Studio SIO, vent'anni di grandi progetti pensati a Bergamo e portati nel mondo
Fondato nel 2003 da Francesco Iorio ed Erica Lombardo, oggi ha una ventina di collaboratori e si occupa di costruzioni in Italia e all’estero (dagli Usa al Brasile)
di Clara Scarpellini
Hanno da poco raggiunto il traguardo dei vent’anni di attività, con progetti importanti sia all’estero che in Italia - come la costruzione del grattacielo più alto del nostro Paese, la Torre Isozaki a Milano, con cinquanta piani fuori terra e 209 metri di altezza -, maneggiando materiali di ogni tipo: vetro, legno, alluminio, acciaio e calcestruzzo. Stiamo parlando di SIO, nato nel 2003 come Studio Iorio, trasformatosi in s.r.l. nel 2012 ed evolutosi in SIO s.r.l. nel 2016 (con un respiro internazionale). Una compagnia che si occupa di progettazione e direzione lavori in cantiere per strutture complesse, con sede in viale Vittorio Emanuele a Bergamo, guidata dall’ingegnere fondatore Francesco Iorio (che è anche professore a contratto al Politecnico di Milano) e dall’anima commerciale e amministrativa Erica Lombardo.
Conosciutisi nel 2001 in una casa per studenti universitari di Milano, sono diventati prima amici e poi soci e ora sono impegnati in una collaborazione nata a Bergamo ma operante in tutta Italia così come oltre confine: dal Porto Rico alla Repubblica Dominicana, dalla Romania alla Spagna, dagli Emirati Arabi Uniti al Madagascar, fino a Nigeria, Kenya, Iran, Stati Uniti e Brasile.
Di cosa vi occupate nello specifico?
«Siamo partiti principalmente facendo attività di progettazione di strutture, quindi occupandoci solo di una branca del campo dell’edilizia, perché era quella che mi appassionava maggiormente - spiega Iorio -. Poi, però, ho scoperto che quello che facevamo davvero era molto di più, ovvero applicare un approccio pignolo e “diffidente” su tutti gli aspetti di un progetto, ponendoci sempre il problema di quale soluzione potesse essere la migliore».
Restando sempre nel campo dell’edilizia?
«Diciamo che, insieme ai clienti, abbiamo capito che questo nostro approccio poteva essere rivolto a qualsiasi cosa, dalle decisioni di investimento alla cura della parte di architettura, energetica e così via. Noi partiamo dal presupposto che l’essere umano è pigro e non ha voglia di porsi sempre domande, quindi ci pensiamo noi a farlo. Erica e io sappiamo che questa nostra ottica può essere stressante per chi lavora con noi, poi però si entra nella mentalità e inizia a essere un passaggio necessario. A dir la verità, è anche per questo approccio che ci contattano i clienti, soprattutto quando si trovano in situazioni molto complicate. Noi li rassicuriamo e, dopo scelte matematicamente calcolate e verificate tra le varie possibili soluzioni ai loro problemi, proponiamo innanzitutto quella più economica. Un altro aspetto che ci contraddistingue da altri strutturisti, infatti, è che offriamo sempre un’ampia scelta di soluzioni con qualsiasi materiale, che sia vetro, legno, acciaio o cemento armato».
Da dove siete partiti?
«All’inizio abbiamo aperto lo studio a Bergamo per necessità. Eravamo entrambi talmente giovani e squattrinati che Milano era fuori portata, ma potevamo facilmente raggiungerla in treno - racconta Lombardo -. Col tempo ci siamo affezionati a questa città e anche i ragazzi che lavorano con noi nello studio sono molto felici: con quello che guadagnano e il costo della vita di Bergamo, hanno sicuramente più vantaggi di quelli che avrebbero a Milano. Sia io che Francesco ci impegniamo molto a creare le condizioni per permettere ai nostri collaboratori di lavorare in un ambiente sano, offriamo loro la possibilità di sistemarsi in appartamenti e stanze che mettiamo a disposizione con un affitto più basso rispetto al prezzo di mercato. Ovviamente, possiamo permetterci di farlo. Non siamo una multinazionale con cinquemila dipendenti, ma lavoriamo insieme a una ventina di persone che desideriamo ringraziare personalmente: senza di loro non saremmo qui».
Quindi con Bergamo c’è un legame speciale.
«Io sono inglese, cresciuta tra Londra (per famiglia materna) e la Sicilia (per famiglia paterna), mentre Francesco è proprio bergamasco. Dobbiamo la nostra fortuna a un’impresa bergamasca che ha creduto in noi quando nessun altro aveva voluto farlo perché ci consideravano tutti troppo giovani: all’epoca io avevo 24 anni e Francesco 30. Purtroppo oggi quell’impresa non esiste più, è fallita con la crisi del 2008. Era un geometra bergamasco di una grande impresa di costruzione di Vertova. Lo incontrammo, dopo diversi rifiuti di altre aziende, grazie a delle conoscenze di famiglia».
«Era il 2002 o 2003, all’inizio credevo che fosse solo l’ennesimo degli incontri - aggiunge Iorio -. Ma improvvisamente il geometra aprì il foglio di un progetto per una concessionaria in Arma di Taggia e mi chiese se fossi in grado di modificarlo entro una settimana al massimo. Accettai. Le cose andarono bene e abbiamo iniziato a lavorare con l’impresa, girando diversi cantieri e intrecciando nuove conoscenze con professionisti del settore. All’epoca ci venivano assegnati dei progetti in fase iniziale creati da altri, li modificavamo così da ottenere un grande risparmio sui tempi di esecuzione. L’azienda, poi, li presentava al cliente finale, con dei costi di costruzione inferiori a quelli preventivati».
Avete anche fatto dei lavori qui a Bergamo?
«Noi alla città siamo molto affezionati, ma è una piccola realtà che ha da sempre i suoi nomi di prestigio nel nostro settore. Inoltre, non abbiamo mai voluto metterci in concorrenza o in contrasto con chi lavorava già sul territorio, vediamo la città come un appoggio tranquillo per la nostra sede. Solo in due occasioni abbiamo lavorato a Bergamo. Nel primo caso, abbiamo seguito quasi tutte le strutture del nuovo ospedale di Bergamo, ma ci siamo arrivati da un’enorme impresa di costruzione di Bari con la quale abbiamo seguito molti lavori che riguardavano i complessi ospedalieri in tutta Italia, verso il 2005. Per un caso fortuito, l’impresa pugliese aveva accettato il lavoro proveniente da Bergamo e per la prima volta lavorammo qui, conoscendo i professionisti della Bergamasca. Il secondo caso, invece, è rappresentato da ChorusLife, uno smart district composto da settantaquattro residenze e non solo, considerato il più importante progetto di rigenerazione urbana mai realizzato qui. Cercavano un bravo strutturista, non necessariamente di Bergamo, e casualmente siamo arrivati noi».
Che ruolo ha avuto la fortuna nella vostra storia?
«In effetti c’è stata una serie di fortunati eventi - ammette Iorio -. A partire dall’incontro con il geometra bergamasco. Inoltre, poco prima del fallimento dell’impresa di Vertova, lavorammo a un ultimo grosso loro lavoro: la ristrutturazione dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano. Improvvisamente ci trovammo al centro di una serie di coincidenze fortunate: le imprese di costruzioni che stavano cercando di non chiudere iniziarono a chiamarci, dato che tutti gli altri progettisti erano enormi mentre noi eravamo più piccoli e accessibili, senza contare che il cliente in questione era un fondo di investimenti in Qatar».
«Quando ripartì il mercato nel 2012 passammo da avere cinque clienti ad averne improvvisamente venti - aggiunge Lombardo -. Ciò fu possibile perché il personale delle aziende con cui avevamo collaborato negli anni precedenti, le quali erano state costrette a chiudere a causa della crisi, si era diviso in diverse imprese del settore, mantenendo però i contatti con noi. Questo portò a due eventi fondamentali per la nostra crescita. Uno di questi famosi contatti si era spostato in un’azienda e ci invitò a partecipare al concorso di progettazione e costruzione della Torre Allianz di Milano. Nello stesso 2012 vincemmo il concorso per competenza tecnica grazie alla proposta di migliorie economiche e tecniche. Il secondo evento, invece, è accaduto grazie a un altro dei nostri contatti che era finito in una società immobiliare francese, la quale in patria faceva i miliardi mentre in Italia arrivò in punta di piedi. L’azienda si occupava della progettazione e costruzione di interi quartieri di appartamenti da affittare. Da noi questa pratica non è ancora così diffusa, perciò iniziammo una collaborazione anche con loro».
Qual è stato il segreto del successo all’estero?
«È stato e continua a essere il passaparola. Non abbiamo un commerciale che si occupa di farci pubblicità. Come mentalità siamo un po' provinciali - dice Lombardo, sorridendo -. Ci mettiamo sempre la faccia. I nostri clienti, piccoli o grandi, sanno che se ci esponiamo per un consiglio lo facciamo perché siamo consapevoli delle nostre competenze e valutiamo ogni aspetto del progetto allo scopo di realizzare qualcosa di bello. Altre finalità non ne abbiamo».
«Ci viene spontaneo qualcosa che non è più diffuso - dice invece Iorio -. Il nostro vantaggio è che riusciamo ad avere un rapporto diretto con le persone, per questo motivo siamo quelli che più facilmente vengono in mente quando i clienti si trovano nei guai con alcuni aspetti dei loro progetti e cercano qualcuno che li possa davvero aiutare. Il nostro mercato della consulenza, che a oggi occupa la maggior parte della nostra attività, ormai si rivolge principalmente a grandi società, dove il rapporto umano è un po’ diluito. Noi invece lo coltiviamo. Ovviamente non a livello amicale, ma professionalmente. Siamo una compagnia che è ancora identificata in delle persone. Quando un cliente ha un problema, chiamano Francesco, non la società».
Avete detto che vi occupate anche delle questioni ambientali ed energetiche. I cambiamenti degli ultimi anni hanno influenzato il vostro lavoro?
«Sì. Fino al 2013 facevamo solo strutture, da lì in avanti siamo cresciuti sulla parte di consulenza, che tocca anche questi temi. Ultimamente, invece, abbiamo ripreso a investire sull’aspetto strutturale. Per due motivi: da un lato ci sono pochissimi strutturisti in circolazione, dato che è un percorso universitario molto complesso; dall’altro, nel mercato occidentale più ricco stanno alzando sempre di più gli edifici, perché il numero di persone è in continua crescita. Si stanno diffondendo gli investimenti in immobili sempre più sviluppati in altezza e con ciò i rischi e le competenze richieste aumentano. Abbiamo notato che si stanno ricreando le condizioni per tornare a lavorare maggiormente anche sull’aspetto strutturale, che a noi tocca in modo particolare dato che abbiamo progettato l’edificio più alto d’Italia. Parlando del nostro Paese, si sta iniziando a capire che il problema dei terremoti è reale e non è più una questione di eventi isolati e casuali. Si è così riaperta la questione dell’adeguamento sismico, non tanto dei singoli edifici, quanto dei vasti interventi su complessi ospedalieri, costruiti nel tempo e a pezzi, o gli enormi quartieri delle grandi città come Roma, dove il lavoro di adeguamento sismico ci può occupare fino a uno o due anni di lavoro».