscane e umbre, e divisa in tre navate: vantava quattordici cappelle e un comparto decorativo secondo in città solo alla Basilica di Santa Maria Maggiore, oltre ad ori e preziosi donati dai nobili e dai benestanti della città, che avevano i propri sepolcri nei tre chiostri. Il convento e la chiesa vengono soppressi nei primi anni dell’Ottocento e trasformati in penitenziario e ospedale sifilitico. Dal 1935 divengono sede di un istituto scolastico. Oggi il versante nordoccidentale del convento è occupato dalla mensa universitaria e dagli uffici del Museo Storico, mentre la chiesa è a cielo aperto, in quanto quasi del tutto demolita.
I trigrammi
L’emblema composto dal trigramma inscritto nel sole raggiante venne ideato dallo stesso santo nell’ottava di Pasqua del 1423 a Bologna. Molti sono i trigrammi ravvisabili in Città Alta (Via Bartolomeo Colleoni 13, Via Gombito 12 e 15, Via Rivola 1, Via Rocca 10, Via San Giacomo 16, Via San Lorenzino, Via Tre Armi), benché alcuni siano stati applicati in epoca recente. Quelli di fattura più antica sono ubicati in Via Porta Dipinta e in Via Rivola e presentano la caratteristica nel trigramma JHS (Iesa Omnium Salvator) della lettera centrale H allungata e trasformata in croce a ricordo del sacrificio del Redentore attorno a cui corre la scritta «In nomine Iesu omne genu flectatur caelestium et terrestrium et infernorum» («Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli sulla terra e sottoterra», San Paolo, Lettera ai Filippesi). Due sono le ipotesi più accreditate per il suo utilizzo e la sua applicazione sui fronti degli edifici cittadini: la prima vuole che gli edifici che recano sul proprio fronte il trigramma abbiano dato ospitalità al futuro santo, l’altra che i casati che dalle sue omelie pacificatorie trassero spunto per stringere rapporti di pace con gli avversari, decisero di ricordare l’evento con un segno, che li distinguesse dagli altri ancora in lotta fratricida.