Un segreto su S. Lucia a Bergamo (La chiesa delle letterine non è sua)
È appena trascorsa la festa più importante per i bambini bergamaschi, quella di Santa Lucia, e proprio per non rovinarla non vi abbiamo svelato un segreto. Innanzitutto, state tranquilli, non cambierà assolutamente nulla, perché Santa Lucia è sempre e solo colei che ancora giovincella riposa nella chiesetta di via XX Settembre e che nella notte tra 12 e 13 dicembre monta in groppa al suo asinello e distribuisce giochi e dolci a tutti i bimbi buoni. Però, siamo proprio sicuri che quella chiesetta in via XX settembre sia proprio dedicata a lei, benché vi riposi da tempo immemore? Oppure, partiamo da lontano: quante sono e sono state le chiese a Bergamo città dedicate a Santa Lucia?
Nell’attuale via Santa Lucia. La prima da cui parte la nostra storia è quella che da più di sette secoli dà il nome al quartiere di Santa Lucia, quello denominato anche “del vecchio ospedale”, mollemente adagiato nella valletta di Santa Lucia, tra la Conca d’Oro e il Paesetto di Valle Sant’Alessandro. È piccola, graziosa e affacciata su strada, posta a lato del vecchio orfanatrofio maschile (attuale Imiberg), ma dal 1681 la sua denominazione è mutata in quella del Santo Nome di Gesù. Le carte storiche e le mappe catastali la collocano nella valle di Santa Lucia Vecchia, proprio perché l’edificio sacro, titolato alla santa siracusana, dal 1337 e fino al 1556 era occupato dalle monache domenicane.
Prima di Palazzo Frizzoni. Ma la posizione un pochino isolata del sito, rispetto a tutti gli altri complessi monastici distribuiti tra colle e piano dell’antica nostra città, poteva mettere a rischio l’integrità fisica e morale delle religiose e così se ne decretò il loro trasferimento nel monastero dedicato a S. Agata in Contrada di Prato (Piazza Matteotti, quella del Comune), che assunse così la doppia titolazione di Santa Lucia e Sant’Agata. La chiesa era a volta e divisa in tre grandi navate con quattro pilastri centrali, un grande coro e diverse cappelle laterali sobriamente ornate.
Nei dintorni della chiesa, in occasione di Santa Lucia, si affollavano banchi e bancarelle che, versato un obolo alle monache, vendevano «panni, e cappelli, e lino, e stoppa, e guanti, berrette, manichini in varia pelle, tele, carte, e santi ogni sorta di merli, e di cordelle, masserizie di ferro, e di legname, e sacchi di castagne, calze di lana, di bambagia, coperte, zoccoli a fiocchi», mentre le monache preparavano e distribuivano ai bimbi le “biscottelle”.
Dopo la soppressione del convento e della chiesa alla fine del Settecento ad opera di Napoleone, l’edificio venne acquistato negli anni Trenta dell’Ottocento dalla famiglia Frizzoni, casata di imprenditori e manifatturieri svizzeri, e poi distrutto per la costruzione del loro palazzo cittadino, Palazzo Frizzoni appunto, attuale sede del Comune di Bergamo. Dell’edificio monastico resta solamente il brolo, che corrisponde al Parco Giochi interno il Municipio, affacciato tra via Crispi e la Rotonda dei Mille.
La chiesa dove si portano le letterine. Potevano quindi i bergamaschi restare senza la loro santa prediletta? Assolutamente no, quindi passarono il testimone di Santa Lucia alla chiesetta più vicina al vecchio sito demolito e posta nella stessa contrada, che in linea d’aria è proprio quella da noi detta “di Santa Lucia”, ma che in realtà è da sempre dedicata alla Madonna dello Spasimo o Madonna Addolorata. La chiesa venne eretta nel 1592, grazie all’acquisto di alcuni stabili da parte degli abitanti di borgo San Leonardo, che poi provvidero a mantenerla e a riedificarla a più riprese fino al 1768, per farle raggiungere le corpose forme odierne. Era ricchissima di decori, paramenti, altari e balaustre conditi da marmi policromi, per il fatto di essere sorta all’interno del borgo per antonomasia più commerciale di Bergamo, per giunta a ridosso dell’antica Fiera di Bergamo, quindi con maggiore disponibilità economica di abitanti e commercianti.
Soppressa anch’essa nel 1797 a causa dei Francesi, venne adibita per due anni a sala per il Circolo Costituzionale e poi riaperta al culto grazie agli Austriaci. Purtroppo nel 1919 perse alcuni stabili, utilizzati come casa del custode e del curato, e anche il suo campaniletto rovinò a terra, dato che ingombrava il passaggio che si sarebbe aperto in Largo Medaglie D’Oro e che avrebbe connesso più agevolmente via Zambonate con via XX Settembre. Fu ricostruito nel 1924 su progetto di Elia Fornoni.