C'è anche la mostra di Warhol

Castelli bergamaschi da visitare Questo weekend si va a Pagazzano

Castelli bergamaschi da visitare Questo weekend si va a Pagazzano
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Grazie alle Giornate castelli aperti, alcuni comuni della pianura bergamasca, ogni prima domenica del mese, aprono congiuntamente le porte dei loro castelli, palazzi e borghi medievali (qui il sito ufficiale). Dopo il successo dell'edizione 2015, anche quest'anno il pubblico ha dimostrato grande interesse per le visite guidate e le iniziative culturali annesse. Noi oggi vi portiamo nel maniero di Pagazzano, dov'è in corso, peraltro, fino al 2 maggio, una mostra dedicata ad Andy Warhol.

 

Girovagando nella bassa bergamasca, sui lunghi rettilinei che costituiscono oggi traccia dell’antica centuriazione romana, gli incontri che si possono fare sono davvero inaspettati. Sulla strada che da Morengo va verso Treviglio, ai margini del centro abitato, ci si imbatte nell’affascinante mole del castello di Pagazzano, da più parti definito «il castello più bello della Gera d’Adda».

Effettivamente, il fossato che lo circonda in tutta la sua estensione, ancora oggi colmo d’acqua grazie a un sapiente ripristino voluto dal Comune, proprietario del complesso, è un esempio unico in terra orobica. L’operazione di restauro e di valorizzazione degli ultimi anni, che ha portato a un recupero degli spazi e alla realizzazione di alcune sale multimediali di approfondimento storico è un esempio virtuoso da seguire, se si considera che fino al 2011 il maniero vessava in condizioni di grave degrado. Le porzioni interessate da tali interventi sono di grande impatto visivo e per di più a breve partirà una seconda campagna di restauri che valorizzerà ulteriormente il complesso fortificato.

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Un po’ di storia. Il castello ha vissuto, nel corso dei secoli, vite diverse, trasformazioni architettoniche, avvicendamenti di proprietà, che lo hanno portato a modificazioni e integrazioni del nucleo originale, passando progressivamente da complesso difensivo a luogo di residenza fino a svolgere la funzione di azienda agricola.

Pare che le sue origini possano risalire al VI secolo, quando doveva già esistere come centro fortificato; ma è a partire dal XIV secolo che si intensificano le notizie storiche, quando le sue vicende si intrecciano con quelle della signoria viscontea. Alla scomparsa dell’arcivescovo di Milano Giovanni Visconti (1354), infatti, il potere signorile fu diviso tra i suoi tre nipoti. A Bernabò toccò Palazzago, insieme agli altri territori del casato al di là dell’Adda, che il grande condottiero fu capace di riorganizzare, permettendo un sempre maggiore controllo dei signori milanesi sui confini orientali  dei loro possedimenti. A questo periodo, stando alla tradizione (ma anche a qualche documento storico), risalgono i ripetuti soggiorni di Francesco Petrarca nel maniero di Pagazzano, nel periodo in cui fu ospite dei signori di Milano (1353-1361).

Al XV secolo, quando il castello passò prima sotto il controllo dei Visconti di Brignano e poi in altre mani, datano i potenziamenti difensivi, fondamentali al fine di fronteggiare Venezia, in fase espansiva sulla terraferma, e per proteggere il Fosso Bergamasco che, scavato nel XIII secolo, divenne confine tra lo stato di Milano e quello della Serenissima in seguito alla sconfitta dei milanesi (1428). A questa fase storica dovrebbe risalire la parte che ancora oggi mantiene l’aspetto più propriamente difensivo, quella settentrionale.

Intorno alla metà del Cinquecento si attuarono le integrazioni architettoniche atte a trasformarlo in dimora signorile, con la costruzione del “palazzetto”. Nel corso dei secoli XVII e XVIII il complesso subì ulteriori modifiche, in concomitanza con un cambio d’uso legato alle nuove esigenze storiche: finiti ormai i tempi delle guerre tra casati e stati, il castello viene progressivamente trasformato in villa padronale e azienda agricola, andando incontro a mutate esigenze di vita produttiva.

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Lo splendido edificio, fuori... Il complesso fortificato presenta una struttura che, nonostante gli interventi avvicendatisi nel corso del tempo, si presenta omogena, caratterizzata da una compatta pianta a sezione quadrata. La cinta muraria in laterizio è ben conservata e presenta su tutta la sua superficie le tipiche fenditure necessarie per l’utilizzo di armi in caso di attacco (arciere e archibugiere).

Gli altri elementi caratteristici originari risalenti al periodo difensivo sono osservabili sul lato nord, dove troviamo la facciata principale: l’imponente torre d’ingresso, dotata di portone ligneo e di ponte levatoio, ancora oggi funzionante, alla quale si appoggia il maestoso torrione principale; sulla sinistra si innalza la torre di avvistamento, eventuale ultimo baluardo di difesa, le cui campane suonavano per avvertire la popolazione in caso di pericolo. Ai lati del mastio corrono i camminamenti dei corpi di guardia, realizzati nello spazio ottenuto dalla costruzione di una seconda cinta muraria interna; su di essi si affacciano una serie di locali, definiti anticamente Palatium, che costituivano gli alloggi di Bernabò Visconti: al centro della prima sala una possente colonna portante conserva tracce di  uno stemma. Infine le due imponenti torre angolari a nord, le uniche rimaste delle quattro originali.

Il sistema merlatura è rimasto intatto, così come i “beccatelli” (apparati in mattone in aggetto rispetto alla cortina sottostante) lunghi e stretti, tipici del periodo medievale, necessarie per nascondere le caditoie.  Anche sul lato ovest, quello che si affaccia verso la campagna, è presente un altro ponte levatoio, anch’esso funzionante (ma con il sistema dei contrappesi, quindi più agile), ma destinato al solo passaggio pedonale (mentre quello settentrionale era praticabile anche da carri e cavalli).

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...e dentro. Superato il portone d’ingresso, percorrendo una bella scala a chiocciola in mattoni di terracotta, si sale al torrione di avvistamento da cui, nelle giornate limpide, si gode una visuale a 360 gradi sulla pianura, che si spinge fino a Bergamo e alle montagne retrostanti.

Se l’esterno ha conservato una riconoscibile fisionomia di costruzione difensiva, varcato il portone si possono individuare, se pure non agevolmente, gli interventi di ricostruzione che si sono avvicendati nel corso dei secoli: sono attualmente in corso  studi storico-artistici e rilievi architettonici che potranno gettare nuova luce sul percorso evolutivo del castello di Pagazzano. Negli spazi interni si possono visitare le stanze del mastio e le sale occupate dal Museo della civiltà contadina, distribuite in luoghi diversi: negli ambienti a uso abitativo, intatti, sono esposti mobili rustici, oggetti di vita quotidiana e attrezzi attinenti alla vita agricola, provenienti da collezioni pubbliche e private.

Nell’ala nord-ovest si trovano la scuderia (un ampio salone con colonne portanti e coperto da volte crociate) e il maestoso torchio per la pressatura dell’uva costruito nel 1736, come testimonia la data scolpita nel marmo del basamento. Qui ha sede il recente Museo multimediale, che con innovative tecnologie interattive illustra la storia del castello e propone approfondimenti sulle fortificazioni della Bassa bergamasca e sul funzionamento del torchio. Al piano superiore un “improbabile” dialogo tra Bernabò Visconti e Bartolomeo Colleoni viene proiettato sulle pareti del fienile costruito all’inizio del Seicento.

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E il cortile. Il grande cortile interno è suddiviso in due parti: quello est presenta le vecchie stalle oggi rimodernate e adibite a locali della biblioteca. Sul fondale del cortile occidentale, invece, si impone allo sguardo un aggraziato “palazzetto”, aggiunta architettonica cinquecentesca (voluta da Galeazzo Visconti, arciprete di Pagazzano) che probabilmente comportò la distruzione dei baluardetti angolari sul lato meridionale. La sua facciata, chiara e ritmata dal porticato ad archi, ha un forte effetto scenografico dovuto ad ammodernamenti risalenti al Settecento: sopraelevato rispetto al cortile grazie a un’elegante scala a ventaglio, sembra la scena di un teatro e ben si presta a serata animate in castello. Le sale della palazzina presentano tipiche decorazioni settecentesche con finte quadrature architettoniche e motivi rococò che nascondono lacerti di affreschi più antichi, forse databili tra Cinquecento e Seicento: ancora una volta il castello svela la sua storia fatta di sovrapposizioni e stratificazioni, facendosi testimone delle mode e dei gusti delle epoche che ha vissuto.

Aspettiamo con grande curiosità i risultati delle ricerche in corso e i nuovi restauri, per aggiungere nuovi tasselli all’intricata storia del castello di Pagazzano.

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[Foto ©Arianna Bertone]

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