Band bergamasche

I Sonars, musica dallo spazio

I Sonars, musica dallo spazio
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Dalla Venezia pinguina della scorsa settimana alla luna deserta, signora dello spazio, musa dei poeti e guida dei marinai, così vicina da poterci parlare, così lontana per poterla toccare. Perché tutto, dai suoni al nome, fa pensare alla luna, nei Sonars. Band made in Bergamo, che però di bergamasco ha poco o niente. Quei suoni spaziali, alienanti, così avvolgenti da farti sentire piccolo e spaesato persino nella tua macchina a cento metri dal garage, nascono e ritornano oltre la Manica (dove d'altronde il cantante ventiquattrenne Frederick Paysden ha le sue radici), strizzano l'occhio al David Bowie di Space Oddity, ai Beatles di Lucy In The Sky With Diamonds e ai Pink Floyd di Echoes.

Un progetto dalla sonorità unica. Ma paragonarli a qualcuno sarebbe poco lusinghiero verso l'originalità e l'unicità di un progetto davvero speciale. C'è qualcosa di diverso in loro. Sono in due innanzitutto, Frederick e Serena (David, ormai ex batterista, ha da poco lasciato il gruppo), ma sembrano suonare in cento: saltellano da un sintetizzatore all'altro, a tracolla la chitarra, il tutto con una naturalezza impressionante. Poi, hanno la capacità di creare atmosfere uniche, surrealiste, tridimensionali, piacevolmente angoscianti: fiori che sbocciano e si richiudono, moti rettilinei uniformi nello spazio aperto, astronavi che decollano, corpi celesti incandescenti e deserti, e loro e noi che li ascoltiamo dispersi lì, oltre l'esosfera, a fluttuare, fluttuare, fluttuare... Jack Rust And The Dragonfly IV, primo EP di questo affascinante duo, è esattamente questo.

 

La formazione attuale, Frederick e Serena.

 

Ma, a stereo spento, cosa si può dire di loro? Innanzitutto che il loro curriculum è sbalorditivo: più di duecento concerti negli ultimi due anni, tappe in tutta Europa, aperture ad artisti come Verdena e pochi mesi fa la vittoria del titolo di miglior band ad Arezzo Wave, prestigiosissimo concorso nazionale, che ha dato loro l'opportunità di svolgere un tour europeo, il migliore - confidano - che abbiano mai fatto, in cui hanno avuto la possibilità di esibirsi su palchi come quello di Eurosonic a Groningen e che li ha portati a suonare in diversi club tra Olanda, Germania e Svizzera, davanti a tantissime persone: «All'estero sono più curiosi», ci dicono. L'impressione è che non solo la nostra città sia troppo piccola per loro, ma la nostra intera penisola. E chissà se il mondo può o meno bastare. D'altronde, come può un astronauta accontentarsi del mondo?

Come è andato il tour?
«Molto bene, credo sia il migliore che abbiamo mai fatto. Sia in Svizzera sia in Germania sia in Olanda abbiamo sempre suonato per tante persone, e nessuna di loro ha mai dato l'impressione di essere lì per caso: la gente seguiva i concerti dall'inizio alla fine con grande attenzione, hanno comprato tantissimi dischi e certe persone sono venute da lontano per sentirci. Alcuni giorni sono stati un po' pesanti, siamo arrivati a fare anche quattro concerti in due giorni, ma alla fine cosa c'è di più bello. È stato l'ultimo tour con David (David Paysden, ex batterista dei Sonars, ndr), che ha deciso di lasciare il gruppo per dedicarsi ai suoi progetti».

 

 

Come farete ora in due?
«Ci dispiace dover salutare David, ma per certi versi questa nuova formazione ci darà l'opportunità di sperimentare un live set con loop stations, drum machines e sintetizzatori. Ci piace l'idea che ogni canzone abbia un proprio suono e una propria atmosfera riconoscibile. Possiamo curare di più gli arrangiamenti, e possiamo approfondire alcune sonorità che abbiamo scoperto negli ultimi anni, che prima non avremmo mai pensato di poter apprezzare. La tecnologia, se usata bene, ha infinite potenzialità. Se i Beatles fossero nati ai nostri giorni sarebbero stati di certo i primi a farsi una bella spesa di sintetizzatori modulari...».

E cosa mi dite di Jack Rust?
«Noi avevamo il disco, quello è nato prima, e mentre riascoltavamo le canzoni ci venivano in mente delle immagini, dei flash, delle suggestioni, e alla fine ci ha fatto pensare ad una specie di viaggio, il perdersi nello spazio, il vagare angosciante e affascinante allo stesso tempo, e ci è venuta in mente la storia di questo Jack Rust, un astronauta disperso nello spazio a bordo della sua navicella, e ci siamo detti: “Perché non farci un concept?” ».

 

La formazione iniziale: Frederick, Serena e David.

 

Che rapporto avete con Bergamo?
«Dipende quale Bergamo si considera. Ci sono tantissimi bei dischi che vengono fuori da Bergamo, e ultimamente anche molti locali e festival che supportano la musica dal vivo. Quello che manca è la mentalità di chi non è “nel giro”: noi facciamo le prove con le cuffie, i massimi rumori che si possono sentire sono i colpi che diamo ai Pad, come battere una mano su un tavolo di gomma dura per capirci. Eppure c'è sempre qualcuno che si lamenta. Non perché facciamo rumore, ma perché sanno che facciamo musica e per la maggior parte delle persone non viene considerato come un lavoro “serio”. Qualcuno vede ancora i musicisti come drogati o gente che non ha voglia di lavorare, ci è capitato che ce lo dicessero: dopo diciassette giorni di tour l'unica droga che ci viene in mente di concederci è la tachipirina per il mal di testa. Poi ovviamente è tutto relativo, succede qui come succede altrove. C'è una parte di Bergamo che in effetti ci sta un po' stretta, ma siamo molto legati alla nostra città, al di là di tutto».

Meglio l'estero, quindi.
«Puntiamo all'estero perché cantando in inglese è una via più percorribile. Anche in Italia e a Bergamo abbiamo fatto delle bellissime serate, ma indubbiamente il genere di musica che facciamo è stato molto più apprezzato all'estero».

Dove vorreste che vi portasse la musica?
«Ci piacerebbe farne la nostra vita. Organizzare molti concerti e suonare il più possibile in tutto il mondo. Grazie alle recenti date in Germania abbiamo conosciuto diverse agenzie di booking che operano su tutta Europa, non sarebbe un'idea cattiva...» .

Progetti discografici imminenti?
«Abbiamo parecchie demo già registrate e tanti pezzi nuovi su cui vogliamo sperimentare diversi approcci. Saranno brani un po' diversi da quelli fatti finora e vogliamo prenderci il nostro tempo per completare al meglio i lavori».

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