Il giorno in cui «siam tornati a casa» raccontato da Roberto Spagnolo
Eccolo qui Roberto Spagnolo, l’uomo che realizza i sogni, il direttore d’orchestra dei lavori dello stadio, quello che ha letto la partitura (disegni e progetti), assegnato i compiti (a imprese e tecnici) e, dopo cinque mesi di prove andate avanti giorno e notte, ha portato in scena l’opera. Un lavoro enorme che ha dato alla città una Curva Pisani tutta nuova.
Ci racconta la sua giornata di domenica 6 ottobre?
«Alle 2 di notte abbiamo terminato gli arredi, gli spogliatoi e le misure di sicurezza: lo stadio era pronto. Sono andato a letto e alle 9 ero a Zingonia. La domenica per me significa stare con la squadra. Dopo pranzo sono andato a prendere Luca Percassi per andare allo stadio: è dal 2010 che facciamo così, un rito. Spero per lui che Spagnolo stia sempre in salute…».
Che sensazioni ha provato quando è entrato in campo?
«Sono entrato con la squadra per il riscaldamento e ho visto dal vivo il nostro muro umano. Facce conosciute che hanno dipinto quei seggiolini, ho avuto la percezione che fossimo finalmente tornati a casa. Bellissimo. Oltre all’impatto visivo, la cosa che mi ha colpito di più è stata l’acustica».
Si è commosso?
«Allo stadio no, mi sono commosso quando ho letto il messaggio che mi ha dedicato sui social mia figlia Roberta. In campo ho provato tanto orgoglio, ma più che per me sono felice per tutti quelli che ci hanno messo passione, voglia e professionalità, per le aziende che hanno lavorato e che hanno fatto un grande sforzo. È con loro che voglio condividere le belle parole che ho ricevuto».
Gli avete messo i seggiolini, ma la Curva è rimasta comunque in piedi...
«È il collaudo che ci mancava. Abbiamo fatto tutte le prove possibili e immaginabili, ma con oltre novemila persone che saltavano c’è stata la prova generale più importante. Direi superata alla grande».
Qualcuno di quelli che hanno lavorato lei le ha detto qualcosa che l’ha colpita?
«“Vada via ol cül” (ride, ndr). Scherzi a parte, ho sempre cercato di essere presente. Credo che un responsabile non debba esserlo solo sulla carta. Nel momento in cui ci sono stati problemi, ho sempre lavorato insieme ai tecnici per risolverli e questo ha dato motivazione a tutti».
È il più bel cantiere della sua vita?
«A livello di passione, certamente sì».
Il presidente come le è sembrato?
«Felice. La Curva l’ha vista crescere ogni giorno, l’ha immaginata, ma quando l’ha guardata domenica è rimasto a bocca aperta: “Questo è un muro!”. È salito fino in cima almeno due o tre volte, anche con Gasperini. Ilicic si è fermato a metà perché non ce la faceva ad...