Con terrazza sulle Orobie

Metti un piatto all'8C di Treviolo Una cucina che intriga e diverte

Metti un piatto all'8C di Treviolo Una cucina che intriga e diverte
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Certo, bisogna ammette che raggiungere il ristorante L’8C in via S. Cristina 31 a Treviolo non è proprio facilissimo. Arrivarci costa qualche deviazione e più di una stradina secondaria, ma alla fine, fidatevi, ne vale la pena. Il posto è sorprendente in tutti i sensi anche se, a essere onesti, si rimane un po’ spiazzati quando si parcheggia nei posti riservati davanti a un capannone. Bastano però due piani per trovare un luogo che non è solo accogliente, ma qualcosa di vicino a una forma di eleganza informale.

Un posto fatto di dettagli, tutti belli. Ho cercato (senza malizia) qualcosa fuori posto, ma no, non c’era. C’erano invece una calda parete di legno chiaro e una vetrata sui due lati della sala. C’era un piccolo spazio espositivo con una collezione di formaggi e salumi, c’erano gli scaffali all’ingresso con qualche prodotto selezionato e qualche chicca per i clienti preparata dalla cucina stessa del ristorante. Come la mostarda artigianale che è quasi obbligatoria qui, dove il carrello dei bolliti, soprattutto in inverno, è uno dei piatti forti. Non solo, ho visto anche una delle cantine a vista più belle di sempre, costruita ex nihilo in vetro e acciaio, al centro del locale. Insomma un posto fatto di dettagli: basta uno sguardo. E poco importa se affacciandovi alla vetrata vedrete gli escavatori arancioni della ditta dirimpettaia, uno volta seduti ve ne sarete già dimenticati.

 

 

Il menu: una proposta speciale. Al comando della cucina c’è Alan Foglieni, un nome già conosciuto in città, con certe esperienza pregresse di valore, un diploma all’Alma, scuola di cucina a Parma di cui Gualtiero Marchesi è rettore, e una certa inclinazione alla creatività. Ma andiamo con calma: la filosofia del locale si può riassumere essenzialmente in due fili conduttori paralleli, sufficientemente indipendenti per non essere confusi ma abbastanza affini per non essere in contraddizione. In primo luogo c’è il tentativo di immedesimarsi nelle aspettative del cliente e, su questo ragionamento, costruire un menù fatto quasi come una summa dei picchi delle esperienze gastronomiche possibili. È un modo inusuale, c’è chi lo pensa come un modo un po’ goffo di dare forma a un menù, eppure ha una logica indiscutibile e probabilmente ben compresa dai commensali.

Dopotutto, chi può dire di essere scontento di aver scovato un posticino dove gustare la cotoletta di vitello alla milanese (l’orecchia di elefante), enorme, morbida e croccantissima? Solo per questo avremmo trovato un locale da frequentare e consigliare, ma poi c’è il risotto alla milanese con l’osso buco in gremolada, c’è il filetto, il foie gras d’oca con il pan brioche e la cipolla di tropea caramellata. Ma anche le lumache con burro aromatico e salsa verde. E se siete in vena di piatti di raffinatezze avrete persino il piccione, preparato qui in tre cotture.

 

 

Da un parte la certezza quindi, dall’altra la creatività di una cucina divertente con un grado non eccedente di eccentricità. Lo dimostra anche e soprattutto la mini degustazione chiamata Finger Food Experience, raccomandabile per iniziare la cena. Semplice, ma piacevole: finalmente qualcosa di diverso da lecca lecca al parmigiano e sferificazione di cose. Per il resto il modo migliore è affidarsi alla degustazione a mano libera: 45 euro per 5 portate e 60 euro per quella da 8.

E la terrazza sulle Orobie. La carta dei vini ha una fortissima propensione per l’accompagnamento del piatto. Massimo risalto agli spumanti, anche francesi, e una rappresentanza obbligata di bianchi e rossi. Ma ha ancora un asso nella manica da sfoderare il ristorante 8C. Una più che invidiabile terrazza paronamica con vista sulle Orobie dove addentare il famoso Lobster Roll (panino all’astice) dello chef che, accompagnato da un buon vino, sarà una delle cose migliori che potranno capitarvi nella vostra prossima estate bergamasca.

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