Alà, cór!

Tutte le strade, i sogni e le corse passano per Porta San Giacomo

Toty 77, artista e runner, la raggiunge di corsa almeno una volta alla settimana partendo da Stezzano

Tutte le strade, i sogni e le corse passano per Porta San Giacomo
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di Marco Oldrati

Diciamo che è parte del mio patrimonio genetico: San Giacomo è la mia porta. Ci sono passato le prime volte da studente, quando ero in ritardo per arrivare a scuola, perché ci impiegavo di meno camminando veloce su per i gradini dello scalone di Sant’Alessandro e poi inerpicandomi dritto da Via San Lorenzino e sgusciando da un’altra scaletta in Piazza Terzi per entrare in Piazza Rosate da dietro che prendendo i vecchi autobus di un giallo corroso che prima mi portavano in centro e poi in Città Alta.

Ma quando una cosa è nel tuo Dna corre il rischio di essere sottovalutata, quasi fosse normale. E invece no, San Giacomo non è “normale”, soprattutto per chi corre, ma non solo. Cominciamo a guardarla. E già il fatto di guardarla è una sua unicità. Pensateci, Sant’Agostino la vedete di sguincio arrivandoci da qualsiasi lato, non c’è verso di “studiarsela” da distante, va quasi peggio a Sant’Alessandro, che per essere vista dovete “inquadrarla” e non è certo una vista panoramica, schiacciata com’è da un lato e dall’altro fra altre cose e case, per non parlare di Porta Garibaldi, la porta sul retro, quella quasi bucolica da tanto è la meno “urbana” e la più immersa in un verde sempre brillante per la sua esposizione all’umidità che viene da nord.

E San Giacomo è stata pensata per farsi notare come una bella donna, non trovate? Sporge affacciata sull’asse della città, dalla stazione alla cima del viale, bianca come nessun’altra porta, snella ed elegante quasi a dire “guardatemi”, con l’aria di chi non ha troppo bisogno di difendersi, perché il ponte che traghetta dalla balza del colle all’ingresso delle mura è tutto esposto al tiro degli armigeri dallo spalto d’angolo. E la sua statuarietà è stata rispettata anche dall’urbanista moderno, che l’ha preservata dal traffico, lasciandola ai soli passi silenziosi di camminatori e corridori e a qualche ciclista più ostinato degli altri.

Ma per chi corre San Giacomo è una magia, un fulcro: ci si arriva dalle Cento Piante lungo la parte bassa delle mura (in verità sono poco più di settanta, ma fanno un effetto maggiore a dire che sono cento) o salendo dalla scaletta che si diparte a fianco della stazione della Funicolare in cima a Via Locatelli, oppure se ci si incammina passo dopo passo da Piazza Pontida e dopo il casino per arrivare in Via Garibaldi si sente ancora un po’ di rumore, fino a superare il semaforo e si prende a destra per non sentirne più di rumore, per Vicolo San Carlo. I più arditi possono salire da Via Nullo e infilarsi su per lo scalone Sant’Alessandro e quando arrivano alla fontanella danno un’occhiata alla star del palcoscenico e s’infilano su per Via Tre Armi, a fare i nani che guardano la Grande Muraglia da sotto.

Ma chi ci è arrivato può decidere di gustarsi il resto delle mura e arrivare fino a Colle Aperto prima dolcemente, poi con una bella impennata per gli ultimi duecento metri fino allo scollinamento intorno al Seminario, oppure girare per Via San Giacomo e arrivare un po’ in affanno alla Piazza Mercato delle Scarpe dove “scontrarsi” con il traffico pedonale della Corsarola o rimettersi quasi in incognito in Via Donizetti. L’ultima ipotesi è quella di seguire i miei passi di studente su per Via San Lorenzino (chi riesce a superare quei cinquanta metri correndo è un vero sky runner!) e imboccare via Mayr o arrampicarsi su per i gradini fino in Piazza Terzi.

E come tutti i centri di una grande raggiera è magnetico, attraente e non solo dal basso, ma anche da vicino. Non ci credete? Guardate questo dipinto, Toty 77 che è artista e runner mi ha concesso il permesso di usarlo per rappresentare la capacità di questa porta che lei ama (tanto intensamente da raggiungerla spesso, almeno una volta alla settimana, da Stezzano di corsa) di farvi sentire amanti della vostra città, nel gioco di una luce “vecchia” come quella che illumina la porta alle spalle lasciando il buio dall’altra parte, a lasciarsi merlettare dai lampioni e dalle luci accese del piano sotto di noi.

Luci che segnano una città ancora dormiente o pronta a farsi silenziosa, quieta, nella sera, forse un po’ sonnacchiosa o semplicemente troppo indaffarata per godersi la sua bellezza, luci che disegnano come in nessuna città che conosciamo le strade fino quasi a perdita d’occhio, luci che si stemperano quando arriva l’alba e i profili cominciano a farsi nitidi. Luci nostre, luci di Bergamo.
Perché corsa, arte e amore per Bergamo si legano, si amalgamano come ingredienti di una gioia che brilla negli occhi di Toty tutte le volte che arriva qui, a far visita alla Dama Bianca, Porta San Giacomo.

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