Storie e simbologie da scoprire

L'affascinante mistero della Rotonda di San Tomè

L'affascinante mistero della Rotonda di San Tomè
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A pochi chilometri da Bergamo, precisamente ad Almenno San Bartolomeo, c'è un piccolo tesoro, la Rotonda di San Tomè, chiesa di stile Romanico del XII secolo. Dopo aver abbandonato la strada principale, si deve imboccare un viottolo che porta verso la campagna e lì parcheggiare la vettura. Poi si procede a piedi per un centinaio di metri, con le fronde degli alberi che lasciano intravedere la struttura. La bellezza del paesaggio non fa che rafforzare la sensazione di trovarsi in un luogo estraneo allo scorrere del tempo: campi a perdita d’occhio, alberi maestosi e, se si volge lo sguardo verso nord, le meravigliose prealpi bergamasche.

Tale cornice impreziosisce ancor di più la Rotonda, che colpisce immediatamente per l’armonia delle sue forme e per la pianta circolare, assolutamente inusuale per l’epoca. Ammirandola colpita dai raggi di sole pomeridiani, si rimane sorpresi da un’estetica che pare semplice e ricercata allo stesso tempo. I tre cilindri concentrici che costituiscono l’edificio evocano la volontà di raggiungere e di congiungersi con il cielo; i grezzi mattoni di pietra cozzano con le fini merlature e con le decorazioni dei capitelli, oggi rovinate e in gran parte perdute ma che in passato dovevano essere certamente più ricche e fastose. Fra i bassorilievi meglio conservati spicca la criptica scena della lunetta del portale meridionale dove la figura di un Santo – San Tommaso o forse San Bartolomeo – è affiancato sulla destra da una palma e sulla sinistra da un nodo di Salomone, emblema dell’unione fra la sfera divina e quella umana.

 

 

L’interno. Varcando la soglia della rotonda e chiudendosi la porta alle spalle, ci si immerge, fisicamente e simbolicamente, in una tenue oscurità che favorisce il raccoglimento. La luce illumina soffusamente l’ambiente, mettendo in risalto il fascino delle pure pietre, delle otto – numero che nella tradizione medievale rimanda a Cristo – colonne che accolgono il visitatore nell’aula centrale e dell’abside. Si possono notare anche sette nicchie destinate a ospitare statue o forse reliquie.

Attraverso due anguste scalinate,lineare quella a destra del presbiterio, mentre più sinuosa quella situata sul lato opposto, si può raggiungere il secondo piano, il matroneo. Ora chiuso per motivi di sicurezza, da qui si poteva apprezzare al meglio l’aula inferiore, il terzo cilindro superiore e soprattutto i punti luce, cioè gli oblò circolari e quelli a forma di croce, i cui fasci luminosi disegnano una coreografia scritta dalla natura stessa o, volendo sovrapporre il concetto alla simbologia cristiana, da Dio. All’architetto l’arduo compito di cogliere questo messaggio trascendente, coagulando la luce nella materia.

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Una storia antica. Il fascino irradiato dalla Rotonda e dall’adiacente monastero – che attualmente, completamente ristrutturato, ospita una caffetteria, una sala convegni e un ufficio turistico – deriva non solo dalla bellezza architettonica e artistica dell’insieme, ma anche dall’alone di mistero che avvolge la storia di questo complesso così particolare e raffinato, eppure sorto lontano dai tracciati delle grandi vie di transito dei pellegrinaggi medievali. L’aspetto odierno della chiesa deriva dai restauri compiuti, sul finire dell’Ottocento, dall’architetto Elia Fornoni, ma in realtà gli scavi condotti dallo stesso Fornoni hanno rivelato come la Rotonda rappresenti l’ultima trasformazione di un luogo di culto antichissimo, risalente addirittura all’epoca romana, come confermerebbe il ritrovamento, nel 1988, di una tomba del I secolo a.C.

Il primo edificio però sarebbe comparso solo qualche secolo più tardi: secondo alcuni studiosi, la forma circolare, la collocazione in una zona boschiva e la scoperta di un’ara dedicata, non a caso, al dio Silvano, farebbero pensare a un originario tempio pagano, costruito dalla popolazione dei Galli Cenomani. In assenza di prove sicure, l’unica cosa certa è che nei decenni a venire la struttura venne abbattuta, parzialmente ricostruita o modificata più volte per raggiungere, fra l’XI e il XII secolo, la configurazione attuale. Trascurata fino agli interventi del Fornoni, la Rotonda è stata rivalutata veramente solo negli ultimi anni anche grazie alle nuove teorie formulate in merito alla sua progettazione.

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Un’architettura cosmogonica. Per i costruttori medievali una chiesa rappresentava un “centro sacro”, cioè assumeva le caratteristiche cosmogoniche del centro del mondo conosciuto. Attorno a questo centro – indicato dalla volontà divina e contrassegnato, per non perderne memoria, da una pietra o da un altare – veniva costruito il tempio di culto che, come replica del cosmo, doveva armonizzarsi con esso ed enfatizzarne i fenomeni naturali quali albe, tramonti, punti cardinali, equinozi e solstizi, ma anche il passaggio di talune stelle e perfino le fasi lunari.

I recenti studi del professor Gaspani hanno evidenziato come la Rotonda risponda perfettamente a queste caratteristiche: nei giorni di equinozio verso le 17.20 viene proiettato sull’altare un fascio di luce che assume l’aspetto di un disco solare che illumina il tabernacolo, anche se in origine è assai probabile che andasse a colpire una pietra sacra collocata poco più avanti dentro l’abside. Durante i solstizi e alcune fasi lunari particolari invece la luce che penetra dalla monofora del cilindro intermedio disegna nitidamente, sulla parete opposta, la sagoma di una croce. Siamo di fronte, insomma, a un piccolo gioiello architettonico ricco di storia, fascino e mistero, tutto da scoprire.

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