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Sei grandi vescovi di Bergamo

Sei grandi vescovi di Bergamo
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Quanti sono stati i vescovi che hanno retto la nostra Diocesi nei secoli? Ad oggi 86! Si sono sempre e solo dedicati ad affari ecclesiastici? No, tutt’altro. È proprio grazie alle loro rendite che si è costituito il patrimonio ecclesiastico ed è merito delle loro compravendite se oggi la Chiesa vanta un capitale immobiliare e mobiliare che non ha rivali. Ma le loro funzioni nei primi secoli si sono mai confuse con l’attività di governo di città e Comuni? Sempre, tant'è che, all’inizio dell’era cristiana, è a loro che dobbiamo la costruzione dei primi edifici sacri simbolo delle città, che li portò a diventarne anche signori! Vediamo a Bergamo a quali vescovi dobbiamo gli edifici simbolo del centro storico.

 

San Narno
(325 ca. - 343 ca.)

A lui si deve l’inizio della costruzione dell’antica basilica di Sant’Alessandro in Borgo Canale, realizzata attorno all’anno 324 d.C. per dare degna sepoltura alle spoglie de nostro futuro santo patrono. L’edificio sacro venne dotato anche del primo battistero cittadino e della casa vescovile, utilizzata fin quando l‘episcopo non si trasferì sul colle di San Salvatore innanzi la cattedrale dedicata a San Vincenzo.

 

San Viatore
(343 ca. - 374 ca.)

Fu il prosecutore dei lavori iniziati dal predecessore per la costruzione della basilica alessandrina in Borgo Canale, mentre sua la volontà di edificare una grande chiesa nella parte opposta dell’abitato lungo la Via Porta Dipinta. Ci si riferisce alla chiesa di Sant’Andrea preposta alla custodia dei corpi dei martiri Domno, Domneone ed Eusebia, molto cari ai fedeli della vicinia: rispettivamente zio e nipoti, vennero trucidati durante le persecuzioni di Massimiano.

 

Antonio
(ante 727 - post 755)

Volle la posa della prima pietra della chiesa di San Vigilio sui colli di Bergamo, consacrata il 7 gennaio del 728 d.C. Il suo culto, da cui l’edificazione dell’edificio sacro, porta a credere alla versione che Vigilio si trattenne a Bergamo con la madre e i fratelli prima del suo martirio, avvenuto nel 405 a Trento, dopo la sua elezione al soglio vescovile. L’ipotesi più plausibile è che un sacello o una sorta di cappelletta fosse già presente in quegli anni, poi ingrandita in seguito alla sua canonizzazione.

 

Tachimpaldo
(799 ca. - 814 ca.)

Lo si crede il fondatore della chiesa di San Giovanni in Arena, sopra cui vennero costruite nei secoli altre due chiese, sostituite da quella oggi posta all’interno del complesso del Seminario vescovile. Nel suo testamento i beni che lascia vengono devoluti a quella chiesa, ma anche a un ospizio e a un vicino monastero: potrebbe essere quello indicato “delle Dimesse” nei documenti medioevali oppure lo stesso che oggi ospita le monache benedettine di Santa Grata in Via Arena.

 

Adalberto
(888-935)

Nell’894 d.C. la nostra città venne distrutta da Arnolfo di Carinzia, che era un grande cavaliere postosi al soldo di re Berengario, e la conquista del castello di San Vigilio ne decretò automaticamente la sua possessione e anche l’investitura di Arnolfo a nuovo signore. Il nostro vescovo venne allora deposto e deportato a Magonza, ma le sue doti diplomatiche lo fecero entrare nelle grazie del nuovo signore, che gli confermò i privilegi avuti in precedenza da Carlo Magno. Inoltre fu rimandato a Bergamo e gli si permise di ricostruirne mura e torri, investendolo così della signoria della città. Non mancò di restaurare anche la chiesa di Sant’Alessandro e costruì una nuova cripta.

 

Gregorio da Bergamo
(1133 - 1146)

Monaco vallombrosano proveniente dal monastero di Astino, partecipò attivamente all’erezione della Basilica di Santa Maria Maggiore nel 1137, conclusasi 50 anni dopo in fretta e furia per la discesa del Barbarossa in Lombardia. L’edificio sacro fu voluto per tentare di sanare i dissidi che avvelenavano i canonici delle due cattedrali di Bergamo: quelli che abitavano la canonica di Sant’Alessandro, posta quasi a ridosso del versante sud-occidentale delle mura medioevali, e quelli che invece occupavano la canonica di San Vincenzo, posta in centro abitato e destinata a divenire la futura cattedrale. Il vescovo credeva che un nuovo grande tempio dedicato alla Vergine, come stava avvenendo in molte altre città italiane, potesse essere la soluzione utile al suo intento, ma a nulla valsero i suoi sforzi; infatti, giochi di potere lo misero in cattiva luce dinnanzi a papa Eugenio III e successivamente morì di morte violenta.

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